Libreria delle donne di Milano

"Via Dogana", n. 82, settembre 2007

Francesca Spano che gioia che dolore
di Clara Jourdan

Il 10 giugno scorso ho conosciuto Francesca Spano. Era venuta a Milano insieme a Sabina Baral a una riunione per scegliere e discutere il tema di questo numero di Via Dogana. Questo tipo di incontri, che chiamiamo "redazione allargata", li facciamo di domenica, perché vi possano partecipare donne di altre città. Sono riunioni impegnative, intense, da raccontare - dicono - e qualche accenno emerge negli articoli della rivista. Ma è difficile, forse impossibile dare il senso di quello che succede lì. Una cosa successa il 10 giugno è stata la presenza di Francesca Spano, che ha partecipato in un modo così vivo e speciale che il suo esserci ha dato all'incontro il senso di un avvenimento. Quella domenica sono tornata a casa con la gioia della consapevolezza che questa donna era e sarebbe stata per Via Dogana un dono. È a lei, che adesso non c'è più, che vogliamo dedicare questo numero della rivista.
Francesca aveva già scritto un articolo, importante, per il numero 80 "Questo femminismo non ci basta" (Niente e tutto), e anche una lettera polemica con una scelta della rivista (Via Dogana n. 75, 2005), ma questa volta è venuta di persona a contribuire all'impostazione del numero. "Dal di fuori di Via Dogana ci aspettiamo una battaglia contro il 50e50. La situazione sta diventando pesante. Arriva questo conflitto, che non è solo un conflitto tra donne, perché c'è cooptazione, protezione, tutela maschile, perché c'è sempre un fratello maggiore. A Pinerolo gli uomini si sono messi di mezzo pesantemente, intromettendosi nelle relazioni tra donne". Si riferisce a una vicenda elettorale recente che lei vorrebbe intitolare Storia di un fallimento: "Scavandoci si possono tirare fuori i pericoli, anche interni a chi vuole entrarci, nei luoghi di potere".
Gli interventi si susseguono e lei ascolta, il confronto si fa serrato e a volte aspro e lei ascolta, poi mi chiede un foglio di carta, gliene trovo uno rosa. Finché a un certo punto si alza in piedi e guardando il foglietto dice: "Il numero c'è, solo che è troppo grande, il numero di articoli è infinito". E fa un elenco di possibili articoli a partire da "parole-chiave: irritazione, desiderio di esserci in parlamento, diritto come contenitore del simbolico, scavo nelle esperienze concrete, connessione azienda-politica, 50e50 come rozza invenzione per scardinare le quote (due articoli: uno che dice che scardina e uno che non scardina)..." Un vero e proprio menabò. In risposta ai nostri sguardi sorpresi, aggiunge: "Bè, sono stata molti anni nella redazione di Gioventù Evangelica". Benvenuta nella redazione di Via Dogana! Alla fine della mattinata, dopo che lo scambio si è sviluppato attorno a un intervento a sostegno della proposta dell'Udi "perché forza il sistema", Francesca prende ancora la parola per indicarci che è accaduto qualcosa, e il menabò è da rifare: "Ho respirato una svolta, qui. Non riducete la ricchezza della discussione. Ci vuole un articolo di scavo collettivo, di ascolto di queste cose. Uno scavo, non una presa di posizione. Via Dogana mantenga l'orientamento, pur facendo emergere contraddizioni diverse. Che il numero orienti". La riunione sta finendo, e chiediamo a lei di scrivere questo articolo, sulla discussione e le sue sfumature. Non ha potuto farlo. Pochi giorni dopo, la scoperta della malattia.
Francesca Spano è morta domenica 15 luglio 2007 a mezzogiorno. Era nata a Cagliari il 30 gennaio 1950. Figlia di due grandi comunisti sardi, è stata allattata sui divani del Transatlantico, alla Camera dei deputati (come racconta in Via Dogana 80). Sua madre infatti era Nadia Spano, eletta nel 1946 all'Assemblea Costituente e poi al Parlamento. A Roma Francesca ha studiato e fatto il Sessantotto e tante altre cose, fra cui, sorprendentemente, entrare nella chiesa valdese. Dagli anni settanta viveva a Pinerolo, dove era diventata un'autorità tra le donne e gli uomini della comunità valdese. E anche in tutti gli altri ambiti che frequentava, che erano molti e vari, come ho scoperto al suo funerale: dall'amministrazione comunale alla scuola, dai comunisti agli ebrei, dalla ricerca teologica all'impegno politico, dalla famiglia alle amicizie, aspetti ed episodi della sua straordinaria importanza venivano raccontati da ogni donna e uomo che ha parlato, e con parole che mi riportavano alla mente la Francesca che ho incontrato, così intelligente, vitale e generosa da lasciare una grande ricchezza insieme al dolore. La sua collaborazione con Via Dogana era appena iniziata, purtroppo, ma il suo legame con la politica delle donne si era approfondito nel tempo. Per oltre vent'anni ha fatto parte del gruppo Donne di Pinerolo per la ricerca teologica, che comprende donne del mondo protestante, non credenti, delle comunità di base e cattoliche, e proprio in questi giorni è uscito un libro di cui lei è autrice insieme a Sabina Baral, Ines Pontet, Giovanna Ribet, Toti Rochat, Federica Tourn, Graziella Tron: La Parola e le pratiche: donne protestanti e femminismi (Claudiana, Torino).