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l'Unità
- 9 marzo 2004
Se luniverso
femminile è asimmetrico
Piero Sansonetti
Nellarticolo
di ieri abbiamo visto che il pensiero femminista ha molti punti di vista
diversi. Prendiamone in considerazione due, piuttosto distanti tra loro.
Barbara Ehrenreich è una sociologa americana innamorata
quasi carnalmente della sociologia. Il suo pensiero è un pensiero
radicale e fortemente di sinistra. Quello però che in lei soprattutto
è radicale è il modo di vivere la vita, lo studio, luso
dellintelligenza e delle conoscenze. Anni fa ha deciso di studiare
il fenomeno dei lavoratori poveri, che è uno degli aspetti fondamentali
(e sconosciuti) della società e delleconomia americana. Cosa
ha fatto? È andata in biblioteca? Ha comprato dei libri? Ha realizzato
delle interviste sul campo? No: ha distrutto le sue carte di credito,
si è licenziata dal lavoro, ha buttato il cellulare, ha chiesto
scusa alla famiglia, ed è partita sola, con una valigetta e con
un centinaio di dollari in tasca, per la profonda America. Ha vissuto
per due anni senza più nessun contatto con il mondo precedente,
ha viaggiato in una decina di Stati, dal nord al sud, lavorando come cameriera,
come barista, come donna delle pulizie, come operaia, o come commessa
quando le andava bene, prendendo le paghe minime che trovava, dormendo
in stanze luride in affitto, o in motel di quartordine, o in roulotte,
o in baracca, e ha dimostrato come in America non basta avere un lavoro
per vivere dignitosamente. Si può lavorare anche dieci ore al giorno,
con un regolare contratto ma non avere soldi abbastanza per mantenersi
in modo decente. «Its american way», bellezza. È
il sogno americano.
Poi Barbara Ehrenreich è tornata a casa sua, in California, ha
ripreso il suo lavoro di sociologa e ha scritto un libro su questa sua
esperienza. Era la fine degli anni novanta, del secolo.
Ora la Ehrenreich ha partecipato alla stesura di un altro libro che si
chiama Donne globali (pubblicato in Italia da Feltrinelli) nel quale parla
soprattutto dellesperienza delle migranti. Il capitolo più
drammatico di questo libro riguarda quella che possiamo un po rudemente
chiamare la questione della servitù. Fenomeno diffusissimo in occidente,
e in Italia, ma ignorato largamente. Situazione palese, sconosciuta, negata.
Si tratta di questo: alcuni milioni di donne del terzo mondo vengono in
occidente con un compito esclusivo: servire nelle case dei ricchi e della
classe media del primo mondo, e occuparsi di tutte le cose le necessità
personali - delle quali i ricchi e i benestanti non vogliono occuparsi
personalmente, perché li stanca, o li annoia, o li disgusta, o
le ritengono degradanti: la pulizia delle loro case, dei loro vestiti,
delle loro scarpe, delle loro stoviglie, la preparazione di pranzi e cene
e il trasporto dei piatti dal fornello al tavolo e viceversa, la pulizia
dei bagni dove i ricchi hanno depositato i propri bisogni corporali, laccudimento
dei figli piccoli o quasi grandi, lo svuotamento dei portacenere e degli
orinatoi di cani e gatti, il riordino di tutti gli oggetti e le cianfrusaglie
lasciati in giro per caso, il pagamento delle bollette, lacquisto
dei generi alimentari e molto altro ancora. Barbara Ehrenreich nel 99
ha lavorato per qualche mese come cameriera, e racconta così la
sua esperienza: «Ho lavato circa 350 pavimenti in quelle settimane:
bagni, cucine e ingressi che richiedevano il trattamento a ginocchioni
(come prometteva la pubblicità della ditta di pulizia che mi mandava
nella case private: «noi puliamo a ginocchioni... »). Il mondo
visto sulle ginocchia, è un mondo diverso da quello normale, ed
è un mondo dove non si entra mai volontariamente. Vi si possono
trovare elaborate strutture di polvere tenute assieme dai peli di cane,
oppure frammenti secchi di pasta incollati a terra dalla loro stessa salsa,
resti agglutinati di sughi, gelatine, creme contraccettive, vomito o urina.
