Libreria delle donne di Milano

il Manifesto - 14 giugno 2007

Per il conflitto somalo una soluzione di genere
Giuliana Sgrena

Un profumo di Somalia è entrato ieri alla Farnesina con gli abiti colorati di decine di somale presenti al seminario sul «ruolo delle donne nel processo di pacificazione della Somalia». Ho risentito un profumo di casa, dove non torno da 18 anni, osserva una donna somala. Non si tratta solo di immagine, l'incontro di ieri rappresenta una vera novità nella politica estera italiana: un approcio di genere nella soluzione dei conflitti perché «la politica non è neutra ma sessuata», come ha spiegato la viceministra degli esteri Patrizia Sentinelli nell'introdurre i lavori. Si tratta dell'applicazione della risoluzione 1325 dell'Onu: la partecipazione delle donne nelle decisioni politiche. E non è poco, sicuramente finora non è mai avvenuto nel conflitto somalo e nemmeno negli altri paesi in guerra. Un processo che non parte dal nulla ma che ha bisogno di passare dalle parole ai fatti.
Le donne non devono più essere considerate vittime ma soggetti attivi per contribuie alla soluzione dei conflitti. Ed è quello che hanno chiesto le somale della diaspora e non intervenute nel dibattito. La diaspora era rappresentata dalla maggioranza delle presenti, mentre non tutte le invitate che vivono in Somalia hanno potuto arrivare a Roma, per problemi di visto. Quello dei documenti resta un problema spesso insormontabile per i somali che non avendo un governo, e quindi nemmeno ambasciate, dalla caduta di Siad Barre, nel 1991, non possono avere documenti internazionalmente riconosciuti. Ma le donne che vivono in Italia non si definiscono migranti «ci sentiamo somale, oggi siamo qui ma vogliamo ricostruire il nostro paese», afferma Farhia Aidid, una delle sette donne del gruppo promotore dell'iniziativa che Patrizia Sentinelli ha poi realizzato. Un incontro internazionale per accendere i riflettori sulla Somalia dopo 17 anni di guerra civile devastante, sostengono. Quello di ieri è stato il primo passo. «Occorre costituire un nucleo operativo per la conferenza internazionale che speriamo si svolga in Somalia», sostengono.
Ma proprio ieri è arrivata la notizia che i lavori del Congresso di riconciliazione nazionale somalo che avrebbero dovuto iniziare oggi a Mogadiscio è stato nuovamente - per la seconda volta - rinviato di un mese. Il Congresso fa parte di quel processo di transizione che dovrebbe concludersi tra due anni ma che si è arenato con l'acuirsi della guerra scoppiata tra le Corti islamiche e il governo di transizione sostenuto dall'esercito etiope. Il motivo del nuovo rinvio sembra il ritardo nella scelta dei rappresentani dei vari clan, una «etichetta», quella tribale, che le donne riunite a Roma rifiutano. Un Congresso deve avere una rappresentanza più ampia possibile, afferma Mario Raffaelli, inviato speciale del governo italiano per la Somalia. Quella della società civile è fondamentale: il futuro del paese non può essere deciso solo dai signori della guerra. Per questo le donne devono avere la possibilità di rafforzare il loro ruolo nel paese a tutti i livelli: economico, politico, sociale e culturale.
Molte e molto concrete le proposte arrivate sul tavolo della viceministra Sentinelli con delega alla cooperazione sia delle somale della diaspora che da quelle impegnate in Somalia. Tra queste anche la richiesta di liberare il paese dai rifiuti tossici che lo stanno avvelenando. Una cooperazione ecocompatibile, dunque. Tutte le voci sembrano però concordare su una cooperazione diretta con la popolazione somala, senza mediazioni di agenzie Onu o Ong: «noi vogliamo che i fondi arrivino direttamente a noi, questa è la nostra sfida». Afferma Fatima Jibreli di Horn relief. Ma se c'è chi punta al microcredito, altre invece pensano a grandi opere: le infrastrutture. Solo con le strade le donne, che vivono in zone rurali e che finalmente possono allevare il bestiame di loro proprietà e coltivare la terra, potranno vendere le merce al mercato.
I problemi da risolvere sono molti: sicurezza, acqua, sanità, educazione, etc. E «l'Italia ha assunto un ruolo guida, noi rimarremo vicine alla viceministra perché ci ha dato speranza, adesso ha la responsabilità di realizzarla». Le donne come Fatima Jibreli esprimono il sentimento di molte somale presenti ieri: troppe volte sono state illuse ma non hanno perso le speranze e sono sempre pronte a rimettersi in gioco.
E così anche Patrizia Sentinelli che ha annunciato lo stanziamento di 40 milioni di euro per progetti di genere in diversi campi: formazione, educazione, sanità e partecipazione alla costruzione delle istituzioni. E legata in qualche modo alla Somalia è anche la prossima uscita della nuova rivista della cooperazione il cui titolo «Ilaria» ci riporta ad un evento terribile accaduto a Mogadiscio nel marzo del 1994: l'uccisione di Ilaria Alpi, giornalista impegnata nella difesa dei diritti delle donne somale e non solo.