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il manifesto
- 29 Aprile 2007
A proposito
del family day....
«Ero
Mario, ora chiamatemi Mara»
Una
tranquilla convivenza italiana. Aspettando il Family day
Figlia di Bruno Siclari, il pm che indagò su mafia, P2 e sul crac
del Banco Ambrosiano, dopo il matrimonio e due figli ha deciso di diventare
donna. E di rimanere con la sua famiglia. Che si trova a essere così
il modello di ciò che non piace alla Chiesa. E che funziona perfettamente
Linda Chiaramonte
Oggi Mara
Siclari è felice, o meglio, «serena, dopo una vita avventurosa
e turbolenta, per certi versi instabile, in cui sentivo una profonda insoddisfazione
continua, cosa che ora non accade più». La storia di Mara,
all'anagrafe Mario, inizia parecchi anni fa quando realizza che alla sua
identità maschile non corrisponde il suo sentire di donna, un percorso
che non ha seguito fin dall'inizio, continuando a vivere il suo ruolo
per tutta una serie di aspettative sociali a cui si sentiva sottoposta.
Figlia di Bruno Siclari, primo procuratore antimafia d'Italia,magistrato
che indagò sulla loggia P2 e sul crac ambrosiano, procuratore generale
della Corte d'appello di Palermo, uomo ingombrante per Mara che a distanza
di quasi quarant'anni ricorda ancora polizia e carabinieri in giro per
casa, quand'era piccolo, a fare da scorta al padre durante il caso Gelli
e Sindona.
Una coppia «normale» Quella di Mara, classe '61, è
una storia speciale per tante ragioni. Dopo aver frequentato la scuola
per allievi ufficiali di Roma, scelta per sottrarsi al pericolo di nonnismo
delle caserme durante la naia, entra in fanteria d'arresto in Friuli,
ma al momento di avanzare al grado di capitano l'Esercito la dichiara
non idonea. Nell'86 Mario si sposa in chiesa con Silvia, da cui avrà
due figli. Nel 2000, ormaiMara d'aspettomaancora Mario sui documenti,
rimane con Silvia e con i suoi due figli come oggi. Un modello di famiglia
fuori dagli schemi, in cui dopo momenti difficili si è creato un
equilibrio invidiabile alle cosiddette coppie «normali» di
cui tanto si parla negli ultimi tempi.
Silvia, moglie da vent'anni, è ancora al suo fianco, si amano,
anche se, ammette Mara, «mia moglie è eterosessuale e per
lei fare i conti con la mia nuova fisicità non è stato facile,
ma ora siamo felicissimi e stiamo bene insieme». I figli, di 18
e 8 anni, sono sereni, e rappresentano per Mara una punta d'orgoglio oltre
che una sorta di rivincita personale: «Non ho mai avuto problemi
come padre, a differenza di moltimiei amici e colleghi che mi raccontano
di forti conflitti».
Per raccontare la storia di Mara Bruno Bigoni ha realizzato il film documentario
«Chiamami Mara - All'inizio c'erano Lui e Lei. Una storia di libertà»,
presentato al Bellaria Film Festival 2006. Il progetto originario era
quello di creare uno strumento in grado di dare informazioni utili e corrette
sul transessualismo,ma presto il lavoro ha preso una piega più
personale, concentrandosi sulla straordinaria storia di Mara. «Il
documentario, nella sua forza, attraverso le interviste a me, alla mia
compagna e ai miei amici, ha avuto un effetto destabilizzante per me e
Silvia perché ha toccato alcuni nervi scoperti, comequello della
sessualità, facendoci confessare attraverso il mezzo del video
cose che non ci eravamo mai detti e con le quali forse avevamo evitato
di fare i conti. Non è stato possibile mentire con una telecamera
puntata addosso e questo è stato per noi motivo di scontro, ma
anche di chiarimento e crescita».
In realtà la storia della famiglia di Mara è molto semplice
da raccontare, non c'è niente di torpido o pruriginoso, solo una
coppia che dopo momenti non facili ha saputo costruire una relazione così
forte da superare e riuscire a convivere con una fisicità inconsueta.
È l'amore di tutta la vita che rimane al fianco di Mara anche dopo
un percorso di transito, non culminato nell'intervento chirurgico, prima
rimandato e ora accantonato perché, dice Mara, «oggi ho trovato
un equilibrio, l'operazione non è più una priorità,
quello che vorrei è poter cambiare il nome sui documenti per non
dover ogni volta dare spiegazioni. In passato a fermarmi nel mio percorso
di transizione è stata la preoccupazione del mio figlio maggiore
- il piccolo è invece nato quando già avevo iniziato il
percorso - che temeva che questo avrebbe portato me e sua madre a lasciarci
».