A volte si incontrano anche le gambine di un bambino arrabbiato perché
le donne sono ancora lì quando lui torna da scuola, oppure i piedi
calzati «Joan and David» della padrona di casa nervosa, che
aspetta solo di indicare la macchiolina che vi è sfuggita».
Tutto questo carico di lavoro e di umiliazioni in cambio di che cosa?
Di stipendi molto modesti, che secondo le indagini ufficiali - e che quindi
riguardano solo il lavoro emerso e non il lavoro nero, diffusissimo
sono mediamente di 23 dollari alla settimana al di sotto della soglia
di povertà. Stipendi che naturalmente sono quasi ininfluenti nel
bilancio di una famiglia ricca, e vengono comunque in gran parte risparmiati
dalle migranti e inviate nei paesi dorigine ai mariti. Nel 1993
un personaggio famoso in California, la giudice Zoe Baird, fu coinvolta
in uno scaldaletto che le costò la nomina a procuratore generale:
pagava in nero la cameriera. Quanto? Cinque dollari lora, cioè
al di sotto della paga minima e per di più senza contributi. La
Baird guadagnava allepoca 550.000 dollari allanno, che diventavano
543.000 dopo aver pagato lo stipendio alla cameriera.
Questo tipo di immigrazione è ormai uno degli elementi di stabilità
persino psicologica nelle famiglie occidentali, che non potrebbero mai
rinunciarvi . La Ehrenreich la paragona alla schiavitù dei secoli
scorsi. «In Medioriente, nellantichità scrive
- le donne fatte prigioniere durante le guerre erano ridotte in schiavitù
e vendute per svolgere compiti domestici o diventare le concubine dei
vincitori; degli africani portati come schiavi in America, tra il sedicesimo
e il diciannovesimo secolo, quasi un terzo erano donne e bambini e la
grande maggioranza di loro fu usata come serva di casa o concubina».
Luso delle donne dei paesi poveri come serve nei paesi ricchi, secondo
la Ehrenreich è da un lato una ignobile ingiustizia, dallaltro
paradossalmente - il carburante che alimenta la liberazione delle
donne in occidente. Nel rapporto tra maschi e femmine in occidente
scrive è cambiato qualcosa negli ultimi anni: si è
attenuato il grado di oppressione della donna. Però non è
stato in nessun modo intaccato il privilegio dei maschi. Il miglioramento
della condizione della donna non è determinato da un riequilibrio
dei poteri e delle relazioni tra maschio e femmina. Come è possibile?
A compensare lo squilibrio cè stato il massiccio afflusso
delle serve dal sud del mondo. E questo afflusso è organizzato
come una vera e propria tratta, moderna e sofisticata. Determinate da
precise scelte politiche delleconomia internazionale globalizzata.
In questo modo: lFmi o la Banca mondiale, per concedere dei prestiti
a un paese povero, chiedono che siano rispettate alcune condizioni. Ad
esempio il taglio dei servizi sociali, dellassistenza sanitaria,
della scuola, dellasilo, eccetera. E poi chiedono che sia svalutata
la moneta. La svalutazione significa che il dollaro, o leuro, o
lo yen diventano oro pura e che la moneta del paese povero che ha svalutato
diventa carta straccia. Bisogna andare a guadagnare dollari o euro o Yen.
Il modo più sicuro è andare a fare le serve allOvest.
Non ci sono più le navi coi negrieri, ci sono i decreti degli organismi
economici internazionali.
Barbara Ehrenreich se la prende anche con il vecchio femminismo americano,
in particolare con il Now (National Organization for Women, la più
celebre organizzazione femminista americana) che accusa in sostanza di
femminismo nazionalista e arretrato, non al passo con la globalizzazione.
Lia Cigarini è unavvocata milanese di successo. Ma
soprattutto è una femminista milanese di antichissime origini.
È proprio una femminista della prima ora. Da ragazza stava nel
Pci, o più precisamente nella Fgci (che era lorganizzazione
giovanile del partito), quando il capo della Fgci era Occhetto, e poi
dopo ancora con Petruccioli. Erano gli anni cinquanta e sessanta. Stava
nel partito ai tempi eroici di Alberganti, Cossutta, Rossanda e Tortorella.
