| LO
SVANTAGGIO MASCHILE Il numero di Via Dogana portante questo titolo
interroga tale aspetto inedito, certamente poco indagato. Forse lo svantaggio
maschile non corrisponde necessariamente a un vantaggio femminile. L'antimaschilismo
fa ingombro? Quali invenzioni occorrono per rispondere al grido scomposto dei
giovani maschi? Molti i punti toccati nel corso della discussione di sabato
9 giugno 2007 alla Libreria delle donne, soprattuto incentrati sullo svantaggio
maschile. Laura
Minguzzi avvia la discussione partendo dall'immagine di copertina: la performace
di Vanessa Beecroft. In copertina del numero 81 c'è una divisa di marinai.
Visto che l'ho commentata a casa anche con Paolo (suo marito, ndr), qui presente,
di solito anche lui in divisa, mi sono venute delle idee. La divisa, per gli
uomini soprattutto, rimanda a un bisogno, un bisogno di identità e di sicurezza.
Riguardo, in modo specifico, la figura del marinaio, rimanda alla sessualità
del marinaio che mi ha ricordato il bisogno di avere conferme in ogni porto in
cui la nave attracca da cui è nato il proverbio 'promesse da marinaio'. A
proposito di immagini, nel primo articolo compare il disegno del figlio di Marina
Terragni La mamma gigante. Marina firma l'editoriale dell'articolo Lo
svantaggio di lui non è il vantaggio di lei. Passerei subito a un
breve commento. A me è sembrato interessante l'incipit sul confronto -
scontro con la potenza materna a cui sarebbero condannati i maschi costretti a
una lotta continua per differenziarsi. Messo in parallelo con una scelta di un'emancipazione
femminile vista come un esilio in terra straniera e di fatto, pensa lei, quasi
una vendetta maschile. Da qui nasce un'esigenza per i maschi, secondo la Terragni,
nudi dopo la caduta del patriarcato, di una seconda nascita simbolica per rivestirsi
appunto di abiti simbolici che li riparino dalla potenza materna. Le donne cosa
possono fare di fronte a queste nudità imbarazzanti, si chiede lei? Guardare
al lavoro delle madri buone che, pazientemente, lasciano spazio all'altro. In
conclusione l'essere pienamente donne ancora prima di esserci è tutto quello
che noi possiamo fare per gli uomini. Essere prima di esserci. L'articolo di
Stefano Sarfati dal titolo secco e perentorio IO parla di sè con
lui e con lei, la donna di potere, citando l'articolo Milano senza maiuscole del
precedente numero di Via Dogana (Questo femminismo non ci basta). Cito l'articolo:
"Crollata l'impalcatura del patriarcato gli uomini si trovano senza rete
di protezione nel mondo, le donne di potere sono in cima ad una piramide che si
frantuma quindi lo sbilanciamento fra i sessi, dovuto allo svantaggio maschile,
ha reso difficile la parola anche fra queste donne, è come se gli uomini
avessero sparso di sale i luoghi attraversati dalla loro politica" Per
Sarfati il lavoro più importante è fare esercizio quatidiano di
relazione di differenza e di mettere in parola l'esperienza. Scrive di sè
e fa un'analisi coraggiosa e sincera della sua relazione amorosa con la moglie,
Laura, e del suo legame con la madre. Disegna quindi un paesaggio simbolico in
cui lui stesso può trovare una collocazione nel processo di cambiamento. L'articolo
di Giampiero Bernard che è di Foggia quindi non è qui stasera, vede
la letteratura come la mediazione fra sè e giovani maschi in crisi. Parla
della parzialità dell'essere maschio e fa riferimento ad un racconto, Vetri:
"i vetri sono andati in pezzi come nella cabala, i vasi all'alba della creazione
esiliando la presenza di Dio ma in ogni singolo pezzetto c'è una scintilla
di divinità" per cui, come il personaggio del racconto prova piacere
