Repubblica -
30 giugno 2009
L' ITALIA, IL POTERE E IL SILENZIO DELLE
DONNEdi Nadia Urbinati
Non
è facile essere donne in questo tempo di stravolgimento dei valori e dei
costumi, di smarrimento del senso comune. Non è facile trascendere ciò
che ci sta intorno e ci offende: vicende di giovani donne che si lasciano abbagliare
da vecchie meno vecchi uomini potenti; che accettano di farsi rimpicciolire fingendosi
"bimbe" di un "papi". Non c' è glamour in questa società
dei diminutivi. Le ragazze che sono vel-ine, meteor-ine e ricevono farfalline
e targarugh-ine: un linguaggio che le rimpicciolisce trasformando il serraglio
in un parco ludico infantile. Nelle Lettere persiane di Montesquieu si trovano
immagini rassomiglianti, rappresentazioni attualissime della vita servile di corte,
più sordida perfino di quella dell' harem dove, se non altro, a fare da
intermediari tra le donne e il sultano c' erano eunuchi. È questo l' esito
delle fatiche che donne e uomini di più generazioni hanno sopportato per
poter vivere come eguali nella vita pubblica e in quella privata? Mary Wollstonecraft,
la coraggiosa e giovane iniziatrice del femminismo moderno, aveva parole durissime
contro una società che preparava le ragazze ad un futuro che era perfettamente
funzionale alla società patriarcale: educate a essere cocotte appetibili
mentre erano giovani per poi finire a procreare figli e servire mariti. Pensava,
lei illuminista, che tutto cominciasse con l' educazione, che la ragione dell'
assoggettamento delle donne fosse da cercare nell' ignoranza e nell' esclusione
dalla vita della città. In una società dove tutto il vivere civile
era strutturato e pensato come una succursale allargata della casa, quello che
appariva agli occhi delle sue coetanee come un' occasione da sfruttare non era
che una dorata prigione. Mary era durissima e severa con le donne del suo tempo
perché remissive e docili; concentrate a sviluppare quelle competenze salottiere
che potevano, questa la loro speranza, spianare la strada verso un buon matrimonio;
per questo, si facevano complici del serraglio nel quale vivevano, «oggetto
di attenzioni triviali da parte di uomini che considerano tali attenzioni un tributo
virile da pagare al gentil sesso, quando in realtà essi lo insultano affermando
la propria superiorità». La bella Mary si rivoltò contro quel
mondo goldoniano di serve furbette e padroni protervi e rivendicò l' inclusione
delle donne nelle scuole e nella vita pubblica; donne protagoniste senza intermediari
ma per loro capacità e con i loro sforzi, non attive da dietro le quinte.
Il pubblico invece che l' esilio forzato nel privato; la sfera della politica
per via di consenso aperto tra cittadini eguali invece che per via di intrigo
di cortigiani; l' arma dei diritti invece e contro quella della forza: questa
è stata dal Settecento la strada percorsa da chi ha difeso la dignità
di uomini e donne; anche degli uomini, perché la condizione della donna
è sicuramente lo specchio nella quale si riflette lo stato di tutta la
società. Da qui le donne sono partite nei decenni a noi più vicini
per rivendicare un' altra fetta di diritto e di potere, quella che avrebbe dovuto
sollevare finalmente il velo del privato per mostrare le nicchie di violenza e
sopruso che ancora resistevano, non viste, non dette, non considerate: la violenza
domestica in primo luogo, ma anche l' abitudine inveterataa leggere come naturalità
ciò che invece era ed è sempre stato frutto di cultura e società,
dominio e dipendenza. La stagione dei diritti ha rovesciato un modo di leggere
i rapporti umani e tra i generi, nel privato e nel pubblico; ha svelato e decostruito
l' interpretazione consolidata di ciò che è sociale e di ciò
che è naturale, ridefinendo il genere e il ruolo dei e tra i sessi. Questa
è stata la grande lezione delle battaglie per i diritti civili combattute
dietro lo slogan "il privato è politico", "il privato è
pubblico". Decine di anni dopo quelle battaglie per i diritti, le società
moderne, quella italiana in maniera abnorme, si trovano nella condizione paradossale
di veder rovesciata quella logica, per cui tutto il pubblico è ora privato
e il privato ha occupato il pubblico con le conseguenze aberranti per cui da un
lato vi è una legge che mette la privacy sull' altare della religione secolare
e dall' altro vi è una vita politica che è il palcoscenico sul quale
si recita soltanto una parte, quella privata. E se questa parte si mescola (come
può essere diversamente?) con questioni politiche o di Stato e i cittadini
vogliono sapere e i giornali cercano di svelare, allora si evoca la sacralità
della privacy, sulla quale si pretende di inchiodare l' informazione, facendola
passare come un' intrusione invece che come un bene pubblico. Il paradosso è
che chi per primo ha cancellato ogni distinzione tra pubblico e privato si fa
ora rivendicatore di quella separazione. È evidente il giuoco delle parti
che si cela dietro questa che è come la magia della stanza degli specchi:
confondere tutti i piani per potere usare a piacere l' uno e l' altro a seconda
dell' interesse. Allora, le ragioni di Stato sono l' arma per nascondere questioni
che con lo Stato nulla hanno a che fare; e le ragioni del privato servono a nascondere
ciò che è di interesse pubblico e di cui i cittadini hanno diritto
di sapere. In giuoco, è stata l' unanime e giusta diagnosi, c' è
la legittimità e la credibilità delle nostre istituzioni, non solo
di fronte a noi cittadini italiani, ma anche presso i paesi stranieri. L' Italia
è una miniatura di se stessa, lo specchio di quel linguaggio di diminutivi
che le giovani ragazze si lasciano appioppare con sorprendente indifferenza da
profittatori di ogni età. La loro presenza sulla scena sociale è
tutta privatissima, proprio come vogliono che sia da tempi immemorabili gli uomini
"a mal più ch' a ben usi". Le donne sono sempre lo specchio della
società, il segno più eloquente della condizione nella quale versa
il loro paese: quando muoiono per le violenze perpetrate da un potere tirannico
o quando viaggiano con voli prepagati per ritirare un cotillon a forma di farfalla.
Nelle loro storie è riflessa la storia tragica o patetica delle loro case
e delle loro città. E come nel caso delle donne vittima di violenza del
tiranno, anche nell' altro è urgente che si levino voci di critica, di
sconcerto, di denuncia; voci di donne. Questo silenzio ammorba l' aria. - NADIA
URBINATI |