| il
manifesto - 23 gennaio 2004 La
proposta fiorentina squarcia il velo sulla pratica dell'infibulazione in Italia Rito
«soft», le donne si dividono «Una violazione inaudita»
per alcune. Una pratica che potrebbe «aiutare a eliminare un rito terribile»
per altre. Dopo la proposta della puntura «simbolica» alternativa
all'infibulazione, viaggio nel mondo delle immigrate TIZIANA BARRUCCI FIRENZE
Cosa
pensano le donne della proposta del dottore Abdulcadir? No secchi a quella che
viene vista come una «violazione inaudita», sconcerto, perplessità
ma anche appoggio a una pratica che potrebbe «aiutare a eliminare un rito
terribile». Sono molto diversi i pareri che in queste ore si possono raccogliere
girando tra le associazioni che si battono per il rispetto dei diritti delle donne
immigrate e nelle diverse comunità. Zanish è etiope, ma vive in
Italia da venti anni. Lavora con No.Di., nostri diritti e sulla questione dell'infibulazione
e della sua versione «edulcorata» ha un'idea precisa che fa però
i conti con la complessità del tema. «La pratica dell'infibulazione
non ha solo un valore simbolico, ma anche uno reale. Significa, ad esempio, che
non devi avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio. Per questo la sunna soft
non potrà essere accettata da chi vuole per la propria bambina il rispetto
della tradizione. Per debellare questa pratica bisogna parlare, parlare e ancora
parlare. E' ovvio che una bambina non infibulata si sentirà diversa nella
sua realtà, come è accaduto a me. Ma in Italia è diverso.
Tutte le donne che hanno capito la tragicità di questa mutilazione si devono
confrontare di più con le loro coetanee. Solo così, passando anche
per un dialogo serrato con gli uomini, qualcosa potrà cambiare».
Della stessa idea è Fatima, che però è stata infibulata e
pensa che la proposta fatta alla regione Toscana abbia un suo fondamento. «E'
diffusa nella penisola arabica - spiega - se hanno convinto loro perché
non gli altri? A me hanno praticato la mutilazione più leggera, quella
del piccolo taglio. Ma ricordo tutto bene e non la farei a mia figlia. Purtroppo
però è una convinzione difficile da far capire alle madri che pensano
di proteggere le loro figlie attraverso l'infibulazione. Essere infibulate significa
essere per bene e avere la possibilità di venire scelte da un uomo. Ho
chiesto più volte a mia mamma il perché della sua decisione, l'ho
anche aggredita, ma lei piangendo mia ha sempre risposto "non volevo farti
soffrire, pensavo di fare una cosa buona per te". E io le credo». Che
peso ha l'uomo in tutto questo? «E' sua la vera decisione, ma in pochi parlano
apertamente della faccenda, piuttosto mettono la donna che si rifiuta di far toccare
la bambina sotto pressioni continue. E' giusto mantenere il valore simbolico della
pratica? Il giorno prima dell'operazione la comunità organizza una grande
festa. Credo che mantenere quella cerimonia e la fuoriuscita della goccia di sangue
come momento di purificazione potrebbe mettere d'accordo molti». E invece
un «no secco» contro una «forma estrema di maschilismo e sottomissione
della donna» viene dalla presidente dell'associazione Nosotras, Clara Silva,
della Costa d'Avorio, per la quale la puntura rituale «evoca comunque la
mutilazione». A farle eco la somala Laila Abi, sempre di Nosotras: «non
c'è bisogno di raccontare storie per opporsi a una proposta che ha dell'incredibile.
Se passasse questa pratica , potrebbe poi essere approvato qualcosa di peggio.
Certo che ci sono persone favorevoli , come ci sono persone contrarie alla 194.
Ma per questo la battaglia per l'aborto non è giusta? Il nostro scopo è
quello di combattere unite, e ci riusciremo». Poche e chiare le parole rivolte
al dottor Abdulcadir: «un medico deve fare il suo lavoro, sulle questioni
sociali sono altri i soggetti che si devono esporre». Idee condivise anche
da Saida Ahmed, coordinatrice del centro studi africani, che è rimasta
«incredula»: «lavoriamo a molti progetti di sensibilizzazione.
La cultura, anche nel continente africano, è cambiata. Tante donne si battono
contro pratiche inammissibili, credevo che tutti lo sapessero. E' vero che in
Kenya e in altre zone dell'Africa occidentale esistono pratiche soft, ma il rituale
non prevede di toccare la bambina. La cerimonia di iniziazione viene organizzata
con l'incisione di una corteccia di banano, o addirittura attraverso la consegna
di un libro sui doveri della donna». Ma
Macca non si convince. Tanto che ha firmato il documento del dottor Abdulcadir.
Ed è lui stesso a presentarcela. E' somala, è stata infibulata «nel
modo più pesante» e ne è contenta, anche se oggi non lo rifarebbe
alla figlia. «Io pensavo che fosse una cosa bella, ora ho capito che molte
donne soffrono. Questa pratica va bloccata, ma è difficile farlo capire.
La proposta rispetterebbe la tradizione? Forse sì, perché ne resterebbe
il significato. Ma il piacere sessuale non verrebbe mortificato. Anche noi proviamo
piacere, sesso non significa solo fare l'amore, vuol dir anche una carezza o un
abbraccio». |