a raccogliere pezzetti di vetro, così anche per lui e anche per i giovani
in crisi c'è un senso racchiuso nella parzialità dei vetri rotti,
ricordi importanti, parti dell'anima. E soprattutto è un lavoro che non
ha fine, è infinito, richiede attenzione e fiducia verso gli altri e verso
di sè". Laura cita l'articolo di Francesco Siliato e parla delle
tabelle che hanno suscitato reazioni di estraneità e disagio. "Visto
che ho citato la cabala mi piaceva ritornare ai numeri. I dati della tabella sono
elaborati da Francesco Siliato. La difficoltà di leggere le tabelle, secondo
me, si mescola al disagio di questa realtà che, pur essendo sotto i nostri
occhi, provoca un moto di paura e di fuga. Vita Cosentino nella sua rubrica
Guardare indietro, che trovo molto interessante, ha trovato dati su internet
a proposito dello svantaggio maschile in due ambiti: quello scolastico dove almeno
da un decennio le statistiche segnalano che su dieci bocciati, tossicodipendenti
o certificati di handicap, otto sono maschi e in un altro settore che è
quello della dinamica demografica naturale dove si segnala il fenomeno della supermortalità
maschile come uno dei mutamenti più profondi del ventesimo secolo. Secondo
la ricerca citata nell'articolo il maggior rischio di morte per gli uomini associato
ad una meno buona condizione di salute per la donne è uno dei più
interessanti rompicapi per i demografi e gli epidemiologi. L'articolo di Traudel
Sattler riguarda l'esperienza di uno scambio con una rivista on line di Francoforte,
la signoria che ci permette di accettare giudizi maschili su di noi. Come dice
il titolo L'antimaschilismo ingombra, è vero, ingombra il nostro orizzonte
e la nostra pratica però c'è un avvertimento importante: non sarà
che difronte alle raccomandazioni che ci vengono rivolte di essere accoglienti
verso i maschi si nascondano sensi di colpa? Ritornando ai siti e alle questioni
delle giovani di oggi l'articolo Drag Kings e Drag Queens sui generis. Due divesamente
abili di Sveva Magaraggia, ripreso dalla rivista Diogene filosofare oggi
è un racconto, sulle sperimentazioni di violazioni di confini tra i generi,
i parametri su quali poggiano le codificazioni sociali. La donna biologica di
cui parla Sveva ha il potere di essere uomo, una politica femminista sostiene
perché si sceglie di essere uomo e non si è costretti ad esserlo.
Una volta aperta questa porta conclude: attribuiti nuovi significati ai generi,
inizieremo noi, le viaggiatrici i viaggiatori più sensibili, a percepire
l'esistenza di numerose altre porte da aprire. L'articolo di Oriella Savoldi,
Tra lo stipide e la porta, mi è sembrata un'efficacissima narrazione
di come ha origine una passione politica. Parte dagli anni Settanta in modo molto
stringato e stringente e alla fine della lettura mi sono venuti i brividi, la
pelle d'oca. Ci racconta una posizione molto rischiosa e mi ha ricordato quello
che si era detto qui in Libreria in occasione di una redazione allargata: la passione
politica come assunzione di un rischio simbolico, una scommessa, di non voler
essere mai in una posizione di superfluità nel mondo. Mi ha fatto pensare
alle fiabe, ai romanzi dell'Ottocento dove c'è sempre una porta misteriosa
che non si doveva aprire pena la morte o chissà quale punizione. Poi arriva
un-una ospite e l'apre tranquillamente, incurante delle proibizione, oppure spinto-a
dall'amore di sè o per la vita ricevuta in dono dalla madre, per rispetto
dell'opera materna come dice Oriella. Il mistero si dissolve anzi la porta si
dissolve, non si parla quindi di porte che si aprono ma di porte che si dissolvono.
