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da
l'Unità, 23 aprile 2003
La verità
delle donne
di Beppe Sebaste
Nel 1987
usciva un libro scritto da un gruppo di filosofe detto Diotima, dal titolo
Il pensiero della differenza sessuale. Contestava alla cultura
occidentale di "non avere elaborato in sapere il fatto della sessuazione
della specie umana", e quindi non aver reso conto del fatto che "la
differenza sessuale affetta il soggetto stesso dei discorsi e delle conoscenze,
così come lo affettano altre sue elementari determinazioni, quali
la collocazione spazio-temporale o l'essere individualmente mortale".
Per celebrare la ripubblicazione dello storico quaderno ho incontrato
Luisa Muraro, una delle fondatrici e principali animatrici della comunità
Diotima sorta presso l'Universìtà di Verona. Siamo a Milano,
zona Ticinese, in una linda e luminosa cucina che si affaccia su uno studio
stipato di libri, e mi trovo benissimo. Anche per questo esito a comprendere
dove sia la difficoltà della comunicazione e del dialogo qui e
ora, tra un uomo e una donna. " Solo la divisione (in due) permette
un sapere, permette che ci sia conoscenza - mi dice Luisa Muraro-. La
totalità non può essere conosciuta, come mostrava anche
lo studio sull'Autopoiesi di Maturana e Varela. Un'antropologa, Francoise
Heritier, si è basata sull'arte arcaica per studiare l'asimettria
dei sessi, maschile e femminile, che nascono entrambi dalle donne. L'asimmetria
è più importante del due, e la incontro con ricorrente difficoltà
nei rapporti tra i sessi. La tendenza umana, intellettuale, è di
correggerla, ma è importante che rimanga sempre in gioco. Tra donne
sentiamo che il lavoro dato dalla asimmetria dobbiamo farlo sempre noi,
che cioè tocchi a noi fare posto e luogo all'altro, agli uomini....
L'esperienza della separazione della donna dalla società degli
uomini è stata un rimedio estremo a un male estremo - l'insoddisfazione
per un'umanità parziale. Ora cerco, cerchiamo, la strada per uscire
da un risentimento che viene dalla ferita dell'altro, a cui si è
fatto posto, verso il quale c'è stato uno sporgersi e un esporsi
... ".
Dico a Luisa Muraro, di cui ho apprezzato (molto imparando) i libri, che
parlando con lei faccio esperienza non solo dell'asimmetria, ma di un
modo di ragionare e guardare alle cose che attua e pratica in ogni passaggio
quello che, da intellettuale di sesso maschile, spesso mi accontento di
enunciare. Per fare un esempio, non si tratta di dire che l'emotività
è importante, che i sentimenti hanno pari dignità delle
cognizioni: si tratta di tradurlo nel processo del pensiero e della valorizzazione
di ciò che si dice - cioè che si fa. "Dire è
fare" non è solo un enunciato della linguistica pragmatica
(Austin): è l'esperienza comune delle filosofe, allieve e maestre,
del gruppo Diotima. Mi accorgo che la mia adesione concettuale a ciò
che Luisa e le altre enunciano è spesso moralistica, contenutistica.
La conversazione si fa riflessione sul linguaggio, sul dire la verità
dell'esperienza senza censura, senza soprattutto autocensura. E' il "partire
da sé" delle loro avventure filosofiche - che è in
realtà alla portata di ognuno, donne e uomo. Per dirla tutta, siamo
agli antipodi del linguaggio armato, concettuale, senz'aria né
corpo, che si respira nelle pagine di certi filosofi di grido. Allo stesso
modo, ne Il Dio delle donne, che chiama la mistica femminile "teologia
in lingua materna", che rende parole ed esperienze specialistiche
"preziose e comuni come il pane sulla tavola", c'è una
formula molto bella: non si tratta di dare una spiegazione alla fiaba,
quanto piuttosto di dare una fiaba alla spiegazione...
"La filosofia di Diotima - dice Luisa Muraro - nasce da un'esperienza
di femminismo come pensiero della differenza, diverso da quello che si
presentava come pensiero dell'uguaglianza. E' un altro livello, che rende
dicibile l'esperienza femminile che nella griglia interpretativa della
cultura ereditata resta censurata. Parlavo del mio libro Il Dio delle
donne con la filosofa Roberta De Monticelli (autrice, tra l'altro,
del recente L'ordine del cuore. Etica e teoria dei sentire, Garzanti).
Donne è un nome dell'umanità, un universale che iscrive
una parzialità, una differenza. Chiamare l'umanità "le
donne" è una scommessa non facile per aprire la strada al
significarsi libero dell'esperienza femminile, e che come altre locuzioni
- "la verità delle donne" - è fuori dal filosofare
tradizionale. Eppure è una locuzione autonoma, non è in
spregio di nulla, neppure contro l'autorità dei filosofi. Dalla
cittadella della dicibilità del vero - che è la filosofia
- si tratta di rendere dicibile qualcosa che restava sempre fuori. Che
nome dargli? Per esempio, "la verità delle donne". Verità
contestuale, relativa, contingente. Verità che nasce e che tramonta".
