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Manifesto - 14 ottobre 2012 Il
15 ottobre 1987 - 25 anni fa veniva assassinato Thomas Sankara, rivoluzionario
comunista e presidente del Burkina Faso. Il
presidente femminista di
Marinella Correggia Ecologia,
femminismo, fame e povertà zero, cultura, altermondialismo, il credito
e non il debito dell'Africa. A 25 anni dall'assassinio di Thomas Sankara, la rivoluzione
del giovane presidente del Burkina Faso è ancora più che attuale «Lo
supplicavo di proteggersi la vita, gli dicevo che un eroe morto non serve a niente.
Adesso però penso che un eroe morto serva da riferimento». Così
il giornalista malgascio Sennen Andriamirado, nella biografia postuma Il s'appelait
Sankara sottolineava il lascito di quel Che Guevara africano diventato nel 1983
presidente rivoluzionario del poverissimo Alto Volta, rinominato Burkina Faso
ovvero «paese degli integri». Una vicenda luminosa e breve come un
lampo. Sankara fu ucciso a soli 38 anni in un colpo di stato cruento. Interessi
interni di risicati ceti privilegiati saldati a quelli di poteri regionali e internazionali
ebbero la meglio su un'esperienza scomoda e potenzialmente contagiosa, ma al tempo
stesso ancora solitaria, perciò debole. Era il 15 ottobre 1987: venti anni
e una settimana dopo l'assassinio del Che. Come
una parola d'ordine Quattro
anni sono troppo pochi perché una rivoluzione sopravviva alla scomparsa
violenta della sua guida, soprattutto se di tutta la testa superiore agli altri
politici. E tuttavia Sankara, eroe senza corona e senza privilegi, rimane un mot
de passe , una specie di parola d'ordine. Un richiamo a ideale e pratiche locali
e internazionali adatti al futuro. «Se ci fosse ancora Sankara», si
intitolò un convegno a Torino, nel 2007. Non c'è angolo che la rivoluzione
burkinabè al tempo di Sankara non abbia esplorato: «Vogliamo essere
gli eredi di tutte le rivoluzioni del mondo». Una sfida enorme, in quel
«concentrato di tutte le disgrazie del mondo» (aspettativa di vita
di 40 anni, 98% di analfabetismo, poca acqua, tanta fatica) nel quale però
«donne, bambini e uomini hanno deciso di prendere in mano il proprio destino«
(dal discorso all'Assemblea dell'Onu nel 1984, v. Thomas Sankara, i discorsi e
le idee , edizioni Sankara). Ma ecco un popolo, fatto al 90% di contadini e donne
oppresse, tentare la fuoriuscita dalla miseria, sulla via di uno sviluppo autonomo,
partecipato, egualitario, ecologico per necessità. Il paradigma sociale
e culturale della rivoluzione sankarista era proiettato nel futuro. Cos'è
infatti il buen vivir (o vivir bien ) ora rivendicato da diversi paesi latinoamericani
se non la ricerca di un semplice benessere per tutti, nel rispetto della natura
e dei beni comuni, da raggiungere con strumenti quali democrazia diretta, economia
popolare, risorse endogene? «La nostra rivoluzione avrà valore solo
se, guardando intorno a noi, potremo dire che i burkinabè sono un po' più
felici grazie ad essa», disse il presidente a Bobo Dioulasso il 2 ottobre
1987. Sovranità
alimentare nel Sahel L'obiettivo
era immenso e immane in quel contesto. La prova del nove fu superata: risultati
materiali inauditi in poco tempo e quasi senza mezzi. Tutto all'insegna del motto
di Sankara: «Contare sulle proprie forze». Coltivare e irrigare con
poche risorse per garantire due pasti e dieci litri d'acqua al giorno a ognuno.
La sovranità alimentare: «Produrre e consumare burkinabè».
«Operazioni commando di alfabetizzazione» degli adulti. I progetti
«un villaggio un bosco, un villaggio un ambulatorio, un villaggio una scuola».
Le «tre lotte contro il deserto» per un commovente Burkina verde.
