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il Manifesto
- 25 gennaio 2006
Divino,
il posto delle fragole
"Sopportare il disordine. Una teologia fatta in casa", l'ultimo
libro di Rosetta Stella per Marietti editore che ne raccoglie scritti
e interventi degli ultimi cinque anni
IAIA VANTAGGIATO
"Per
favore, tiratelo giù da quella croce - ha urlato tra i singhiozzi,
tornando da scuola dopo l'ora di religione, un bambino di prima elementare
- sono già duemila anni che sta lì e sanguina e soffre".
Un altro, la stessa età e reduce dalla stessa lezione, alla domanda
dei genitori - "Cosa hai imparato oggi? Che ha fatto questo signore
chiamato Gesù?" - ha risposto: "Cosa poteva fare, è
nato a Natale ed è morto a Pasqua". E per fortuna che a salvare
le sorti della fede è intervenuta, stessa classe e stessa ora ma
con gioioso slancio, una bambina di soli sei anni che di fronte all'austera
spiegazione del maestro - "E Dio il sesto giorno realizzò
la sua opera più importante" - ha esclamato senza ritegno
né freni: "Sì, le fragole!". Il Cristo come martirio
e sofferenza, la religione inchiodata a riti e tradizioni svuotati ormai
quasi del tutto di senso. E infine la vita che torna a esplodere per bocca
di una bimba ghiotta di frutti rossi e succosi per godere dei quali, però,
bisogna avere il coraggio di avventurarsi tra i sentieri nascosti e inesplorati
dei boschi.
Chissà
perché, ma mentre leggo l'ultimo libro di Rosetta Stella - Sopportare
il disordine. Una teologia fatta in casa (Marietti editore, pp. 215, euro
15) - queste piccole-grandi storie infantili, rubate ai racconti di amici
che di quei bambini sono madri e padri, mi accompagnano di continuo. In
realtà, realizzo solo alla fine, è perché se fossi
un insegnante di religione quel testo l'adotterei. Per la sua capacità
di parlare di fede come di un accadimento continuo, contingente e vivo,
per il modo sinceramente aristocratico con cui ignora il "religiosamente
corretto", quell'imperante tendenza relativista che ormai porta tutti
a mettere tutto sullo stesso piano compresi il Dio dei cattolici, degli
ebrei e dei musulmani. Manco fosse una questione di pari opportunità
che del tutto prescinde dalle differenze che regolano e scandiscono i
tempi della vita e del quotidiano e che tende a fare del divino una categoria
solo politicamente spendibile. Che si parli di guerre, di fecondazione
assistita o di laicità dello stato.
Un divino
astratto che con la vita, con le fragole, ha assai poco a che vedere.
Stella non ci sta e seppur tra mille e umane contraddizioni - la fila
di ore per vedere la salma di Giovanni Paolo II, la caparbietà
con cui cerca di forzare il servizio d'ordine delle Guardie svizzere che
per motivi di sicurezza le impediscono di assistere alla messa di Natale
del 2002, lo stordimento ottuso accusato dopo l'attentato alle Torri gemelle,
- esplicita, da subito, il luogo da cui parla: donna, femminista, occidentale
e battezzata. Frammenti di identità tra i quali si muove sempre
con disinvoltura, accettandone, di volta in volta, le differenti e contrastanti
sfide: "Molti e molte - dice - mi chiedono se sono credente. Non
trovo che sia uno scandalo ma io non lo sono. Più che altro io
sono un'appassionata di tutto ciò che riguarda l'avere a che fare
con questo nome: Dio".
Definire
spiazzante il suo ultimo libro equivarrebbe ad ammettere di non averlo
compreso. Spiazzante, infatti, è ciò che da un luogo ti
strappa - a volte con violenza, sempre inaspettatamente - per dislocarti
in un altro luogo; è ciò che sradica e incrina certezze
ma solo per consentirti poi di tirare il fiato e di riaccomodarti - seppure
esausta - tra nuove certezze e nuovi radicamenti. Ecco, Sopportare il
disordine è l'esatto contrario di uno spiazzamento riaccomodante
perché chiede - a chi lo legge - di non stancarsi mai di essere
stanco, di trasformare quel "sentirsi esausti" in un modo stesso
dell'esistenza, di andare e tornare, entrare e uscire, scendere e salire.