Quindi oggi è possibile non ritrovarsi fuori desideranti di entrare. Una
donna libera è garante del passaggio; si tratta di avere fiducia nel fatto
che la passione politica dissolve porte ovunque, fortezze, roccaforti maschili
senza far cadere il mondo. Poi c'è il racconto di Vita Cosentino e Federica
Giardini, Due femministe al ministero della pubblica istruzione. Un incontro
sulla sessuazione del sapere o piuttosto su che generi di saperi in previsione
delle nuove indicazioni nazionali dei programmi scolastici. Le autrici registrano,
a partire da quell'incontro con alcune donne che lavorano con la viceministra
Bastico, l'avvenuto passaggio dall'oppressione all'espressione, dalla denuncia
alla ricerca di figure, di forme, concetti che esprimano un nuovo mondo, un mondo
cambiato. La differenza è un nome proprio, chi parla, chi insegna racconta
del mondo in cui è. Con quel che accade a lei e a lui, un ritorno del rapporto
vivo con il sapere che implica un interesse e un amore per l'altro e per l'altra
che viene prima dell'amore per la materia di insegnamento o per l'oggetto del
discorso. Il mio articolo Bulli e pupe e il nonno a scuola è
il racconto dell'estrema lotta che ho condotto per tutto l'anno a scuola per creare
uno spazio vitale di trasformazione di corpi e materie indifferenziati in corpi
sessuati che possano parlarsi, confiliggere, imparare a crescere insieme. Imparare
ad ascoltarsi è la difficoltà di praticare questo esercizio alchemico
in presenza di un forte desiderio di apprendere e relazionarsi da parte di alcuni,
alcune in mezzo ad un grande numero di svantaggiati o inconsapevoli in un sistema
di regole formali che poco spazio lasciano al libero scambio delle idee, dei racconti,
delle riflessioni collettive per inventarsi soluzioni adeguate alla complessità
della situazione reale. Quindi il mio piacere nello scambio con i giovani e
le giovani che è il succo dell'insegnamento l'ho difeso con le unghie e
con i denti e anche con il nonno, come una madre difende il nido dall'invasione
di uccelli predatori e devo dire che alla fine hanno capito. C'è stata
una festa. Hanno capito anche certi miei modi un pò intemperanti, certi
miei metodi dove il corpo agisce senza limiti fregandosene del polically correct,
e quindi hanno capito il senso di quello che mi proponevo cioè toccare
corde e risvegliare i sensi. Della rubrica di Liliana Rampello Ai libri
non si resiste ho letto di Ornella Vorsi La mano che non mordi. La scrittura
di questa artista cosmopolita albanese, che vive a Parigi ed ha studiato a Brera,
a Milano, è per me illuminante per capire lo spaesemanto dei balcani, la
cultura di una che proviene da quei luoghi, lei infatti è albanese. INTERVENTI
DELLE AUTRICI E DEI PARTECIPANTI Pasqua
Teora Il mio articolo è intitolato Il membro maschio, un 'espressione
che durante la redazione allargata ha provacato tanta ilarità e allegria.
Cosa dire? Che per me rimane sempre estremamente importante la possibilità
di raccogliere dati che emergono nel setting terapeutico per restituire, condividere
con altre persone il materiale che emerge, sempre molto interessante e che in
questo articolo racconto, parlando di uomini imprenditori di piccole medie aziende
che si trovano in certi momenti della vita con un senso molto forte di disorientamento,
di spaesamento e arrivano in psicoterapia e consultazione. Un'altra cosa che
ho notato è che recentemente, negli ultimi sei mesi, la percentuale di
uomini che arrivano in terapia è crescente e questo credo che sia un altro
dato interessante". "L'interpretazione
potrebbe essere che c'è una sofferenza diffusa negli uomini che si sta
manifestando in modo, dal mio punto di vista, abbastanza impressionante - dice
una partecipante - Io però sono nella posizione di accogliere il disagio
e questa è la testimonianza che posso portare. Ci sono uomini di successo
che a un certo punto della loro esperienza si trovano a dover fare i conti con
una sofferenza che non sanno decodificare, come dire che il sentire, l'emozionalità,
tenuta sotto controllo per un sacco di tempo, ad un certo punto esplode, non riescono
a creare connessioni oppure fanno fatica a crearle tra pensato e sentito. Facilmente
saltano per aria i matrimoni e quindi vengono a chiedere aiuto. Sono circostanze
fortunate per il fatto che dalla crisi c'è questa possibilità di