«Al Family day ci andrei» Ha uno spiccato senso della famiglia,Mara,
e ribadisce con forza che questa era la famiglia che voleva, come Silvia
del resto, e che sono riuscite a costruirla insieme con i sacrifici che
fanno tutte le coppie che hanno un progetto comune. «La mia famiglia
può funzionare benissimo - dice - all'interno della nostra coppia
i ruoli non sono cambiati, in casa e in barca comando sempre io»
conclude sorridendo. In un momento così delicato, in cui non mancano
ogni giorno attacchi alle unioni di fatto e in cui l'ingerenza della Chiesa
sulle scelte dell'agenda politica si fa sempre più pesante, senza
risparmiare veri e propri diktat all'elettorato cattolico e ai politici
che siedono in Parlamento, come sta accadendo per i Dico, Mara dice di
sentirsi in un carosello in cui vescovi, cattolici e prelati di ogni grado
esprimono la loro sulla famiglia, pur non sapendo cosa significhi davvero
il concetto di famiglia. «Mi sento di appartenere più di
tanti altri ad una famiglia tradizionale, sono sposata in chiesa. Credo
nella libertà di tutti i soggetti di legarsi come meglio credono.
Quello che più m'indispone è sentir parlare di incostituzionalità
dei Dico con la motivazione che la famiglia si fondi sul matrimonio, anche
se la Costituzione non stabilisce né il sesso né il tipo
di unione da celebrare. Quando la carta fu scritta si voleva mantenere
un'ampia elasticità. Oggi mi ferisce la grettezza, l'ignoranza
e la cattiveria con cui si affrontano questi temi. Non esiste una famiglia
naturale e legittima, esiste la famiglia in senso antropologico e sociale.
Il 12 maggio ho cose più importanti da fare, altrimenti sarei scesa
in piazza anch'io per il Family day, per manifestare per la vera famiglia,
quella in cui le persone sono legate da un sentimento e hanno un progetto
da condividere ». Indipendentemente dal sesso, aggiungiamo noi.
Accettati dai compaesani Quanto all'idea che si è fatta la chiesa
locale su questa famiglia fuori dagli schemi, a Mara poco importa. Il
paese e la comunità in cui abitano, invece, un comune in provincia
di Treviso, li ha accettati anche se in realtà Mara e Silvia lì
fanno poca vita sociale. Ci vivono dall'85, ma quando possono nel weekend
scappano al mare o in montagna, loro grandi passioni, e continuano ad
essere dei forestieri arrivati da Milano dove hanno ancora molte amicizie.
Non mancano però i buoni rapporti con i genitori dei compagni di
scuola dei figli, che frequentano la loro casa e per i quali la fisicità
diMara finora non è mai stata un problema.
Un po' di preoccupazione Mara ce l'ha per il bambino più piccolo,
con il timore che un giorno possa tornare a casa in lacrime perché
deriso dai suoi amici, anche se Mara ha dalla sua il merito di non essersi
mai nascosta. «Nessuno si permette di fare commenti - dice - forse
anche perché abbiamo dimostrato di essere più forti».
Mara non nega che per arrivare alla sua vita di oggi abbia dovuto faticare
molto, «dieci volte in più rispetto agli altri, tutto quello
che abbiamo conquistato con Silvia l'abbiamo ottenuto con le unghie. È
stato un percorso fatto di fatiche, pianti, sofferenze, c'è voluto
molto coraggio».Mara ha cominciato a lavorare su se stessa nel '98,
circa un anno prima della scomparsa del padre, che non si aspettava questo
cambiamento. Prima c'è stato l' allontanamento, poi,Mara la ricorda
ancora, è arrivata una bella lettera di riavvicinamento. L'unico
rammarico oggi è che non ci sia stato abbastanza tempo per ritrovarsi
prima della sua morte.
«Nessun rimpianto» Oggi Mara non rimpiange nulla di Mario,
semplicemente perché Mario c'è ancora e fa parte di lei,
ciò che le da più gioia è non dover più nascondersi
ed essere finalmente se stessa, senza tenere nessun segreto. Nonostante
la sua storia travagliata, Mara si ritiene molto fortunata, prima di tutto
per essere nata in un contesto socialmente ed economicamente avvantaggiato,
poi perché a lei è toccata una sorte molto migliore di molte
trans, fatta di una stabilità familiare rara se non unica in questi
contesti. Anche per questo Mara, assicuratrice e sindacalista, si è
occupata per la Regione Veneto dell'ufficio Nuovi Diritti della Cgil,
per i problemi legati all'orientamento sessuale e all'identità
di genere sentiti e vissuti negli ambienti di lavoro.
Oggi Mara, dopo un infarto l'estate scorsa, ha dovuto prendere le distanze
da quell'esperienza che la coinvolgeva troppo. Così spiega il suo
allontanamento: «Soffrivo perché inmolti casi non potevo
fare niente, stavo troppo male, partecipavo alle sofferenze delle persone
che si rivolgevano amee che mi vedevano come un riferimento e un esempio,
ma non era possibile, la mia vita è troppo diversa per prendermi
come modello e questo mi ha messo in una posizione ancora più difficile.
Il mio esempio poteva fare del male agli altri, è quasi pericoloso
per loro in quantomolto speciale e difficile da realizzare. Ora seguo
un paio di casi, fra cui quello del poliziotto di Venezia licenziato perché
si travestiva. Dopo l'infarto ho deciso di prendermi un anno sabbatico».
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