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DICEMBRE: Carla Lonzi: differente IL
FEMMINISMO COME TEORIA IN ATTO, CONSAGRA E L'AVANGUARDIA DEGLI ANNI SESSANTA,
UNO STILE AUTOBIOGRAFICO: TORNA, E RILEGGIAMO, UNA DELLE FIGURE PIÙ
VIVE E DEPISTANTI DELLA CULTURA CRITICA ITALIANA
di Maria Luisa Boccia Nel
giugno 1981 Carla Lonzi scrive per il catalogo della mostra Identité italienne.
L'art en Italie depuis 1959 al Beaubourg di Parigi. Quando le viene chiesto
un contributo Lonzi è incerta, soffre da mesi a causa del tumore di cui
muore il 2 agosto 1982. Questa testimonianza sugli artisti "in cui ho creduto,
che ho scelto tra infiniti altri, che ho "scoperto"", scritta undici
anni dopo il suo congedo dal mondo dell'arte, è l' ultimo testo che pubblica.
Nelle righe conclusive si definisce così: "una futura coscienza e
non una complice, negli anni '60 faceva il suo ingresso come critica d'arte nel
campo della creatività". E riafferma la ragione di fondo prima del
coinvolgimento poi del congedo: "quel processo autentico tra sé e
l'opera che mi aveva tanto convinto non si estendeva a ogni aspetto della vita,
non si estendeva al momento della relazione". Interesse per l'autenticità
del processo - creativo, in quanto esistenziale, prima che sociale, in quanto
produttivo dell'opera - e convinzione che nella creatività, come nelle
altre manifestazioni di sé, sono essenziali la relazione ed il suo riconoscimento.
È tutto qui il nodo che stringe e distingue arte e femminismo nel pensiero
e nella vita di Lonzi. In un manoscritto relativo a questo stesso testo, parla
di un interrogativo assillante - l'autenticità del sé -vissuto prima
aderendo alle risposte egli artisti, poi cercando di pensarlo n prima persona.
Per questo assaggio non c'era altra via che fuori dall'istituzione". E non
c'era altro modo, se non partire dal fatto di essere nata donna. "Non avevo
da pensare altro", scrive nel diario Taci, anzi parla (riedizione et al.,
2010). Per Lonzi "fuori" indica sia l'autocoscienza, lapratica che interrompe
la complicità femminile con il patriarcato, sia la scelta personale di
rifiuto di qualsiasi attività e ruolo nell'emancipazione. Sulla necessità
del taglio compiuto nel '70 Lonzi non ha dubbi. Sa bene che il femminismo della
differenza sessuale muta il cammino e il destino del mondo, grazie al gesto imprevisto
del porsi fuori dalla cultura e dalle istituzioni. Dieci anni dopo può
anzi nominare il costo "spaventoso" nelle vite e "lo sconquasso"
simbolico, provocati dalla rivolta femminista . È interessante la diversa
attitudine a cui è pervenuta nell'81. "Questa uscita mi ha permesso
di arrivare ad un distacco che mi permetterà di tornare. Al punto in causa,
non all'istituzione " (corsivo mio). Sono parole molto simili a quelle con
cui descrive il suo ritorno alla relazione con Pietro Consagra, dopo Vai pure
(Milano, Scritti di Rivolta femminile, 1980), il libro- colloquio con cui ha congedato
l'uomo dalla sua vita. Un colloquio nel quale, inevitabilmente, il tema del rapporto
arte e vita è riattraversato, in tutta la sua drammatica e complessa trama,
con la chiave di lettura del rapporto tra uomo e donna. Non vi è documento
più vivo e diretto di questo testo a due voci di quanto sia profondo il
mutamento provocato dal punto di vista della differenza. Come dice Lonzi in Vai
pure le coscienze sono due, ma l'uomo pensa che sia una e si comporta come se
l'altra non ci fosse. Riconoscerla fa saltare il suo equilibrio e la civiltà
che su di esso ha costruito. Sorretti entrambi, bene inteso, dall'apporto e dalla
complicità delle donne. Ed è proprio dal genio, l'artista, come
dal visionario razionale, il filosofo e il politico, che è venuta la negazione
più forte e insidiosa, quella che assegna alla donna la funzione gratificante
