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l'Unità
- 24 settembre 2004
Allarme:
la "pillola dell'obbedienza" torna in farmacia
Marina Piccone
Tra pochi giorni, il Ritalin, un farmaco a base di metilfenidato, un'anfetamina,
sarà di nuovo in commercio su decreto del Ministero della Salute.
Servirà a curare il cosiddetto "Disturbo da deficit dell'attenzione
con iperattività" (Adhd: Attention Deficit Hyperactivity Disorder),
una sindrome che colpisce bambini in età scolare e prescolare,
caratterizzata da irrequietezza, difficoltà di concentrazione,
sbadataggine, impulsività, svogliatezza, poca disponibilità
all'ascolto. Il metilfenidato, il principio attivo del Ritalin, è
stato scoperto da un ricercatore italiano nel 1955. Brevettato dalla Novartis
Pharma, una multinazionale svizzera, il Ritalin veniva utilizzato per
pazienti psichiatrici depressi e nei casi di epilessia. Nel 1989 è
stato messo fuori commercio, perché utilizzato come dimagrante
e come psicostimolante da studenti. Fino al marzo dello scorso anno, compariva
nella sottotabella I della Tabella n. 7 della Farmacopea, insieme alla
cocaina, agli oppiacei, all'eroina e all'Lsd. Da quella data, è
passato, per decreto ministeriale, nella sottotabella IV, dove sono presenti
le benzodiozepine, gli psicofarmaci per intenderci.
All'interrogazione parlamentare con la quale Tiziana Valpiana di Rifondazione
Comunista chiedeva lumi al ministro Sirchia su questa promozione, il sottosegretario
alla Salute Antonio Guidi ha risposto che mantenere il Ritalin nel posto
originario "avrebbe significato porre un ostacolo all'accesso del
farmaco da parte dei giovani pazienti affetti da Adhd". E per qunto
riguarda i pericolosi effetti che uno stupefacente può avere su
un organismo in età evolutiva, Guidi ha assicurato che il farmaco
si potrà ottenere solo con una ricetta speciale.
In America e in Inghilterra si fa largo uso di questo medicinale da vari
anni. In particolare, negli Stati Uniti dai quattro ai sei milioni di
bambini "iperattivi", dai tre anni di età, vengono trattati
con il Ritalin, che è stato soprannominato la cocaina dei bimbi
o anche "la pillola dell'obbedienza". Tuttavia, solo qualche
giorno fa la Food and Drug Administration, l'ente americano che si occupa
dei farmaci, ha rilasciato un parere allarmante secondo cui i bambini
depressi trattati con farmaci antidepressivi presentano comportamenti
autolesionisti. Anche nella scheda tecnica del Ritalin si legge che "un
uso abusivo può indurre una marcata assuefazione e dipendenza psichica
con vari gradi di comportamento anormale". È così?
"Si tratta di uno psicofarmaco e, come tale, può dare simili
effetti" risponde un medico della Novartis, che preferisce rimanere
anonimo. Nella scheda c'è scritto anche: "Si richiede un'attenta
sorveglianza anche dopo la sospensione del prodotto poiché si possono
rilevare grave depressione e iperattività cronica". In pratica
il farmaco provocherebbe gli stessi effetti che dovrebbe curare. "È
una cosa che avviene per molti farmaci", continua il medico. Quello
che conta, aggiunge, è che il Ritalin "ha un'incredibile efficacia
nella patologia dell'Adhd, come dimostra un'impressionante mole di dati
scientifici".
Ma che dire degli effetti collaterali? La "Guida all'uso dei farmaci
per i bambini", distribuita dal Ministero della Salute, Direzione
generale dei farmaci, parla di: "cambiamenti di pressione sanguigna,
angina pectoris, perdita di peso, psicosi tossica, possibilità
di suicidio durante la fase di astinenza". Non è un po' preoccupante?
"I farmaci fanno male, è una cosa risaputa" chiarisce
Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell'Istituto Superiore
di Sanità. "Anche l'aspirina ha provocato decessi. E, però,
quando le medicine servono, vanno somministrate. Il cervello si ammala
come tutti gli altri organi, e, come negli altri casi, va curato. Il Ritalin
funziona, se somministrato correttamente e al bambino giusto. L'importante
è non abusarne". E, per evitare abusi, il Ministero della
Salute ha istituito il Registro Italiano dell'Adhd, che servirà
a controllare la correttezza delle prescrizioni, che saranno fatte esclusivamente
da Centri d'eccellenza istituiti nelle diverse Regioni, e a valutare gli
effetti.
L'Adhd, dunque. Ma di cosa si tratta esattamente? Per ammissione degli
psichiatri stessi, fino ad oggi non c'è unanimità sulla
diagnosi. "Ci sono molti dubbi che la cosiddetta sindrome dell'Adhd
esista - afferma Enrico Nonnis, neuropsichiatra infantile della Asl Rm
E - Ammesso e non concesso, coinvolge, comunque, un numero di soggetti
molto inferiore a quanto si vuol far credere. È una patologia non
chiara anche perché chi soffre di iperattività presenta
altre categorie diagnostiche sintomatologiche come la depressione, i disturbi
ossessivo-compulsivi, i disturbi dell'apprendimento e del linguaggio,
ansia e disordini dell'umore. Tutti sintomi per i quali il Ritalin non
sarebbe indicato".
Vella bolla di oscurantismo chi mette in dubbio l'esistenza di questa
malattia. "L'Adhd esiste, eccome. Ci sono famiglie distrutte da questo
problema. Certo gli americani usano una griglia un po' troppo larga per
la valutazione, ma da qui a dire che la patologia non esiste ce ne corre".
E quanti sono i bambini malati in Italia? "Non lo sappiamo"
risponde Vella. "Il Registro è nato anche per verificare questo".
Una ricerca di tipo epidemiologico volta ad individuare l'incidenza di
disturbi mentali nei ragazzi dagli 11 ai 14 anni, partita nel novembre
del 2002 e appena conclusa, ha evidenziato che meno del 2 per cento della
popolazione preadolescente soffre di Adhd. "Il problema è
molto meno frequente di quanto si ipotizzasse" ammettono i ricercatori
dell'Istituto di Neuropsichiatria infantile Eugenio Medea di Lecco, uno
dei futuri Centri d'eccellenza, che ha promosso la ricerca autorizzata
dall'Istituto superiore della Sanità e finanziata dal Ministero
della Salute.
E allora? "Attenzione - avverte Nonnis -. Il Ritalin si sta rivelando
un cavallo di Troia. Il neonato Registro Italiano dell'Adhd ha avallato
l'esistenza di questa patologia che deve essere curata necessariamente
con farmaci. Si tratta di un'operazione un po' commerciale e un po' politica.
Si perpetua una cultura e si mantiene un'abitudine che è quella
di ricorrere al farmaco come unica possibilità di cura, una specie
di deus ex-machina. Dal Ministero mi aspetto lo stesso zelo e la stessa
attenzione nel predisporre servizi per l'infanzia e nel creare una cultura
della salute. La risposta ad un bambino iperattivo o comunque ad un bambino
che manifesta un disagio psicologico, non può essere prevalentemente
farmacologica; deve essere soprattutto di tipo sociale, psicoterapeutico,
di collaborazione con la famiglia e con altre istituzioni come la scuola".
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