Alle mie obiezioni sulla tradizione della filosofia, a cui un certo pensiero
decostruttivo obietta appunto la "fissazione", nel duplice senso,
della "verità"; e ad altri miei rilievi sull'uso delle
parole "sapere" e "conoscenza", quando la svolta etica
del pensiero (Lévinas) ha proposto una rivoluzione del filosofare
che passi per un "altrimenti-che-sapere", una disponibilità
all'altro anteriore a ogni conoscenza, Luisa Muraro risponde così.
"Sapio, da cui sapiente, sapere, è parola che per la sua radice,
connivente a sapore, comprende corpo e mente. Il problema che avete voi
uomini, eredi della tradizione filosofica da cui volete districarvi, noi
non lo abbiamo. Noi ci poniamo il problema di rendere dicibile la "verità
delle donne". Questo spiega come le nostre critiche possano apparire
generose nei confronti della filosofia, nelle nostre affermazioni. Ne
Il profumo della maestra (uno dei quaderni di Diotima, 1999) si
parla di saperi specificamente femminili, di un avvaloramento della conoscenza
e dei saperi femminili. Per esempio, ciò che George Steiner attribuisce
con enfasi maschile agli artisti, il potere della "creazione",
è ciò che può venire comunemente praticato. Noi abbiamo
la relativa leggerezza, rispetto a voi uomini - cioè una libertà,
nella lingua, nelle parole e nelle idee - data dall'assenza dalla storia.
Come Diotima, il personaggio del Simposio di Platone che resta sulla soglia
della filosofia, la cui modalità di assenza è particolarmente
interessante, e che forse non è mai esistita. Questo "forse",
questo dubbio sull'esistenza, è per noi significativo del rapporto
con la filosofia. Siamo differenti, e questa differenza che incarniamo
rispetto alla filosofia non è stata mai smussata. Non è
stata, e non è, un'esperienza facile".
Rivolgo a Luisa Muraro una domanda sulle identità. Non cerco di
fare entrare dalla porta di servizio quella "tentazione del neutro"
di cui ha scritto, tra le altre, Wanda Tommasi su questo primo libro di
Diotima. Al limite, la mia idea di neutro è quella grammaticale
(come in tedesco: il bambino, das kind). Penso alle critiche che, quasi
contemporaneamente al femminismo, poneva Roland Barthes alla lingua e
alle sue obbligazioni di genere. Non è riduttivo, oggi, parlare
di due sessi?
"I sessi sono due. Ma c'è altro. E questo altro non è
neutro, e non è il neutro. Meglio chiamarlo Dio. Il passaggio all'altro,
lo schiodamento dall'identità di genere non avviene senza accettazione
della differenza sessuale, piuttosto grazie ad essa. Non si tratta di
avallare le identità di genere che la cultura e la civiltà
propongono e impongono a donne e uomini. Molte "trasgressioni"
(che sono tali secondo la norma) sono altrettante rivolte contro le identità
di genere, sforzi per dare una sesualità libera alle differenze.
Sforzi che costano tantissimo a chi li compie. Storicamente alcune e alcuni
sono riusciti a dare un senso lieto, vincente nei confronti della società
patriarcale, alle loro differenze. Nel tardo medioevo c'è una forte
generazione di un senso libero della differenza sessuale. Così
anche nel fenomeno delle "preziose", che attingono al pensiero
di Montaigne, studiato da Benedetta Craveri nel suo La civiltà
della conversazione, di cui si parla anche nel capitolo "La fragilità
degli inizi" de Il dio delle donne".
Parliamo di questo quaderno di Diotima del 1987. La storia del gruppo
(cui parteciparono, tra le altre, Adriana Cavarero, Cristiana Fischer,
e a cui continuano a far parte Anna Maria Piussi, Chiara Zamboni, Anna
Rosa Buttarelli etc.) è scritta nelle ultime pagine in modo francamente
divertente. Da allora ne sono usciti altri sei (l'ultimo, Approfittare
dell'assenza, recensito su queste pagine l'ottobre scorso).
"Questo primo quaderno di Diotima è il libro inaugurale del
pensiero della differenza sessuale. Proprio sull'Unità, nel 1986
Luisa Cavaliere mi intervistò su Diotima, e alla domanda su come
chiamarlo, invece che filosofia femminista, dissi "pensiero della
differenza sessuale". L'Italia è il paese dove si è
sviluppato un femminismo politicamente molto intelligente. Basta notare
la qualità delle manifestazioni pacifiste in Italia rispetto ad
altri Paesi, dove ci sono state violenze. Questa differenza è dovuta
alla presenza dei cattolici, ma anche all'eredità e alla presenza
del movimento femminile con le sue connotazioni: la non contrapposizione,
l'efficacia della politica del simbolico, non ipermaschile né rudimentale;
il far posto all'altro, il partire da sé come modificazione del
reale a partire dalla modificazione di un rapporto con te e con il reale;
infine il fatto che quello che dici lo devi essere, lo cominci a essere,
lo devi costruire-dentro, per come riesci. Diotima ha contribuito a tutto
questo. Abbiamo cercato di non istituzionalizzarci, ma di restare una
presenza affidabile, in ascolto del mondo delle donne".
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