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Buddismo e Società, Per la pace, la cultura e l'educazione bimestrale
dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, n. 94, settembre-ottobre 2002.
Redazione: via del Forte Bravetta, 164, 00164 Roma. E-mail: duemilauno@isg.it
La rivista
dell'Istituto buddista italiano Soka Gakkai - ha dedicato lo speciale del n.
94 all'ECONOMIA. Tra gli articoli, "Il denaro e l'amore. Esiste una lingua
in comune" di Gianna Mazzini, "Certo che possiamo. Proposte per un'economia
responsabile", della economista anglosassone Hazel Henderson, "Per sostenere
la vita. La visione buddista dell'economia" di Maria Lucia De Luca, e un'intervista
a Muhammad Yunus, il notissimo "banchiere dei poveri", che spiega perché
ritiene le donne più affidabili degli uomini: una delle ragioni è
che "le donne hanno una visione più a lungo termine". E'
importante questa messa in circolazione di riflessioni sull'economia da parte
di una rivista come Buddismo e società che non ha come primo interesse
l'economia. Mostra come esista molto pensiero economico oltre le teorie economiche
e oltre i luoghi più conosciuti, come Porto Alegre. E mostra come nella
riflessione e nella pratica economica che si confrontano con i problemi di oggi
i contributi forse più significativi vengano da donne e da quegli uomini
che li sanno leggere.
Muhammad
Yunus economista
La lotta
alla miseria del banchiere dei poveri di Rory Cappelli Muhammad
Yunus è nato e cresciuto a Chittagong, principale porto mercantile del
Bengala, nell'India nord-orientale. Laureato in economia, ha insegnato nell'Università
di Boulder, in Colorado, e alla Vanderbilt University di Nashville, Tennessee.
Ha poi diretto il dipartimento di economia dell'Università di Chittagong.
Nel 1977 ha fondato la Grameen Bank, un istituto di credito indipendente che pratica
il microcredito senza garanzie. Oggi Grameen, oltre a essere presente in 36
mila villaggi del Bangladesh e ad avere oltre due milioni di clienti, è
diffusa in cinquantasette paesi di ogni parte del mondo. La filosofia della Grameen
è quella di disimparare dalla teoria e prendere lezioni dalla realtà,
come spiega bene lo stesso Yunus nell'intervista che segue. La banca funziona
in modo semplice: viene fatto un prestito con scadenza di un anno e tratte settimanali
di identico importo. L'inizio dei pagamenti deve avvenire a una settimana dalla
concessione del prestito. Dopo il terzo prestito che sia stato regolarmente restituito,
il cliente può avere accesso a un piccolo mutuo per costruirsi una casa.
La caratteristica distintiva della Grameen è anche un'altra: quella di
essere rivolta principalmente alle donne, soggetto/oggetto di fortissime discriminazioni
nel mondo e in India _ dove non possono chiedere niente a titolo personale e devono
sempre avere l'autorizzazione o del marito o del padre o del fratello. "La
mia esperienza in seno a Grameen _ scrive Yunus nella prefazione al suo libro
Il banchiere dei poveri (Feltrinelli) _ mi ha infuso una fede incrollabile nella
creatività umana, che mi ha portato a pensare che l'essere umano non sia
nato per patire le miserie della fame e dell'indigenza; se oggi soffre, e ha sofferto
in passato, è perché noi distogliamo gli occhi dal problema. Ho
maturato la certezza _ continua _ che, se davvero lo vogliamo, possiamo realizzare
un mondo senza povertà". E conclude: "Spetta soltanto a noi decidere
dove andare. Siamo noi i piloti della nave spaziale chiamata Terra. Se prendiamo
sul serio i nostri compiti non potremo che arrivare là dove abbiamo pensato".
Due
grandi occhi scuri, i capelli folti e bianchi, il sorriso di chi ha sempre fatto
del suo meglio perché il mondo sia un posto migliore in cui vivere: ecco
Muhammad Yunus, il fondatore della Grameen Bank. Poteva passare i suoi giorni
a limare la prosa di brillanti teorie economiche, ignorando la gente che moriva
di inedia a poche centinaia di metri dall'università in cui insegnava,
in quella stessa regione dell'India bellissima e tragica che è il Bangladesh.