E con una propensione - non certo dettata dal vezzo della disobbedienza
quanto piuttosto da quell'amore innato per il banditismo che caratterizza
l'autrice e ne autorizza acrobatiche scorribande in terreni altrimenti
interdetti - per le andate, le uscite e le discese.
Anche cercare
di definirlo, di individuare un genere nel cui ambito farlo rientrare,
è assai difficile. Più facile e forse più aderente
al sentire di Rosetta che di sé continua a ripetere "non sono
credente, forse sono a-credente, miscredente se volete" è
dire, innanzitutto, che cosa questa raccolta di scritti - pubblicati dall'autrice
negli ultimi cinque e qui raccolti e curati da Lucia Munalli - "non
è". Sopportare il disordine, "non è", innazitutto,
un testo di teologia. Laddove per teologia s'intenda quell'accademico
discorso intorno a Dio che di Dio ha persino l'ardire di dimostrare l'esistenza,
come se fosse essenziale ai fini della fede. E neanche di un testo di
teologia femminista si tratta perché a Stella poco importa, per
intenderci, di prodursi in sofisticati scambi di desinenze capaci di trasformare
il maschile in femminile, Dio in Dia. E di Sopportare il disordine, infine,
non si può parlare neanche come di uno scritto mistico anche se
la mistica lo attraversa per intero. L'ultimo libro di Rosetta Stella
abbatte gli steccati della scientificità e della purezza per farsi
impuro come impuro è tutto ciò che si lascia contaminare
dalla vita e che - anziché alzarsi verso il Cielo - scende di continuo
sulla terra. Come Dio ha fatto col Nazareno e lo ha fatto attraverso un
corpo di donna.
Impuro e
infedele, questo testo, "come sono le donne che pure riconoscendosi
all'interno di tradizioni profondamente pensate, strutturate, radicate
e funzionali al sesso maschile ci restano in una maniera perlomeno complessa.
Spesso a disagio, spesso percorrendo vie eroiche che manifestano il sublime
di Dio, come nel caso delle mistiche. Certo mai ci stanno in una condizione
di totale, perfetta aderenza alla tradizione".
Ed eccolo
qua il Dio delle donne, il Dio a portata di mano di cui si può
nominare senza paura - attraverso la lingua dell'amore più che
quella della speculazione teologica e filosofica - la contingenza, "l'accadimento
toccante". Per via di donne, afferma Stella riprendendo la "teologia
in lingua materna" di cui è debitrice a Muraro, "si può
dire un Dio il cui essere o non essere è affidato alla sola esperienza
che se ne fa. Insomma, o Lo si aiuta a nascere nel suo raccontarci sempre
un'altra storia possibile, o non c'è". E per aiutarlo a nascere
ci vuole, appunto, parola e esperienza di donne. Un Dio al quale dire,
senza timore di sentirsi annientati e come Stella fa, "Sia fatta
la tua libertà". Sia fatto, cioè, quel "'voglio',
`desidero', `sia all'istante' che sono un tutt'uno, un solo respiro/sospiro
d'essere soltanto in Dio". Sia fatto, insomma, ciò a cui noi
stessi aspiriamo. Eccolo Dio. Ed ecco che la risposta a quella domanda
- "Sei credente?" - si rivela alla fine in tutta la sua inutilità.
In fondo, che importa?
Se è
vero che per accostarsi ai testi e alla vita è sempre necessario
trovare un compagno con cui studiare e un maestro a cui insegnare, di
Sopportare il disordine si può tranquillamente dire che è
un compagno prezioso. Quanto alla sua autrice, molto promette ancora di
insegnare - nel senso più proprio del "porre domande"
- ai suoi maestri e alle sue maestre.
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