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| La Stampa - 4 aprile 2010 Ipazia, quando talebani erano i cristiani di Silvia Ronchey E un tempo, il nostro, di crististi e teocon, in cui agli opposti estremismi si sono sostituiti, o sommati, gli opposti spiritualismi. Londa durto della caduta del muro di Berlino ha provocato, negli orfani delle ideologie, un fall out di conversioni alla confortante forza dellautoritarismo ecclesiale. Cera urgente bisogno che la laicità si procurasse un simbolo: unicona degli ideali di tolleranza, di non faziosità, di rifiuto delle fedi e delle ideologie pervasive. Lha trovato in uneroina di quindici secoli fa: la filosofa Ipazia, matematica e astronoma, cattedratica nellantica accademia platonica di Alessandria, massacrata dal fanatismo della prima Chiesa cristiana, celebrata in un crescendo di libri, biografie, spettacoli. E tuttavia la sua storia, narrata dallo spagnolo Alejandro Almenábar in un film campione dincassi, Agorà, rischiava di non essere mai visibile in Italia, Stato laico sulla carta ma ancora e sempre condizionato dallesistenza al suo interno di quello della Chiesa. Nellautunno scorso, un appello per la sua distribuzione aveva raccolto molte firme, a riprova che lopportunismo non è un fenomeno di massa e che la maturità politica dei cittadini, non solo laici ma anche cattolici, è maggiore di quella di chi gestisce il potere, in questo caso culturale. Fatto sta che il veto, pur non esplicito, è caduto, e il film uscirà il 23 aprile. Per limbarazzo della Chiesa, che vi vedrà un proprio vescovo, e in seguito santo, Cirillo di Alessandria, presentato come un fanatico terrorista, un violento e un assassino, e i propri adepti non dissimili ma anzi volutamente assimilati agli integralisti islamici: nei tratti stereotipi, nei comportamenti, nei discorsi e perfino nellaccento. Un geniale rovesciamento: i primi cristiani equiparati alle fasce estreme di quellIslam che lodierna propaganda cristiana avversa estendendo alla religione stessa laccusa di «intrinseca malvagità». In effetti, quando nel 392 Teodosio emanò una legge speciale contro i culti pagani nel tollerante Egitto, i quadri dirigenti del Cristianesimo, divenuto religione di Stato, intrapresero una mobilitazione punitiva proprio nella capitale della cultura ellenica dovera nata e insegnava Ipazia. Allorigine dellostilità di Cirillo era, più che la misoginia o lodio confessionale, linvidia - specifica il bizantino Suidas - per la sua influenza politica. Era una partita a tre quella che si giocava per il potere ad Alessandria tra lantica élite pagana, stretta alla rappresentanza del governo imperiale, i dirigenti cristiani che volevano soppiantarla e la comunità giudaica, prima lobby dominante, ora gruppo di pressione rivale. Il primo atto dellepiscopato di Cirillo fu il pogrom antiebraico, che precederà lattacco allestablishment pagano, incarnato in Ipazia. Contro il doppio obiettivo, Cirillo aveva strumentalizzato le frange intolleranti del deserto di Nitria, «cui si dava nome di monaci ma che tali in realtà non erano», scrive Eunapio, bensì fanatici miliziani «che apertamente compivano e assecondavano crimini innumerevoli e innominabili». Questi talebani che avevano già distrutto e saccheggiato il Serapeo ventanni prima, sotto Teofilo, zio e predecessore di Cirillo, sono gli stessi che tenderanno un agguato al corteo di Ipazia e la trucideranno «spogliandola delle vesti, facendola a brandelli con cocci aguzzi e spargendo per la città i pezzi del suo corpo brutalizzato», secondo lo storico cristiano Socrate; «incuranti della vendetta divina e umana», aggiunge il pagano Damascio. La rappresentazione della violenza fondamentalista dei parabalani cristiani del futuro monofisita Cirillo è il punto di forza del film. Il suo maggiore merito è quello di far riflettere sulla vocazione estremista e sugli eccessi della Chiesa alle origini del suo potere, riaccendendo un dibattito diffuso nei secoli in cui unintellettualità ecclesiastica esisteva e discuteva. Perché nellimmensa fortuna storica e letteraria della vicenda di Ipazia, cavallo di battaglia dellanticlericalismo illuminista da Voltaire a Gibbon, ha avuto un ruolo più che ampio la cultura ecclesiastica, anche ma non solo riformata: se il primo editore delle fonti sul suo assassinio fu il protestante Wolf e il suo più appassionato difensore langlicano Kingsley, è stata quasi tutta cattolica la rievocazione letteraria di Ipazia, dalla torinese Diodata Saluzzo Roero a Leconte de Lisle, da Péguy a Luzi. In campo erudito, con la rilevante eccezione del giansenista Tillemont, prudente e giustificatorio, lala modernista del cattolicesimo ha analizzato spregiudicatamente le cause politiche del misfatto di Cirillo. E ha anche chiarito la reale personalità di Ipazia. Il suo profilo e il suo sacrificio, così importanti nella storia della politica e del pensiero, nel film sono accattivanti ma troppo semplificati, fino a essere tacciabili di quello stesso ideologismo di cui la figura dellantica filosofa dovrebbe essere la negazione. Se vogliamo davvero renderle omaggio, invece, non dobbiamo perdere loccasione di leggere la sua storia in modo non settario, ma autenticamente laico. |