Ma non l'ha fatto. È stata sua madre, lo racconta lui stesso, la persona
che lo ha stimolato nella ricerca di soluzioni per gli emarginati, i diversi,
i sofferenti. "È
stato grazie al suo amore per i poveri e i diseredati che ho trovato la mia via"
scrive nel libro Il banchiere dei poveri (Feltrinelli), nel quale narra la storia
della sua impresa _ la Grameen Bank _ e della sua vita. Ancora oggi Yunus
continua a occuparsi degli altri e nonostante i tantissimi impegni riesce a trovare
il tempo per parlare del suo lavoro, per raccontare la sua esperienza, per rispondere
personalmente alle domande: forse, pensa, tante piccole "consapevolezze",
tante persone risvegliate alla propria importanza grazie alla forza della parola,
del dialogo, daranno alla fine un grande risultato.
Ci
può raccontare come è diventato il fondatore della Grameen Bank?
Nel 1971 iniziai a insegnare economia all'Università di Chittagong.
Nonostante trovassi le teorie economiche eleganti e belle, mi disillusi ben presto
circa la loro utilità. Nel 1974 una terribile carestia si abbatté
sul Bangladesh: ne rimasi profondamente scosso. Vidi gente morire di inedia proprio
di fronte all'ingresso dell'università. Le cose andavano di male in peggio
e i poveri diventavano se possibile ancora più poveri. Non esistevano teorie
economiche che fossero in grado di riflettere il mondo reale, ciò che vedevo
intorno a me. Perciò rigettai quelle stesse teorie che avevano nutrito
la mia vita. Volevo imparare e conoscere non più teorie o sistemi ma il
mondo reale e le vite di persone reali. Ebbi l'opportunità di farlo nel
villaggio di Jobra, che si trovava proprio vicino all'università. Sapevo
di non poter cambiare niente, ma pensavo che sarebbe valsa la pena riuscire a
essere utile a un altro essere umano anche solo per un giorno o per qualche ora.
Fu durante queste visite al villaggio di Jobra che incontrai quelle donne poverissime
destinate poi a diventare le prime clienti della Grameen Bank. Quando iniziai
questa mia impresa non avevo alcuna intenzione di fondare una banca. Nel 1976
feci un prestito di quarantadue dollari a un gruppo di donne di un villaggio che
si trovava vicino all'università in cui insegnavo. Si trattava di grandi
lavoratrici che rimanevano povere non perché non avessero qualità
o abilità ma perché, per finanziare le piccole attività che
producevano il loro reddito, dipendevano dai prestiti di quelli che definisco
veri e propri squali. Esse rimanevano intrappolate nella povertà senza
averne alcuna responsabilità. Queste ventisette donne erano emozionate
quando prestai loro il denaro. Non solo usarono i soldi avuti in prestito, ma
restituirono fino all'ultima lira. Dopo questo episodio mi resi conto in maniera
molto chiara che sarebbe dovuta esistere una possibilità istituzionale
per queste donne: mi avvicinai così alle banche. Le banche rifiutarono
l'idea dicendo che non valeva la pena fare credito ai poveri perché non
offrivano loro alcuna seria garanzia. Noi raccontammo l'esperienza che avevamo
fatto con le donne dei villaggi ma loro non si convinsero. Questa è la
ragione per cui decidemmo di fondare una banca diretta esclusivamente ai poveri. Quali
sono le opinioni comuni sui poveri? Si pensa che i poveri restino tali
perché sono pigri o stupidi. Si pensa che non abbiano capacità.
In realtà è proprio l'opposto. I poveri lavorano tutto il giorno,
compiendo notevoli sforzi fisici. Sono poveri semplicemente perché non
esistono le strutture finanziarie che potrebbero aiutarli ad allargare la loro
base economica. Hanno capacità, ma non le opportunità per dimostrarlo.
