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L'Unità
- 10 novembre 2010
Intervista a Michela Murgia
Sadra Petrignani
Michela Murgia
arriva sventolando un romanzo, mi dice che devo leggerlo, che ha sfidato
il mal di mare in macchina per finirlo prima di arrivare da me e potermelo
passare. Guardo terrificata la pila di libri che aspetta da mesi una lettura,
ma so che non potrò tirarmi indietro. Michela è affettuosa,
determinata, contagiosa. (Appena mi lascerà, effettivamente, mi
metterò a leggere il libro che mi ha portato. Sintitola Mia
figlia follia di Savina Dolores Massa, edito dal Maestrale. E bellissimo).
Sempre la Sardegna e gli scrittori sardi come lei! Non cè
volta che non mi nomini Marcello Fois, per esempio, rimproverandomi di
non averlo ancora letto. Stavolta mi parla anche di Sergio Atzeni, mi
dice che si è convinta al separatismo (sardo) dopo aver letto Passavamo
sulla terra leggeri. Che romanzo, quello lho letto! Un libro che
conteneva la fine incredibile del suo autore.
Michela Murgia, unoutsider, una forza della natura che si è
imprevedibilmente aggiudicata il premio Campiello di questanno,
ha inaugurato qualche giorno fa «Gli incontri di Amelia»,
in Umbria, che mi sono presa il carico di organizzare col Forum delle
Donne cittadino. Ha affascinato tutti, e quello che segue è una
sintesi dellintervista in pubblico che le ho fatto per loccasione.
«Nel mondo in frantumi dei miei ventanni, non sapevo cosa
fosse la vocazione a essere me» hai scritto in un racconto, Altre
madri. Ora ne hai 38, lhai capita questa vocazione?
«Forse no, non lho ancora capita, ma almeno non aspetto che
sia qualcun altro a dirmelo. Alle donne succede spesso di crescere nella
prospettiva non di un perché, ma di un per chi, cioè in
modo funzionale a qualcosa o qualcuno. Per molto tempo anchio ho
pensato a me stessa in questi termini, poi, diciamo sui trentanni,
ho capito che la relazione numero uno dovevo stabilirla con me stessa,
e ho spostato la vocazione dal fuori allinterno cercando una voce
che dicesse il mio nome tutto intero».
E ha coinciso con la scrittura questo approdo?
«Scrivo solo da quattro anni. Direi una bugia se sostenessi che
scrivere era nei miei programmi. Mi sono diplomata come perito industriale
(non esiste più questa scuola, il mio è un titolo di studio
vintage) e ho fatto una ventina di lavori, dal venditore di multiproprietà
allinsegnante di religione (ho studiato teologia), dalla segretaria
dazienda al portiere di notte
Nella mia scrittura hanno creduto
più gli altri di me. Avevo un blog in cui sputtanavo la ditta per
cui lavoravo in un call-center, e lIsbn mi ha chiesto di farne un
libro. E cominciata così».
Nessun romanzo nel cassetto..
«Assolutamente nessuno».
Parlami della tua conversione, che tipo di rapporto hai con la religione,
perché hai studiato teologia?
«Ho sempre avuto un rapporto con, come chiamarlo, lassoluto.
Ma prima era di tipo individuale. Poi ho capito che esiste un modo non
solitario di porsi le domande, non di ottenere risposte però. E
allora ho approfondito. Ma le risposte non fanno parte del mio percorso
spirituale. Ho domande così vive che quasi mi dispiacerebbe che
una risposta me le ammazzasse
»
E un risultato dei tuoi studi è il prossimo libro, che uscirà
in aprile, Ave Mary? E un saggio?
«Sì, è un saggio nato da un suggerimento del Coordinamento
Donne Teologhe Italiane con cui collaboro da qualche tempo. E una
riflessione su immagini popolari, in un linguaggio altrettanto popolare,
non accademico, sul peso che ha ancora oggi leducazione cattolica
sul modo in cui le donne si vivono e vengono vissute. Fra le cose che
ci ossessionano cè lincubo di invecchiare. Siamo ossessionate
dal non dover dimostrare gli anni che abbiamo e pensiamo che questo atteggiamento
ci venga dalla società dellimmagine, dallindustria
cosmetica, dalla televisione. Ma la prima società dellimmagine
è il cattolicesimo. Maria è stata per secoli il modello
femminile. Prendi la Pietà di Michelangelo. Vedi un uomo morto
che ha più di 30 anni in braccio a una madre bambina, che dovrebbe
averne almeno 50! Non esiste una raffigurazione della Madonna vecchia.
So perfettamente che la sua è una giovinezza teologica,
nel senso che è ferma al momento dellAnnunciazione. Quellevento
lha resa eterna, non ha peccato originale e questo non la fa avvizzire.
Però lidea di mettere in relazione peccato e avvizzimento
è una bomba sul piano dellimmaginario per le conseguenze
che comporta. In genere simili riflessioni le fa la sinistra, ma la sinistra
non ha preparazione telogica né formazione cattolica (semmai la
sinistra si ritiene emancipata da tutto questo). Credo che spetti a una
persona credente, critica ma non anticlericale, farlo. E spero che Ave
Mary sia utile soprattutto a donne credenti per trovare modelli spirituali
vivibili».
Ti mette in contraddizione, qualche volta, la vocazione religiosa con
limpegno politico, con il tuo essere pugnace e anche un po
feroce verso la controparte? Penso, per esempio, alla tua pungente attività
di editorialista per le Invasioni barbariche. Hai un minuto
e mezzo a puntata, la rubrica Barbara mente, in cui hai già
massacrato il giovane sindaco di Firenze, del Pd, Matteo Renzi, come Ignazio
La Russa. Da che parte stai?
«Non mi riconosco nel Pd, certo non in Renzi, semmai si può
parlare di Vendola. Sto dalla parte della forza di un ragionamento. Oggi
sta passando lidea che il dissenso sia un disvalore. Io vorrei un
mondo pieno di dissenzienti! Gente che, quando qualcosa non le piace,
lo dice, anche se non le conviene. Lo scopo della mia vita non è
danneggiare Berlusconi, ma arrivare a parlare con le persone che lo legittimano
e convincerle con ragionamenti più forti dei loro. Insomma, io
penso alla politica come amicizia civica e questo non è
in contraddizione con lessere cristiani. Le nostre relazioni sono
lunico welfare su cui possiamo contare senza problemi di budget.
Accettare di stare in relazione anche con persone che detesto, fare noi
anche con gli stronzi, è questa la scommessa politica non in contraddizione
col mio cristianesimo: quanto amore sono disposta a strapparmi dal cuore
per darlo a qualcuno che non lo merita? E questo che mi trafigge:
la lotta più difficile che mi possa capitare, perché sono
profondamente egoista, snob, e ho uno sguardo giudicante sul mondo».
E La Russa?
«La Russa aveva chiamato tutto il tempo Concita De Gregorio Concitina
per metterla in una posizione dinferiorità. Io allora lho
chiamato tutto il tempo Ignazietto
»
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