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L'unità - 14 gennaio 2010
Sibilla Aleramo «Le nuove donne costruiranno il mondo nuovo»
di Sibilla Aleramo.
SGiovani amiche, intellettuali, oppur casalinghe,
o anche operaie (e perfino contadine come la brava emiliana N.N. che si
fermò mesi fa a Roma per conoscermi di persona, qualche ora, reduce
da Napoli con una medaglia vinta ad un concorso ove aveva recitato una
mia poesia) molte giovani amiche, dicevo, mi chiedono spesso: «Tu,
che ci hai tanto preceduto, tu che nel tuo romanzo Una donna, son cinquantanni,
vero? hai alzato il primo grido per la nostra indipendenza e per la nostra
dignità, in pagine che ci sembrano scritte oggi, tu, che ne pensi
di noi? E io... nessun compenso nella mia lunga vita mè giunto
mai più alto e commovente. SIAMO IN TANTE Donne di oggi. Diverse
da quelle della mia giovinezza? Certo sì, dalle intellettuali e
dalle borghesi dallora, italiane che mi furono in gran parte ostili
o finsero dignorarmi e nebbi profonda malinconia. Le altre,
le massaie, le operaie, le agricole non immaginavano neppure di poter
organizzarsi, di poter difendersi. Esisteva qualche grande semplare maggiore
a me anche detà, che mi sostenne e che non ho mai dimenticato,
Alessandrina Ravizza sopra ogni altra che fu la fondatrice dellUniversità
Popolare amata come una mamma, e il suo ritratto è qua sul mio
tavolo, Anna Kuliscioff, Linga Malnasi, fra le artiste la D. e, la Serao,
la Deledda. Ma ecco, la differenza doggi è soprattutto questa,
che le donne che lavorano non si sentono più sole, sanno di esser
tante e dessere una forza. E non soltanto le cosiddette lavoratrici
del braccio, ma anche quelle del mondo culturale, anche se non tutte lo
dichiarano. Deputate, giornaliste, medichesse, avvocatesse, pittrici,
maestre elementari, libere docenti di tendenze sociali diverse, persone
fra loro avversarie, eppure, eppure hanno quasi tutte, ben nitido o nel
subcosciente, il senso di appartenere ad una esercito nuovissimo, insignite
di una nobiltà che le antenate mai supposero. Una nobiltà
collettiva, ecco, e che nello stesso tempo distingue quellesercito
da quello maschile, inconfondibilmente. Queste donne manifestano il loro
valore, la loro spiritualità in quanto donne, in modo che non era
mai stato possibile sinché la specie femminea veniva considerata
solo per i suoi attributi - e i suoi meriti - di moglie di madre, in nulla
partecipe, in nulla responsabile, di quel che il mondo virile creava.
Le donne, oggi concorrono nella creazione del mondo nuovo, della nuova
società: e vi concorrono con le loro qualità intrinseche,
mai manifestate se non nel leggendario matriarcato, chi sa? Quando io,
alcuni anni dopo la pubblicazione di Una donna, scrissi e pubblicai in
un giornale letterario alcune pagine intitolate Apologia dello spirito
femminile (poi raccolte nel volume Andando e stando e più di recente
in Gioie doccasione) pochi in Italia le rilevarono: vi su solo un
critico americano, a me ignoto, ad affermarne loriginalità
e limportanza. In verità - e le mie giovani amiche doggi
sono certa non mi accuseranno di vanità per questo richiamo - originali
e importanti erano, quelle paginette, e il critico doltre Oceano
diceva nientemeno che le sorelle di tutto il mondo dovevano essermene
grate. Perché io affermavo nientemeno che la donna non sera
ancor mai rivelata nella sua vera intima essenza, diversa fondamentalmente
da quella maschile (parlavo delle scrittrici ma il discorso poteva avere
una estensione più vasta). Ebbene, la sorte mha dato di vivere
tanto da vedere profilarsi lavvento di quella mia remota trepida
intuizione. Due tremende guerre si sono succedute da allora. Una nuova
formidabile forma di vita sociale sè instaurata nella metà
quasi del nostro globo, ed anche dove ancora non sè attuata
i sistemi desistenza stanno ovunque mutando, e ovunque, ovunque,
la donna più ancor delluomo sta modificandosi nella sua più
profonda essenza, non è forse vero, giovani amiche mie, giovani
compagne? Nella sua più profonda, più segreta essenza la
donna va rivelandosi a se stessa, ora che il campo della sua attività
ogni di meravigliosamente sestende. Quanto più ella si sente
partecipe e necessaria nel grande lavoro di costruzione della nuova umanità,
tanto più il suo spirito coglie le differenze con lo spirito maschile,
le avverte duguale valore, ma direbbe, più fresche, più
pure, sì, e ne prova un tacito stupore, che da al suo sorriso una
grazia quasi infantile. Un sorriso che credo sia avvertito dagli uomini
e li sproni ad essere degni per la maggior gloria del tempo che sopraggiunge.
Da «lUnità» - 29 luglio 1959
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