Libreria delle donne di Milano

L'Unità lunedì 10 giugno 2002

Preti disobbedienti: "Nascondiamo i clandestini"
di Mariagrazia Gerina

ROMA Primo, accogliere. Di fronte a una "legge dello Stato ingiusta", i cattolici tornano alla "legge di Dio". Contro la Bossi-Fini hanno manifestato, lanciato appelli, gridato il loro no, insieme-agli immigrati, alle associazioni cattoliche e laiche, ai sindacati. Ora, i preti e i vescovi di frontiera guardano con preoccupazione al giorno in cui la "legge delle impronte" entrerà in vigore, si preparano ad affrontarla sul campo e dicono di essere pronti anche alla "disobbedienza civile" pur di difendere il valore dell'accoglienza. "E' come nel '43-'44, quando qualcuno bussava al convento, i frati lo nascondevano", comincia a spiegare don Vinicio Albanesi: "Quando le leggi sono feroci, il debole non può rivolgersi alla legge ma è costretto a rivolgersi al coraggio di pochi". E tra "i pochi coraggiosi" che pochi non sono affatto è già cominciato il tam tam. "Siamo in tanti a pensarla così", dice don Vinicio, che è responsabile del Coordinamento nazionale delle comunità d'accoglienza: "Arriveremo anche a nascondere qualcuno, se saremo costretti - rilancia -. Oppure cercheremo nelle pieghe della legge qualche marchingegno per salvare chi non è in regola". Ma certo è che: "Non si può sottoscrivere una legge coloniale che dice: primo, vieni solo se hai lavoro; secondo, ti devi arrangiare perché non ti diamo nulla oltre al lavoro, terzo, non ti devi far licenziare se no ti rispedisco da dove viene. Questa è una legge che trasforma lo straniero in nemico, che indica la strada dello sfruttamento oltre che dell'umiliazione. Noi continueremo a scegliere l'accoglienza". L'indignazione di don Vinicio, di fronte alla legge che la Camera ha già approvato è sorretta dal Vangelo - "e non capisco come dei cristiani possano averla approvata", aggiunge. E da una filosofia molto concreta: "Se si presenta da me un ragazzo sbarcato a Bari da un gommone, io lo proteggo. Certo, non gli procuro un passaporto falso, però lo aiuto a vivere come può, da clandestino e gli indico anche come non farsi prendere".

Altri sacerdoti in prima linea" preferiscono usare formule più prudenti. C'è chi concede ancora qualche margine alla speranza e si augura che il parlamento non licenzi questa legge senza introdurre qualche miglioramento. Ma la "disobbedienza civile" alla Bossi-Fini all'interno del mondo cattolico non è certo un taboo. "Questa legge è un massacro per il mondo dell'immigrazione", dice con pena il vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro. "Spero solo che sia una legge all'italiana e che non venga messa in esecuzione, altrimenti assisteremo al massacro... E allora si, dico che bisogna cominciare a parlare dì disobbedienza civile, mettersi a fianco degli immigrati e difendere la loro presenza come abbiamo sempre fatto". I modi, le forme si troveranno. "I cattolici potrebbero autodenunciarsi", ipotizza monsignor Nogaro, che a Caserta è il fulcro di una rete che mette insieme il volontariato cattolico, un'associazione laica come "Nero e non solo" e i giovani dei centri sociali - "i più determinati", commenta monsignore. E aggiunge: "A Caserta la disobbedienza civile l'abbiamo già praticata. I gruppi del volontariato cattolico e laico sono disposti a qualsiasi tipo di resistenza".

Il tam tam sta facendo il giro della penisola. Il giudizio sulla Bossi-Fini è stato unanime nella Chiesa, duro anche da parte dei vescovi. E i sacerdoti che quotidianamente operano con gli immigrati sì preparano a trarre le conseguenze. Gli immigrati sono i nostri vicini di casa, lavorano nelle nostre città, sono un milione e mezzo di persone che invocano "integrazione" e questa legge invece ne respinge molti nella clandestinità", dice senza mezze parole don Maurizio Tarantino, della Caritas di Otranto, che opera presso il centro d'accoglienza "Don Tonino Bello". "Noi non siamo affatto favorevoli alla clandestinità perché è un male prima di tutto per l'immigrato, ma l'accoglienza non può essere offerta in base ai certificati, questo è molto chiaro Primo, dunque, accogliere. Secondo, nascondere? "No, ma certo trovare degli escamotage perché le persone che si rivolgono a noi possano continuare a vivere in Italia", Disobbedienza civile e legalità non sono in contraddizione, come spiega don Ciotti, fondatore del "Gruppo Abele" e presidente di "Libera, associazioni contro la mafia", che definisce addirittura "doveroso" Obiettare: "Proprio perché da sempre crediamo alla legalità - spiega don Ciotti - in presenza della legge sull'immigrazione riteniamo doveroso esercitare obiezione di coscienza per costruire quel clima di accoglienza e di rispetto delle persone, unica garanzia perché possa prodursi sicurezza sociale per tutti". La regola della disobbedienza don Ciotti la spiega così: "Accogliere gli immigrati e indicargli percorsi di legalità, è questo il nostro dovere". Con la legge Bossi-Fini non sarà facile ma "i pochi coraggiosi" sono già all'opera e non si scoraggiano.