cavare esperienza, competenza nuova, prima non sviluppate perchè evidentemente
non serviva, non serviva ascoltare certi messaggi che provenivano dall'interno". Brunella
Galante Quando è che è caduto il patriarcato totalmente? Io non
è che me ne sia accorta tanto, c'è stato qualche cambiamento, sgretolamento...non
voglio dire che adesso siamo com'eravamo un tempo, ma io questa caduta totale
del patriarcato proprio non l'ho vista. Vita
Cosentino Considero importante il fatto che questo numero di Via Dogana abbia
messo l'accento e fatto vedere che in questa realtà che sta cambiando totalmente,
o non totalmente, c'è un problema emergente, ovvero che c'è questo
svantaggio maschile. Perchè secondo me è importante? Perchè
ci aiuta a mettere in parole delle cose che stanno succedendo, ci aiuta a leggere
la realtà e lo dico con un'esperienza che credo che conoscete tutte se
leggete i giornali. A Paderno è morto un ragazzo per droga a scuola. La
risposta di Livia Turco è stata di mandare i Nass davanti a tutte le scuole,
da settembre ci sarà il piano. La scuola stessa ha avuto un moto di grande
coraggio, anche il paese, ovvero di fare un'assemblea di tutti e ragionare intorno
questa questione. Lì è successo che dei maschi presenti, non ha
parlato nessuno. C'è un problema dei maschi e questo cambia il modo
di leggere la realtà perchè senno hai risposte istituzionali di
un certo tipo o anche un'intera comunità che in qualche modo cerca di dare
delle risposte, non vedendo la questione principale e di conseguenza del senso
di questa realtà e di quello che ciascuno di noi può farci dentro
si perde quasi tutto. Io credo che la cosa importante sia di aver messo a fuoco
questa questione: è il fatto che aiuta a leggere la realtà, non
è tanto discutere se c'è non c'è lo svantaggio". Brunella
Galante Forse sono stata fraintesa, non voglio dire che lo svantaggio non ci
sia. La cosa più divertente che si può trovare sullo svantaggio
sono i famosi fumetti in cui c'è la bambina terribile, Lucy, che dice "Ah,
io lo so fare, noi donne lo sappiamo fare e voi bambini no". Il fratellino,
Linus, allora risponde "studierò studierò". Questo è
il modo più plateale, più infantile, più interessante di
capire questo svantaggio. Lo svantaggio c'è. Ma il patriarcato non è
caduto. Lo svantaggio non dipende dal fatto che sia caduto il patriarcato, è
che il maschile non è capito. Il femminile men che mai ma neanche il maschile
non è capito nè dalle donne, nè dagli uomini stessi. Non
è capito, non è sviluppato, non è elaborato, non è
valorizzato. Il femminile ancora di più ma io ritengo che lo svantaggio
non dipenda dalla caduta del patriarcato, di cui non mi sono gran che accorta,
anche se, ammetto, ci sono stati molti moltissimi cambiamenti, cambiamenti talora
anche in meglio. Che avvantaggiano le donne. Questa caduta non l'ho vista ma lo
svantaggio è di tutt'altra natura, esiste ed è di altra natura.
Si può fare qualcosa certamente, non si fa abbastanza, certamente". Mi
sembrava interessante la tesi dell'articolo di Marina Terragni - dice una partecipante
- che sostiene che lo svatanggio maschile non corrisponde a un vantaggio femminile.
Mi sembrerebbe un discorso su cui si dovrebbe lavorare. In questi anni la libertà
femminile c'è stata, è accaduta. Adesso si pone la necessità
di una libertà maschile quindi ci si interroga sulle relazioni di differenza,
le relazioni felici, libere con il senso maschile e, secondo me, ci troviamo qua,
siamo in questo passaggio, in questo lavoro da fare, che è molto importante
perchè è importante quello che scrive Traudel nel suo articolo.
Secondo me è un momento di presa di coscienza fondamentale per chi ha attraversato
il femminismo. Poi nello scritto di Pasqua Teora mi è sembrato importante
il fatto di cercare di capire questi uomini in crisi, in difficoltà, anche
con questo corpo forte che comincia a indebolirsi a infragilirsi. Che tipo di
parole si possono dire? Sarei molto curiosa di capire che pratica fa lei, che
invenzioni, che discorsi si possono fare. Quindi mi sembra questa la cosa importante
perchè una volta si pensava: "voi cadete, lo svantaggio è vostro
e noi andiamo avanti. C'è una certa crudeltà, c'è una certa
necessità, non voglio avere sensi di colpa, non ho pena di te". Non
è questa la situazione. Noi abbiamo necessità che ci sia questa
libertà maschile e questa libertà maschile si deve mettere a parlare.
