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il manifesto
- 31 marzo 2006
Storie
di furbetti a fumetti
Roberto Carlini
Un sabato
sera di giugno, tornando a casa, Pat non ha trovato più il pianerottolo.
Staccati i pannelli dalle pareti, eliminato l'ascensore, rimosse le porte
dell'appartamento di fronte al suo. Allora ha capito che quel cantiere
aperto da qualche settimana nel suo stabile dal signor Statuto Giuseppe
si stava allargando un po' troppo. Lo stabile era (è) a Milano,
in via San Marco 29; il proprietario era (è?) la Fasc Immobiliare,
ultimo acquirente dopo un giro di passaggi di proprietà iniziato
dalla gloriosa Ina-Assitalia e culminato nel famoso Giuseppe Statuto del
trio Ricucci/Coppola/Statuto (quelli le cui iniziali lette in fila fanno
Rcs); gli inquilini principali (alcuni uffici del Corriere della Sera,
coincidenza) avevano già sloggiato, lasciando il palazzo alla demolizione,
ops, alla valorizzazione, dell'immobiliare e agli unici inquilini superstiti
(Pat, famiglia con gatta e un dentista). Inquilini la cui presenza forse
non era stata prevista dall'acquirente. Mentre a pochi metri di distanza
cominciava la lunga estate calda dei «furbetti del quartierino»,
loro gli immobiliaristi se li sono trovati in casa. Anzi, sul pianerottolo.
Non potendo difendersi con una contro-Opa Pat - che è Pat Carra
e di mestiere fa la vignettista - disegna dei fumetti. E li espone sul
pianerottolo, a uso e consumo di ospiti, operai, passanti, addetti e legali
del cantiere, in quella che diventa «una lotta di esistenza, più
che di resistenza».
Così è nata una delle prime storie a fumetti dei furbetti.
Ovvero, della questione immobiliare vista da un'inquilina, una come noi,
parte di quella stragrande maggioranza di persone che le case non le considerano
asset su cui speculare ma luoghi da riempire, abitare, vivere, cambiare.
Che quindi trova sorprendente il fatto che da un giorno all'altro il posto
in cui vive possa essere legittimamente trasformato in un cantiere, e
che ne sia di fatto sfrattata non giuridicamente ma fisicamente. Tanti
altri, negli stessi mesi e anni, si sono trovati sfrattati di fatto e
di diritto; altri ancora sono stati costretti a comprare - vittime e beneficiari
della cartolarizzazione degli immobili pubblici -, altri vivono sospesi
tra ansia di acquisto e timore di sfratto. Nel caso di Pat famiglia e
gatta, poi, c'è un particolare in più: il «privilegio»
di essere (di fatto) buttati fuori dallo Statuto del famoso trio, per
cui in quei giorni bastava aprire un giornale per ritrovarsi a leggere
di altre gesta ancora più importanti del Proprietario. Che, insieme
ai suoi amici e sodali, ha dato lavoro a molti: oltre che a noi giornalisti,
paparazzi, avvocati a frotte e giudici di ogni ordine e grado, anche ai
vignettisti.
Tant'è che quest'estate gli immobiliaristi sbarcheranno nel tempio
della satira, a Forte dei Marmi, dove il Museo della Satira allestirà
una mostra collettiva dedicata proprio a loro, i «furbetti del quartierino».
Ci sarà la storia a fumetti di Pat Carra - la cui mostra nel frattempo
dal pianerottolo pericolante si è trasferita alla libreria Utopia
di Milano (in via della Moscova, si può visitare fino al 9 aprile)
- e ci saranno tanti altri. Tutti a lavorare di matita e (neanche tanta)
fantasia su personaggi che sembrano disegnati apposta per la satira, come
quei tre famosi signori che, come ha scritto il più importante
quotidiano economico italiano, erano usi «a mostrare in pubblico
se stessi più che i propri bilanci».
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