| VIA DOGANA
91, dicembre 2009 Il coraggio di Pat 14
marzo '09: il manifesto pubblica a pag. 12 il primo gatto-comunista, nato da un
mio pensiero decostruttivo sul comunismo, pensiero di una donna femminista e umorista. 8
settembre '09: il manifesto pubblica in prima pagina, in grande formato, un gattocomunista
firmato da Vauro, che cita gatto Silvestro e Che Guevara, mangia il canarino e
se ne fa un baffo del gattocom. originario. 9 settembre '09: il manifesto ammette
a pag. 10 l'origine del felino comunista, ma sminuisce l'importanza della maternità
e calpesta la relazione con una collaboratrice, per difendere la relazione con
un collaboratore che ritiene più noto. Se ne fa un altro baffo, esaltando
l'autonomia che contraddistingue quel collaboratore. 3 ottobre '09: di baffo
in baffo e senza farmi un miao, il manifesto lancia il merchandising di magliette
con il gatto rapito, le vende alla manifestazione sulla libertà di stampa
e festeggia la libertà di mercato. Interrompo la rubrica, chiedo una riflessione
politica, apro una trattativa. 30 ottobre '09: il giornale è tutto un
baffo. Dopo un mese di stupite risposte, orecchi da mercante e musi lunghi, il
manifesto mi offre quello che facevo prima, e dichiara che non intende avviare
nessuna riparazione e nessun rilancio della mia presenza. A questo punto mi
sento defraudata della mia opera e decido di chiudere la collaborazione settimanale
con il manifesto, iniziata nel 2006 con le vignette e proseguita nel 2009 con
le strisce "Weronica!". Pat
L'appropriazione
da parte maschile di idee e creazioni femminili è cosa vecchia. In molti
casi lui era il marito e lei la moglie; oppure lui il personaggio più in
vista e lei un'artista o una scienziata del gruppo, o anche una scrittrice poco
nota. Arrivando all'oggi, c'è da notare che in molti paesi questa storia
sta finendo: tanto è vero che i premi Nobel assegnati a donne si moltiplicano.
In Italia no, in Italia continuano a capitare incidenti dovuti a questo vizio
maschile. Un anno fa Vittorio Sgarbi ha riconosciuto la sua appropriazione indebita:
per la prefazione a una pubblicazione sul Botticelli aveva usato un saggio scritto
quarant'anni prima dalla storica dell'arte Mina Bacci. Umberto Galimberti, al
contrario, ha mostrato molta resistenza a scusarsi con la fonte tacitamente saccheggiata,
quando è risultato evidente che per il suo libro L'ospite inquietante aveva
abbondantemente ripreso idee e passi da Il piacere e il male dell'antropologa
Giulia Sissa (Feltrinelli 1999). Altro "incidente" il caso della
vignetta di Pat Carra qui illustrato. Ed è capitato al manifesto! Ci sembra
l'ennesimo sintomo di un male che affligge la sinistra italiana: ha mancato l'appuntamento
con il femminismo. In Italia, in gran parte, gli uomini pubblici, destra o sinistra
non fa differenza, vedono il femminile quando gli torna buono e per tutto il resto
lo ignorano. Questo si chiama maschilismo. E a sfidarlo in Italia ancora oggi
ci vuole coraggio. La redazione
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