Libreria delle donne di Milano

Repubblica 19 marzo 2003 (stralci)

Cathleen Schine scrive una lettera d'amore per l'Europa

Sebbene sia spaventata dal mio presidente e dalla sua sconsiderata politica, pur dovendomelo aspettare anch'io al pari di molti americani sono sbalordita e ferita dalla violenza della reazione europea alla guerra contro l'Irak. Penso che tutti noi ci sentiamo come quel marito che lavora sodo, che si dà da fare con tutto ciò che reputa importante, che si comporta da antipatico prepotente quando trova la minestra fredda, che trascura la moglie - anche se in fondo la ama -, quando si ricorda di rivolgerle un pensiero - e che poi si ritrova in cucina, con una padella vuota in mano, interdetto e senza alcuna idea di come fare a prepararsi la colazione, una volta che lei se ne sia andata a casa di sua madre e abbia avviato le pratiche del divorzio.

Ma io lo amo, abbiamo pensato. Le ho dato tutto quello che potevo. Sì è vero spesso era fredda e sussiegosa, ma nonostante ciò io ho sempre pagato i conti e ho sempre apprezzato la sua bellezza! Che cosa può essere andato storto?
Per me che sono cresciuta negli anni '50 e '60, l'Europa era fonte di cultura, di consuetudini, di tutto ciò che da una parte era avant-garde e dall'altra antico e pregno di significato. L'Europa era la magnifica, morbosa, decadente seduzione dei romanzi di Henry James, ci affascinava. Quando avevo otto anni i miei genitori accompagnarono mio fratello e me a fare un viaggio in Francia, che si rivelò per entrambi un'esperienza determinante, un evento prodigioso fatto d'aromi, sapori e colori che non abbiamo mai dimenticato.
[…]
Ho sentito che gli Europei si lamentano dell'invasione della cultura americana. E chi no? Ma noi non invadiamo se non fino ad un certo punto. In questo consiste la nostra bravura. Siamo una nazione di immigrati , dopo tutto, e i nostri immigrati ora provengono da ogni parte del mondo. Mi ricordo come fosse adesso del primo croissant che abbia mai assaggiato. Accadde a Parigi nel 1961, e mi fu servito sul piccolo vassoio dell'albergo per la prima colazione. Ora al McDonald a Broadway posso ordinare un croissandwich. E' questo il progresso internazionale? Non credo. E' questo a farci sentire più vicini ai francesi? Certamente no. Ma noi amiamo i croissant! Adoriamo il sushi! Amiamo Placido Domingo! Amiamo l'architetto Daniel Liebiskind! Amiamo Roberto Benigni! Perché - questo ci stiamo chiedendo - i paesi europei non ci ricambiano?
Il nostro governo è diplomaticamente inetto, politicamente ingenuo, culturalmente e militarmente arrogante; noi utilizziamoun'irragionevle porzione delle risorse del pianete, ma nonostante ciò vi amiamo! Ed è proprio perchè questo affetto è così sincero, credo, che ci stupiamo sempre quando voi lo giudicate invece un cappio alla gola.
Noi siamo megalomani quanto basta da ritenere che così come noi diamo il benvenuto al mondo, anche il mondo dovrebbe darlo a noi. Ogni volta che questo non accade, ci ritroviamo in quella cucina, con una padella vuota in mano, confusi e feriti.