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| Manifesto 16 dicembre 2009 Pubblichiamo questo articolo in ricordo di Maria Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, e in appoggio e solidarietà alla sorella di Donatella Colasanti, che si batte perché quella vicenda non venga dimenticata. IL
MOSTRO DEL CIRCEO Angelo
Izzo, meglio conosciuto come il mostro del Circeo, non doveva godere del regime
di semilibertà, quello che gli ha permesso di tornare a uccidere, il 28
aprile 2005, Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano. A dirlo è la
Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che ieri ha condannato l'Italia
per quel beneficio, bollato come un atto che "ha violato il diritto alla
vita" di Maria Carmela e Valentina, uccisa a 14 anni. L'Italia dovrà
anche risarcire i familiari delle vittime con 45 mila euro per danni morali. La
sentenza, avverte la Corte, "non rappresenta una critica al sistema di reinserimento
dei detenuti", la condanna tocca infatti i modi dell'applicazione e non la
sostanza della legislazione, condanna il come le autorità italiane hanno
accordato a Izzo dei benefici che nel suo caso non andavano concessi. I pareri
favorevoli ai benefici firmati da psicologi ed educatori, fa notare la Corte,
andavano "bilanciati" con i rapporti che sottolineavano come durante
la detenzione Izzo "avesse accumulato delle infrazioni penali e avesse dato
prova di una condotta sintomatica e di una tendenza al non rispetto della legge
e dell'autorità". Il tutto aggravato dalla "pericolosità
di un recidivo condannato per dei crimini di una crudeltà eccezionale".
Izzo è uno dei tre neofascisti condannati all'ergastolo nel 1975 per il
massacro del Circeo, in cui assieme ad Andrea Ghira e a Gianni Guido seviziarono,
torturarono e uccisero Maria Rosaria Lopez mentre Donatella Colasanti si salvò
fingendosi morta. Ghira fuggì prima dell'arresto, si arruolò nella
la legione straniera spagnola e morì a Melilla nel 1994. Guido vide passare
la sua pena dall'ergastolo ai 30 anni, dopo una dichiarazione di pentimento e
soprattutto 100 milioni di lire di indennizzo dati dalla sua famiglia a quella
della Lopez (Colasanti rifiutò la somma), quindi evase, scappò in
Argentina, venne ri-arrestato e estradato. Pur con questo passato, il 25 agosto
di quest'anno è suonata per lui la fine pena, è libero. Anche Izzo,
ed è questo uno dei punti contestati dai giudici di Strasburgo, aveva tentato
più volte di evadere, riuscendoci anche in un'occasione, e, inoltre, aveva
mantenuto nei suoi permessi e durante il regime di semilibertà dei contatti
con esponenti della malavita e membri di organizzazioni criminali. Il 28 aprile
2005 Izzo uccide, con dei complici e "provando piacere", scrive la Corte
di Strasburgo, Maria Carmela Linciano, ex moglie del boss della Sacra Corona Unita
Giovanni Maiorano, con cui aveva una relazione e con cui doveva aprire un ristorante,
usando i soldi del mafioso. Izzo uccide anche la figlia della compagna, Valentina.
I loro corpi vengono ritrovati dopo due giorni e dopo che il loro carnefice veniva
arrestato per traffico d'armi. Nel luglio 2006 i familiari delle vittime presentano
ricorso contro lo status concesso a Izzo, prima a Palermo e poi a Campobasso.
La tesi era che le autorità italiane, concedendogli la semilibertà,
avevano violato il diritto alla vita delle due donne, sancito dall'articolo 2
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il giudizio è arrivato
fino a Strasburgo e ieri i giudici della Corte hanno dato infine ragione ai familiari
di Maria Carmela e Valentina. "L'articolo 2 della Convenzione - si legge
nella sentenza - obbliga lo Stato non solo ad astenersi dal provocare la morte
in modo volontario e irregolare, ma anche a prendere le misure necessarie alla
protezione delle persone poste sotto la sua giurisdizione". E le due vittime,
insiste la Corte, erano a rischio. L'Italia ha tre mesi per presentare ricorso. |