Quando si consumò la battaglia dura tra vecchi e nuovi, tra stalinisti
e innovatori. Lia è stata anche segretaria della Fgci milanese.
Intorno al sessantotto, ma anche prima, ha mollato gli ormeggi, si è
allontanata dalla politica tradizionale e ha deciso di dedicare tutta
la sua passione e il suo intelletto al femminismo. Lia Cigarini è
una delle massime esponenti del femminismo della «differenza».
Cosa vuol dire? Schematizzando molto questo sistema di pensiero, vuol
dire questo: non si tratta di porre rivendicazioni di parità e
neanche di chiedere un riequilibrio nel potere politico o nella rappresentanza.
Non interessa la parità nei vari campi della vita pubblica e lavorativa.
Loperazione da compiere è unaltra, semplice e praticamente
rivoluzionaria: mettere al centro di tutto proprio di tutto: della
vita, della politica, della filosofia - il conflitto tra i sessi. La lotta
tra femmine e maschi (tra femmina e maschio, anche al singolare). Questo
comporta che tutte le altre questioni diventano subordinate al conflitto
di genere (lavoro, economia, rappresentanza, eccetera).
Il conflitto tra i sessi, sostiene la Cigarini, è diverso da tutti
gli altri conflitti perché non è un conflitto distruttivo
ma - si dice in gergo - è un conflitto relazionale. Cioè
un modo per modificare costantemente le «relazioni», quelle
tra le donne, quelle tra donna e uomo e quella tra gli uomini. Conflitto
relazionale vuol dire che non è regolato dai rapporti di forza
(che noi tradizionalmente consideriamo la chiave e il misuratore di ogni
conflitto), ma dalla relazione tra persone. Cè una parentela
probabilmente abbastanza stretta mi sembra - tra questa concezione
del conflitto e il vecchio «sathiagraha» inventato da Gandhi,
cioè la battaglia nonviolenta che alla fine portò alla liberazione
dellIndia dagli inglesi.
Lia Cigarini dice che la politica della sinistra della miglior
sinistra - è quella che tutela innanzitutto gli interessi dei lavoratori
subordinati, e che però sa accogliere le istanze culturali e politiche
più recenti, come quelle femministe o quelle degli «altromondisti»,
cioè dei no-global. Alle femministe della differenza questo non
va ancora bene. Non perché non siano interessate ai diritti dei
lavoratori subordinati, ma perché non credono che possano essere
il punto di partenza. Qual è il punto di partenza, la contraddizione
principale (come si diceva una volta)? Non è quella tra capitale
e lavoro ma è quella tra maschio e femmina. E si risolve non con
lo scontro di potere ma col conflitto relazionale. Alle donne non interessa
né prendere il potere, né fare nuove leggi, né imporre
obblighi o divieti. E questo cambia completamente la natura stessa della
politica (per esempio cancella Machiavelli). Non interessa per due ragioni.
La prima è che leggi, e divieti, e potere sono lontanissimi dalla
propria concezione della vita, dei rapporti umani e dal proprio immaginario.
La seconda ragione è che li ritengono inutili. In Russia e in Cina,
negli anni passati cerano leggi quasi perfette a regolare i diritti
delle donne: ma i diritti delle donne non erano rispettati e non lo sono
neanche oggi. Perché? Non serve a niente cambiare le leggi, serve
cambiare le teste. E per fare questo non basta o non è utile lorganizzazione
- vecchio strumento essenziale della politica maschile - ma cè
bisogno della relazione, che è un modo di fare politica molto più
complicato e molto più completo, che supera le vecchie idee di
democrazia e di rappresentanza.
Il difetto della sinistra dice la Cigarini - è di considerare
la presenza delle donne nella società come una questione sociale.
La sinistra equipara i problemi e la sensibilità delle donne a
quelli di una certa categoria sociale - una qualsiasi - colpita da determinate
ingiustizie. In questo modo le donne vengono ridotte da «presenza
viva e parlante» in problema, in oggetto, in tema di un discorso
neutro-maschile. Perché avviene questo? Perché il maschio
sa fare politica solo riducendo ad uno le varie questioni. Le sa affrontare
solo così: semplificandole. Le donne invece sono «irriducibili
ad uno», e questo disturba, perché rompe la completezza del
proprio pensiero e della propria politica. Le donne sono asimmetriche.
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