di rappresentare "il momento della graziosità", come lo chiama
Consagra, il "principio divino" della pietas di Hegel. Nomi che misconoscono
la differenza di uomo e donna come problema umano. Ridimensionata a dato naturale
o accidente, in ogni caso l'uomo dispone della differenza, inferiorizzando le
donne o spingendole a liberarsene, invece di riconoscerla come differente modo
di essere e differente coscienza. Problema umano, appunto. È evidente che
l'arte, come la religione, ha un posto centrale nella costruzione dell'universale
umano. E non può quindi non averlo nella presa di coscienza delle donne
che muove non verso l'universale,ma verso la differenza. Qui è la ragione
non solo biografica dell'attenzione sempre viva in Lonzi verso le manifestazioni
più alte della coscienza maschile. L'arte è per Lonzi "sempre
problema della vita", non della cultura. Vi si rivolge, a partire dalla sensazione
esistenziale, delle potenzialità ricche e forti di apertura "a cose
straordinarie tra gli esseri" che è propria dell'umanità. Con
Autoritratto (De Donato 1969, adesso et al./edizioni) si propone di riportare
gli artisti a se stessi, spogliandoli del ruolo di protagonisti esclusivi ed escludenti
della creatività, "rendendo operante la mia presenza".Una presenza
non professionale, che rinuncia al linguaggio codificato del critico, alla funzione
di mediatore tra l'opera e il pubblico. Più che all'intento di rendere
intellegibile l'arte, Autoritratto vuole essere "una possibilità di
incontro" creata da Lonzi, alla quale invita a partecipare. Per non consumare
l'arte, ma vivere un'iniziazione all'estetica, alla creatività "che
fanno parte della struttura umana". È un proposito destinato a fallire,
perché l'artista "si avvale di una dimenticanza di sé da parte
degli altri ", ha bisogno di spettatori e quindi deve far vuoto di creatività
attorno a sé. Il fallimento perde il gusto amaro della frustrazione e acquista
senso con il femminismo. Artista e spettatore assumono il volto dell' uomo, protagonista
"assoluto" della storia e della cultura, e della donna, alla quale "in
quanto essere umano sussidiario, viene negato (
) il riconoscimento di soggetto"
(Assenza della donna dai momenti celebrativi della manifestazione creativa maschile,
et al. 2009). Raggiungere la parità sul piano creativo è per la
donna alienante, viceversa l'assenza dalle celebrazioni maschili consente di recuperare
creatività tra donne, prendendo coscienza della propria storia. Con quali
effetti per l'uomo è una delle sue previsioni folgoranti: "Privo della
donna il culto della supremazia diventa uno scontro caratteriale fra uomini".È
lo spettacolo a cui assistiamo nei tanti teatrini del protagonismo di uomini ,
sempre più visibilmente in crisi, avendo perduto la loro supremazia il
credito delle donne. È sorprendente quanto restino vive, nonostante tutto,
alcune convinzioni già presenti in Autoritratto. Un solo esempio, illuminante
sulla sua idea di liberazione e di politica. Discute con Enrico Castellani di
studenti e di hippy, delle loro istanze di trasformazione. L'hippy, dice Lonzi,
è più disponibile all'arte, perché per lui è importante
trasformare se stessi, fare esperienza in prima persona di un differente modo
di vivere. Lo studente invece ha un modo "specialistico " di proporsi
il cambiamento, ed è quello politico. È "più vecchio
di testa, perché la politica è più vecchia (
) come
strumento" e il cambiamento è un progetto, prima e più di un'esperienza.
Essere disponibili all'arte vuol dire capire che c'è un modo personale,
ci sono gesti da compiere per sfuggire alla presa che il mondo esercita su di
noi. È forse a questa creatività che Lonzi si sentiva pronta a tornare,
resa più libera e forte dalla coscienza di donna. |