Libreria delle donne di Milano

Il Pensiero, dicembre 2009

Rosy Bindi, "Quel che è di Cesare"
Intervista a cura di Giovanna Casadio, Ed. Laterza, Bari 2009, €10.00

di Franca Fortunato

Rosy Bindi la pasionaria della politica, la donna che a Porta a Porta rispose a Berlusconi: "Presidente non sono una donna a sua disposizione", si racconta in una lunga intervista a Giovanna Casadio, giornalista di "Repubblica", nel libro "Quel che è di Cesare", in questi giorni in libreria. Il libro è molto intenso, tocca tutti i problemi del nostro tempo, dalla globalizzazione all'immigrazione, dai diritti civili al testamento biologico, dalla crisi economica alla crisi della politica, dalle politiche della destra al futuro del Pd, dalla fede alla noma, dalla religione alla laicità e al Vaticano che si è fatto soggetto politico dopo la fine della Dc. Racconta della sua giovinezza quando, laureata in scienze politiche alla Luiss a Roma, divenne assistente di Bachelet, e di come al suo assassinio, per mano della brigatista Anna Laura Traghetti, ebbe una lunga crisi che la mise di fronte "a una scelta radicale: la politica o il monastero". Il passaggio dalla religione alla politica - come lei racconta - è stato incoraggiato soprattutto dalla lettura dei libri e dei discorsi di Giorgio La Pira. E così, nel 1989, candidata alle europee per la Dc, approda alla politica e inizia la sua avventura con in mente le parole di Paolo VI che definiva la politica "una forma di carità verso la comunità, come una terra di missione". Nella Dc diventa l'anima critica, esponente di quel cattolicesimo democratico che aveva come maestri don Sturzo, De Gasperi, Dossetti e Moro e che si entusiasmò per il Concilio Vaticano II. La sua fede non ha mai fatto di lei una fondamentalista ed è convinta che i cattolici, ieri nella Dc, oggi nel Pd, non ci stanno "da cattolici ma da democratici e, insieme ad altri" - come ha insegnato Sturzo - concorrono "con le idee a un progetto politico alternativo alla destra". È questo, per lei, il modo di far vivere il pronunciamento più spirituale e politico di Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio", che è anche la prima grande lezione di laicità della storia. È intorno alla laicità che si muove la sua vita, il suo rapporto tra etica e politica, fede e norme, convinta che "la funzione della legge non è quella di sostituirsi alla libertà di coscienza del singolo, ma di permettere a quella coscienza di esprimersi". È critica nei confronti di una chiesa che dice sempre no e che, finita la Dc, "invece di formare dei laici cristiani e orientare la loro coscienza perché possano affermare nella loro autonomia un progetto politico complessivo, si è accontentata di essere un soggetto sociale che tratta con il potere le questioni che le stanno a cuore". Una chiesa "madre", "comprensiva", "accogliente" sarebbe più ascoltata di un chiesa ideologica che "ingaggia scontri su valori ostentati come vessilli identitari" che portano a un uso strumentale di quegli stessi valori. Ricorda le battaglie della chiesa contro i "Dico", la legge 40, il referendum, e il caso di Eluana Englaro dove "il corpo di una giovane donna è stato trasformato in un terreno di scontro ideologico e di battaglia politica". Interroga quei cattolici, nella loro fede, quando "accettano forme di cesarismo, l'esasperazione del localismo e il corporativismo degli interessi" e ripropone la lezione del cattolicesimo democratico. È convinta che la destra ha messo radici nel cuore e nella mente del paese e siamo dentro una svolta autoritaria, e che dello scambio che la Chiesa cerca con questa destra ci guadagna solo la politica peggiore, che strumentalizza e manipola - come per il testamento biologico - con estrema spregiudicatezza l'etica cristiana, imponendola con una legge di stato. Il libro è molto intenso, quello che viene fuori è la figura di una donna limpida, intelligente, onesta, coraggiosa, appassionata, competente e profondamente credente, che ha fatto della politica, orientata al bene comune, una scelta di vita.