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L'unità - 16 settembre 2010
L'etica? Una cosa da donne Nasce in casa il pensiero morale
di Francesca Rigotti
Vent'anni
fa Sara Ruddick, nel volume Maternal Thinking, del 1989, presentò
un'analisi del pensiero materno, incentrato su attenzione e cura. Ma è
essenziale condividere personalmente l'esperienza della maternità
per poter pensare come madri? No. Determinante è esercitare un
tipo di pensiero (materno appunto), in cui le caratteristiche di attenzione
e amore, vincolo, legame e vicinanza diventino simbolo di conoscenza.
Ruddick propone addirittura un modo "eccentrico" per identificare
le madri. In breve, madre è una persona che si prende la responsabilità
della o delle vite di bambini, e per la quale provvedere ai bambini rappresenta
una parte importante nella vita lavorativa: potenzialmente, il lavoro
di madre è aperto a tutte e a tutti. Riprendendo e portando avanti
le tematiche di Ruddick, Janeth McCracken è arrivata a chiedersi
se sia possibile meditare sulla filosofia cullando il neonato e cambiandogli
i pannolini. O perfino, mirabile auditu, far filosofia perché si
cambiano i pannolini al bambino. Come mai un'attività così
particolare e così odorosa dovrebbe suscitare riflessioni intorno
al vero, al bello e al buono? Perché la coscienza morale e il giudizio
estetico nascono nel mondo domestico, risponde la studiosa americana di
etica. Seguiamola nel suo ragionamento, che parte dal Genesi, dal momento
in cui Adamo ed Eva, avendo mangiato il frutto dell'albero della conoscenza
del bene e del male, acquisirono consapevolezza morale: "Si aprirono
allora gli occhi di ambedue e conobbero che erano nudi". LA CREAZIONE
La prima cosa che fecero dunque, fu di correre a cucire delle foglie di
fico per farsene delle cinture. Poi Dio stesso "fece all'uomo e a
sua moglie delle tuniche di pelli e li vestì". Perché
tanta enfasi sull'abbigliamento? Perché gli autori delle Scritture
insistettero ripetutamente sul motivo per cui la moralità ha a
che fare col fatto che coltiviamo, alleviamo e cuciniamo il cibo, che
costruiamo, arrediamo e abbelliamo le abitazioni nelle quali viviamo?
È chiaro che la vita umana è legata al cucinare e mangiare
cibi, confezionare abiti e indossarli, arredare e decorare abitazioni,
e lo dimostra anche solo l'ammontare di tempo che spendiamo nel decidere
che cosa indossare la mattina, che cosa preparare per cena, se cambiare
il divano... Il modo nel quale si soddisfano i bisogni alimentari di sopravvivenza
(come si mangia, come ci si veste e si arreda la casa) è fondamentale
- continua McCracken - per la formazione del carattere morale di ciascuno.
Oggi malauguratamente la maggior parte delle persone, compresi i filosofi
morali, non crede che la moralità privata o l'etica politica abbiano
a che fare con questo tipo di attività. E invece la capacità
di collegare giudizio morale e giudizio estetico su piccole cose vicine
alla casa (little things close to home ) sviluppa il ragionamento morale
proprio come la pratica di far le scale al pianoforte potenzia l'abilità
del concertista. Il giudizio domestico che sta alla base del ragionamento
morale fu completamente trascurato sia dai filosofi sia dalla cultura
popolare per due motivi: il primo riguarda un po' tutta la storia della
filosofia morale e consiste nel fatto che queste forme di sapere sono,
per storia e ideologia, prevalentemente femminili, ergo minori e trascurabili.
Il secondo motivo si applica invece alla fase contemporanea della filosofia,
nella quale i filosofi morali non sono in grado di cogliere il ruolo dell'estetica
e dell'etica domestica a causa delle circostanze storiche materiali nelle
quali oggi ci troviamo, in particolare a causa dell'abbondanza e della
facile accessibilità di merce di scarsa qualità e nessuna
bellezza (...). Insomma la paccottiglia di cui parlava Ricoeur in una
pionieristica e durissima critica all'estetica della globalizzazione:
dappertutto, in tutto il mondo, gli stessi brutti film, gli stessi orrori
di plastica e di alluminio, la stessa torsione del linguaggio tramite
la propaganda e la pubblicità tipici di una civilisation de pacottille.
Addirittura, continua Janet McCraken, il particolare stile di pensiero
disordinato e moralmente degenerato che esperiamo oggi è attribuibile
al numero crescente, e al parallelo decrescente significato, di cibi,
abiti e prodotti domestici di bassa qualità brutti e deteriorabili.
Quali che siano i motivi per i quali il giudizio domestico alla base del
ragionamento morale venne trascurato, occorre far presente a detrattori
e negatori del fenomeno, o semplicemente a chi non ha occhi per notarlo,
che gli oggetti coi quali da più tempo e più frequentemente
abbiamo a che fare sono quelli che si trovano in casa, e che questi stessi
oggetti sono i nostri più diretti maestri intorno al bene, al bello
e al vero. Dentro il nido Le piccole cose che viviamo e facciamo in casa,
così importanti per le formulazioni cognitive, morali ed estetiche,
non trovano posto nelle pagine dei libri di filosofia né in quelle
delle riviste di etica (preferibilmente "pubblica"). Si diceva
trattarsi di competenze divenute, per storia e ideologia, non per natura,
prevalentemente femminili. Ora, è noto che ci sono distinzioni
e ruoli domestici che consideriamo primordiali e che invece sono recenti
(come recenti sono miti e riti che consideriamo ancestrali come Babbo
Natale o il gonnellino degli scozzesi). Le origini della domesticità
modernamente intesa (privacy, famiglia, comfort) si trovano solo nell'Olanda
del Seicento, in epoca quindi relativamente recente, l'immagine della
donna casalinga dedita a gestire l'organizzazione della vita domestica
privata venne codificata cent'anni dopo da Jean-Jacques Rousseau (...).
Il colore della pelle dei bambini, la qualità dei capelli, il tono
della loro voce vanno esaminati per capire se stanno bene. L'aspetto e
l'odore degli escrementi dei neonati - ecco l'esempio che ci vuole per
Simone de Beauvoir - devono essere, per la stessa ragione, minuziosamente
scrutati. Queste sono valutazioni intime che richiedono un giudizio accurato,
pronto a trasferirsi dal piano estetico domestico a quello morale pubblico.
Ecco perché io penso, con Janet McCraken, che l'esperienza domestica
della assistenza alle persone e alle cose, in primis dei bambini, sia
in grado di stimolare la riflessione, anche filosofica.
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