I poveri hanno, come tutti gli esseri umani, un potenziale illimitato. Quella
che viene loro negata è l'occasione di esplorare tale potenziale. È
una questione strutturale, non un problema personale. C'è anche la leggenda
che i poveri non sono "bancabili". Le banche non faranno prestiti ai
poveri finché essi non avranno qualcosa di collaterale da offrire; i poveri
non sono considerati degni-di-credito. La nostra esperienza ha dimostrato invece
che i poveri, specialmente le donne, restituiscono sempre il denaro se l'istituzione
può fornirglielo in un modo adatto per loro. In Bangladesh i poveri hanno
dimostrato di essere più degni-di-credito dei ricchi. Perché
nel suo libro afferma che bisognerebbe pensare ai più poveri dei poveri? Credo
che ogni efficace programma di riduzione della povertà dovrebbe essere
diretto ai più poveri dei poveri. Se un programma mescola i molto poveri
con i meno poveri, questi ultimi diventeranno dominanti e finiranno con il tagliare
fuori i poverissimi. I meno poveri riusciranno sempre ad accaparrarsi i benefici
del programma. Quali sono le aberrazioni della Banca mondiale? Nel
suo libro spiega che questo ente elargisce donazioni e aiuti, ma in realtà
contribuisce all'aumento della povertà e non alla sua diminuzione
Istituzioni
multilaterali come la Banca mondiale hanno moltissimo denaro da spendere. Più
soldi possono dare meglio è. Grandi progetti finanziati da agenzie di aiuto
creano enormi macchine burocratiche che diventano corrotte e inefficienti e ben
presto finiscono con l'incorrere in enormi perdite. Gran parte degli aiuti viene
utilizzata nei paesi donatori per pagare consulenti, equipaggiamenti, materiali,
consiglieri ed esperti. In molti casi i consulenti che propongono questi progetti
hanno un'idea molto vaga circa le condizioni del luogo di destinazione e la compatibilità
del progetto con l'ambiente. Molto di quello che raggiunge i paesi in via di sviluppo
finisce nelle mani delle élite locali, dei fornitori di materiali, consulenti,
esperti, intermediari. Se un aiuto straniero riesce a raggiungere il paese
in via di sviluppo, allora buona parte di questo aiuto finisce nella costruzione
di strade, ponti e così via: tutte cose che si suppone possano in avvenire
aiutare i poveri. Tuttavia niente arriva fino ai poveri, niente li raggiunge.
I poveri non sono in grado di trarre vantaggi da questi progetti. Molti progetti
di aiuto assistiti come la costruzione di dighe - che costringono grandi masse
di gente povera ad andarsene dai loro luoghi di origine - peggiorano notevolmente
la situazione. Gli aiuti stranieri potranno avere un qualche impatto positivo
nella vita dei poveri quando riusciranno a raggiungerli. Ho sempre pensato e dichiarato
che "sviluppo" deve significare l'apporto di cambiamenti positivi nello
status economico di almeno il 50% della parte più povera della popolazione. Può
descrivere la situazione delle donne e degli uomini aiutati dalla Grameen Bank? La
Grameen Bank aiuta le persone più povere dell'area rurale del Bangladesh.
Si tratta di contadini senza terra, quelli che definiamo come proprietari di meno
di 0,5 acri di terra coltivabile e il cui credito non supera l'acro di terra di
media qualità. Queste persone lavorano duramente ma restano povere perché
non hanno accesso ad alcun benché minimo capitale da investire in attività
economiche produttive. Può
parlarci della Fattoria dei tre terzi? L'esperimento della Fattoria dei
tre terzi fa parte del Progetto per lo sviluppo rurale dell'Università
di Chittagong che abbiamo realizzato nel 1974-76, prima della Grameen Bank. Svolgemmo
l'esperimento nella zona di Jobra per verificare se era possibile far crescere
un nuovo raccolto di riso durante la stagione secca, quando i terreni agricoli
giacevano inutilizzati perché i contadini non potevano ottenere l'acqua
necessaria a irrigarli e il resto dell'occorrente. L'idea fu la seguente: durante
la stagione secca il proprietario della terra avrebbe messo a disposizione il
suo terreno, i mezzadri avrebbero contribuito con il loro lavoro e io avrei provveduto
a tutto il resto, tra cui l'acquisto del carburante per far funzionare le pompe
di profondità, la fornitura di semi per raccolti altamente produttivi e
del fertilizzante, e l'informazione tecnica necessaria. In cambio ciascuna delle
tre parti avrebbe ricevuto un terzo del raccolto. L'esperimento ebbe un grande
successo. I contadini erano felici perché non avevano dovuto spendere una
lira e avevano ottenuto un buon rendimento, e noi avevamo fatto crescere un raccolto
su un terreno dove nulla sarebbe mai cresciuto durante la stagione secca. Perché
ritiene le donne più affidabili degli uomini? La nostra esperienza
ci ha mostrato che le donne sono un migliore "rischio di credito" degli
uomini. Le donne usano il denaro che ricevono con più attenzione e lo restituiscono
con maggiore affidabilità. Cominciammo a fare credito più alle donne
che agli uomini quando notammo che prestare denaro alle donne portava maggiori
opportunità alla famiglia rispetto a quanto succedeva se si facevano prestiti
agli uomini. Le donne sperimentano la fame e la povertà in modo molto
più intenso rispetto agli uomini e raramente hanno accesso alle risorse.