Il faso dan fani , abito di cotone locale lavorato artigianalmente. La «battaglia
per la ferrovia». L'informazione partecipata con la «radio entrate
e parlate». I lavori comunitari anche per i funzionari (un tentativo di
redistribuzione della fatica). La cultura, inventare il Festival del cinema africano,
le proiezioni nei villaggi, lo sport di massa per la salute... E i soggetti. La
mobilitazione tentata a tutti i livelli nei comitati rivoluzionari. Al centro
di tutto, i contadini e le donne, anche contro i capi villaggio e gli sfruttatori
della tradizione. Presidente femminista, un otto marzo dichiarò: «Se
perdiamo la lotta per la liberazione della donna avremo perso il diritto di sperare
in una trasformazione positiva. (...) Una società come la nostra deve lottare
contro l'escissione e ridurre anche i lunghi tragitti che la donna percorre per
andare a cercare l'acqua, la legna . Non possiamo parlare di liberazione della
donna senza parlare del mulino per macinare il grano, dell'orto, del potere economico»
(da Thomas Sankara. I discorsi e le idee , edizioni Sankara). Un
presidente senza privilegi Per
investire tutto nei bisogni di base Sankara impose una spending review all'osso:
«Non possiamo essere i dirigenti ricchi di un paese povero». Senza
accettare imposizioni dal Fondo Monetario internazionale (che «va oltre
il controllo di bilancio e persegue un controllo politico»), l'austerità
fu autogestita: stipendi modestissimi a presidente e ministri, niente sprechi
di rappresentanza, vendute le auto blu, aboliti gli eventi di lusso, rimpicciolita
ogni spesa amministrativa. Ma non riuscì a Thomas Sankara la lotta contro
la corruzione, e contro gli abusi di potere nei Comitati rivoluzionari. L'impegno
antimperialista fra i non allineati e a fianco delle esperienze rivoluzionarie.
La lotta contro il debito estero e per il disarmo. Nel suo discorso di fronte
ai capi di stato africani, alla Conferenza dell'allora Organizzazione per l'Unità
Africana (Oua) ad Addis Abeba, 29 luglio 1987, Sankara ripeteva l'invito fatto
al Movimento dei paesi non allineati tre anni prima a New Delhi: «Non possiamo
rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare. Non possiamo rimborsare
il debito perché non ne siamo responsabili. (...) Abbiamo il dovere di
creare il Fronte unito contro il debito». Ma al tempo stesso tutta l'Africa
doveva farla finita con la corruzione, i privilegi e le spese per le armi. Le
risorse liberate erano necessarie alla fuoriuscita dalla miseria e all'integrazione
regionale (sul modello dell'attuale Alleanza bolivariana Alba in America Latina):
«Facciamo sì che il mercato africano sia davvero il mercato degli
africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa e consumare in Africa (...)
È per noi il solo modo di vivere liberamente e degnamente». --- CRONOLOGIA
DELL'UOMO INTEGRO Thomas
Sankara nasce il 21 dicembre 1949 a Yako nell'Alto Volta, allora colonia francese
che diventerà indipendente il 5 agosto 1960. Non avendo i mezzi per studiare
medicina come vorrebbe, intraprende la carriera militare. Inizia a formarsi alla
politica anche nel corso di soggiorni in Marocco e Madagascar. Fra il 1981 e il
1983 viene chiamato a far parte di governi dei quali presto denuncia malefatte
e corruzione, fino a essere imprigionato. Con un'alleanza fra militari e forze
popolari arriva al potere il 4 agosto 1983. Il 4 agosto 1984 l'Alto Volta diventa
Burkina Faso. Intanto governo e comitati popolari lavorano alla «rivoluzione
degli integri» a ritmi accelerati. Nel 1987 iniziano a serpeggiare i dissidi
e i malcontenti fra i capi storici della rivoluzione. Il 15 ottobre 1987 Sankara
con dodici collaboratori viene assassinato in un colpo di stato ordito dal suo
vice Blaisé Compaoré, il quale assume la presidenza e reprime le
proteste con diversi morti. La rivoluzione è finita. Elezioni successive
alle quali partecipa una minoranza della popolazione hanno continuato a rieleggere
Compaoré il quale anche grazie alle divisioni e debolezze dei "sankaristi"
è tuttora capo di stato, ben introdotto in Occidente e oscuramente coinvolto
in diversi conflitti africani. Mai chiarite le circostanze e le responsabilità
di quel 15 ottobre. La petizione «Giustizia per Sankara» (www.thomassankara.net)
ha raccolto 10mila firme. |