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l'Unità
- 1 febbraio 2005
Lultima
vittoria di Romana Guarnieri
Luisa Muraro
Dire
Dio sintitola un libro appena arrivato nelle librerie, editore
Marietti di Genova, che raccoglie contributi di più autori, uomini
e donne che per anni si sono incontrati a Roma, in casa di Romana Guarnieri.
Non è un particolare di poco conto: Romana, che questo libro ha
voluto e al quale ha collaborato con unoriginalissima ricerca su
Internet, è un grande personaggio della cultura cattolica e ha
scritto, fra laltro, sulle pagine culturali di questo giornale fino
allottobre del 2003. È morta un mese fa, alletà
di 91 anni. Il libro, curato da Emma Fattorini, porta una fascetta gialla,
di lutto e di festa insieme, che la ricorda. Fu concepito già nel
2003, in un momento di crisi per le tante differenze interne al gruppo
che fino allora Romana aveva saputo governare con sapiente energia. Che
cosa abbiamo in comune, si chiesero le persone riunite in casa sua e risposero:
una sola cosa, forse, e cioè che in mezzo a tante differenze, di
fede, di storia politica, di stile di vita, di scelte morali e, last but
not least, di sesso, siamo persone che non rinunciano a «dire Dio»,
nel senso semplice ed elementare dellusare ogni tanto questa parola
- parola che, nella nostra civiltà europea moderna tende a sparire,
soprattutto dal discorso pubblico. Questultimo punto era più
vero allora che oggi, oggi infatti è cresciuto il numero delle
persone che pensano che «dio», con iniziale maiuscola o minuscola,
sia una parola che non si può eliminare, e si sono messe a usarla.
Questo cambiamento, come noto, è dovuto, in parte non trascurabile,
alla rielezione di Bush, in cui ha contato in maniera determinante il
voto di persone mosse da interessi religiosi. In Europa è stata
una sorpresa, alla quale alcuni hanno reagito inventandosi una specie
di conservatorismo teologico, altri rinforzando la loro antipatia per
la religione. La posizione di Dire Dio è tuttaltra, insegna
semplicemente che molti, moltissimi, per le più disparate ragioni,
non possono fare a meno di «Dio», e che questo è un
fatto e che bisogna, in primo luogo, capirlo per quanto possibile e tenerne
conto, a tutti i livelli, in tutti i contesti decisivi, se è vero
che lo spirito laico non è nemico dei fatti.
Fra le autrici del libro, con Emma Fattorini, Rosetta Stella, Cettina
Militello, la stessa Romana, Paola Gaiotti de Biase e Cristina Luccioli,
ci sono anchio e il galateo delle recensioni mi vieta di parlarne.
Infatti, non volevo parlare del libro, ma di Romana Guarnieri, e così
farò, a partire dal nostro rapporto. La conobbi quando cominciai
a studiare una scrittrice mistica del Medioevo, Margherita Porete, che
Romana ha il merito di avere scoperta e pubblicata. Fu generosissima di
tutto quello che poteva insegnarmi. Era il suo carattere, era generosa
nel pensiero, negli affetti e nelle cose, oltre che schietta e amante
del vero, con uno stile poco italiano e poco cattolico (per parte di madre
era di cultura olandese riformata). Mi diede più volte ospitalità
nella sua bella casa, come a tante altre persone. Era povera ma aveva
ereditato, con il fratello, una splendida villa sul Gianicolo, opera dellarchitetto
Gaetano Minucci, suo patrigno. La prima parte del nostro rapporto, a parte
il lavoro sul testo della Porete, trascorse con lei che voleva farmi apprezzare
limportanza di don Giuseppe De Luca, al quale fu legata, fino alla
morte di lui, da «singolare amicizia»: Una singolare amicizia
(Marietti, 1998) sintitola la raccolta dei ricordi che lei ha voluto
lasciarci. Riuscì nel suo intento, tanto che Lintroduzione
alla storia della pietà di De Luca è diventato per me un
libro di riferimento.
La seconda parte del nostro rapporto, lavori messi a parte, è trascorsa
con lei che voleva farmi intendere come De Luca non fosse stato tutto
e neanche il centro della sua vita, perché cera altro e questo
«altro» qualche volta prendeva un nome (Gesù Cristo),
più spesso non aveva nome e io ho capito che era lei stessa, signora
della sua vita, sottomessa unicamente a quel personaggio che ho chiuso
tra parentesi, per tener conto del suo pudore in proposito. Riuscì
a convincermi anche di questo, ma nel farlo, curiosamente, diventò
femminista, da antifemminista che era quando feci la sua conoscenza. Cè
una spiegazione. Oltre al fatto di essersi convinta che il femminismo
laico, incarnato da una come me, non è anticlericale, oltre allinfluenza
esercitata da alcune sue amiche cattoliche e femministe, come la teologa
e storica norvegese Kari Elisabeth Børresen, lei fu spinta, dal
suo stesso proposito di mostrare la propria indipendenza spirituale e
intellettuale, a riconoscere che i filoni dispersi della sua passata ricerca,
insieme a ciò che li aveva ispirati dentro di lei, confluivano
naturalmente nel grande movimento di pensiero che è stato il femminismo
di questi decenni.
Mi sia consentito ancora un ricordo, che si situa sul crinale dei due
tempi del nostro rapporto, quello di una vera e propria baruffa che esplose
tra lei e me, durante un incontro pubblico, cosa che spaventò o
indignò le anime timorate, ma rinsaldò il nostro rapporto.
Ebbe luogo il 15 maggio 1991, nel centro culturale dei gesuiti di Firenze,
lIstituto Stensen. Allora Romana era ancora in grado di recarsi
a convegni e conferenze o in montagna per le vacanze, al volante di una
Mercedes: amava i motori e da giovane, con unamica, mi raccontò
di aver girato lEuropa in moto. Il tema dellincontro era Margherita
Porete e il suo libro, la questione che esplose fra noi due riguardava
il segno della differenza femminile che Romana non riconosceva nellopera
di Margherita, come se si fosse trattato di un meno. Ricordo che portai
ad argomento la poetica di Dante, segnata dalla virilità del poeta:
Margherita è una donna e non è da meno di Dante nella capacità
di significare la sua femminilità, le opposi. Per finire, alla
lunga, credo di poter dire che, su questo terreno, ho vinto io, lo dico
senza vantarmi pensando a quello che insegna la mistica fiamminga Hadewijch,
tradotta e pubblicata da Romana nel lontano 1947. Insegna che chi ama,
lotta - senza cedimenti - per la vittoria più difficile, che si
ottiene quando è laltro a vincere. Questo vale anche e soprattutto
per lultimo combattimento che Romana ha sostenuto per continuare
a vivere, amava infatti la vita e non voleva lasciarla, combattimento
che si è vittoriosamente concluso per lei nelle prime ore del 23
dicembre 2004.
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