Per questa ragione quando le donne povere ottengono prestiti sono più lungimiranti
degli uomini, e sono più disposte a lavorare duramente per uscire dalla
povertà. La nostra esperienza ci ha mostrato che il denaro guadagnato dalle
donne porta sempre beneficio a tutta la famiglia. Una donna, in genere, usa i
soldi per comprare oggetti per la casa o per costruire un tetto più robusto,
migliorando così le condizioni di vita di tutti i familiari. Invece quando
gli uomini hanno entrate extra tendono a usarle soprattutto per se stessi. Quale
sarà il ruolo delle donne nel creare un mondo dominato da altre logiche? Le
donne, come ho detto prima, hanno una visione più a lungo termine, perché
pensano attraverso i loro bambini. Esse hanno un "interesse acquisito"
per un futuro sicuro e un mondo pacifico. Un mondo dove siano assicurate alle
donne eguale autorità e partecipazione sarà un mondo più
sicuro e pacifico. Se vogliamo creare un mondo impegnato a migliorare la qualità
della vita, a rimuovere la povertà, a creare le condizioni di un'occupazione
dignitosa per tutti, a ridurre la disuguaglianza, è logico partire dalle
donne. La
povertà cancella qualsiasi diritto umano. "La povertà mortifica
l'essere umano nella sua più profonda essenza
". Può spiegarci
tali affermazioni? La
Dichiarazione universale dei diritti umani afferma che ogni essere umano ha diritto
a uno standard di vita adeguato alla salute e al benessere propri e della sua
famiglia, che comprende il cibo, il vestiario, la casa, le cure mediche, i necessari
servizi sociali; e che ha diritto a garanzie in caso di disoccupazione, invalidità,
vedovanza, anzianità o mancanza di mezzi di sussistenza in circostanze
al di là del suo controllo. La Dichiarazione richiede che tutti gli
stati sottoscrittori assicurino "il riconoscimento e l'osservanza" di
tali diritti. Ma la povertà crea una condizione sociale che nega non solo
alcuni, ma tutti questi diritti. Un povero in Bangladesh non ha alcun diritto,
indipendentemente dal fatto che il suo paese sia un firmatario della Dichiarazione
universale dei diritti umani. Cosa significa cercare soluzioni locali? Io
credo che i poveri abbiano un potenziale illimitato. Non è né efficace
né giusto che "esperti" o "consulenti" dicano loro
cosa devono fare. Il nostro lavoro dovrebbe essere quello di creare le condizioni
affinché i poveri siano in grado di esplorare e manifestare pienamente
il loro potenziale. L'accesso al micro-credito è una di queste condizioni. La
Grameen Bank si sta diffondendo a livello globale: c'è differenza tra le
metodologie adottate in Bangladesh e quelle che state utilizzando ad esempio nelle
isole Lofoten, in Equador o in Nepal? I
cosiddetti "progetti di replicazione Grameen" sono presenti in più
di ottanta paesi del mondo e operano in condizioni culturali e socioeconomiche
molto diverse. Quando parliamo di "repliche" intendiamo la riproduzione
in altri contesti delle caratteristiche essenziali dell'approccio Grameen Bank.
Tutte le repliche, dalle Lofoten in Norvegia al Nepal, seguono queste caratteristiche,
che includono la fornitura di piccoli liberi prestiti collaterali al più
povero dei poveri, un meccanismo di gruppo per i prestiti, prestare danaro alle
donne, e così via. Secondo
lei, cosa si può fare a livello individuale per cambiare lo stato del mondo
e combattere la povertà? Io credo che una persona possa fare tutta
la differenza. Si può pensare che le azioni di un singolo individuo siano
insignificanti, ma tutte le grandi idee e i grandi movimenti cominciano da una
persona e dal suo impegno nel portare avanti le sue idee e le sue azioni, che
altre persone poi potranno condividere e perseguire.
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