Da dove nasce, come si manifesta? Dove riconosciamo la libertà di un uomo?
Dove lo vediamo, in che forma vediamo la libertà maschile? Questa è
una domanda che ultimamente mi sono fatta. Io vedo degli uomini che sono assolutamente
inconsapevoli, ce ne sono tantissimi, tuttavia si stanno risvegliando, si sta
risvegliando la consapevolezza maschile. Sulla
questione degli uomini in difficoltà Pasqua Teora risponde. "Quello
che io osservo è che questi uomini che arrivano a entrare incontatto con
il loro disagio e con questa spaccatura, una sorta di spaccatura, si rendono conto
ad un certo punto che gli ideali che hanno perseguito sono ideali che forse non
erano esattamente i loro, come se si fossero resi portatori di qualcosa che apparteneva
alla generazione precedente o alle generazioni precedenti. Ho constatato diverse
volte una sorta di scoperta. Dicono "ho fatto quello ho fatto, ero una scheggia
impazzita non facevo altro che cercare fighe e donne da scopare, la gnocca era
la cosa più importante perchè poi potevo raccontare all'amico, agli
amici che cos'è che facevo". La presa di coscienza per alcuni vuol
anche dire che si rendono conto che non erano loro, come se avessero lasciato
il posto con la loro vita alla vita di loro padre. Il padre ha lavorato come una
bestia tutta la vita, loro sono i figli che hanno potuto studiare all'estero,
fare tanti soldi quindi si sono impegnati nella realizzazione dei sogni del babbo
ma anche della mamma. Quindi il disagio con cui fanno i conti ha a che fare con
la presa di consapevolezza che forse loro sono altro, vogliono altro o se ne accorgono
in quel momento quando hanno raggiunto tutta una serie di obiettivi che non erano
esattamente coincidenti con i bisogni. Li arrivano a scoprire in quel momento
perchè il corpo non ce la fa più, il corpo segnala. Per cui c'è
un'intelligenza corporea, un'intelligenza emotiva che si allea con il corpo e
quindi si devono preparare a fare uno spazio mentale, di pensiero e dare parola
a queste questioni che prima non pervenivano, non venivano riconosciute. Allora
questo mi sembra molto interessante. Quando tu dici che anche l'uomo deve emanciparsi,
deve liberarsi, parli della libertà dell'uomo, libertà da che cosa?
Magari, come per noi, anche loro hanno bisogno di liberarsi dai miti, del sistema
precedente, allora forse c'è il patriarcato e ci sono dei valori borghesi.
Uno mi raccontava "Io mi sono confuso, fuso con dei valori borghesi che oggi
non riconosco più come apparteneneti a me alla mia sensibilità". Oriella
Savoldi: "a me è sembrata interessante la questione, ripresa anche
da Laura, riguardo l'intervento di Traudel sul fatto della signoria che la donna
mostra laddove è in ascolto di cosa pensa un uomo di lei e questa cosa
apre possibilità soprattutto alla libertà maschile che io vedo in
particolare nel contesto del sindacato che io frequento. Il sindacato è
molto pesantemente abitato da uomini e vedo libertà soprattutto nella capacità
di un uomo di dare fiducia a una donna assumendosi il rischio anche di risultare
ridicolo nel rapporto con i propri simili. Questa è una paura che nell'esperienza
maschile ho incontrato spesso e volentieri e che è stata causa in qualche
maniera della separazione del fra uomini. Anche per un uomo credo che valga l'assunzione
di un rischio di mettere in scena lo scambio con una donna cosa che oggi comincia
a darsi e mi sembra come possibilità interessante." Clelia
Pallotta Innanziutto volevo porre l'attenzione sul termine svantaggio. Svantaggio
e vantaggio sono due termini che hanno un riferimento. Io da piccola quando mi
mettevo a fare una gara avevo un vantaggio oppure avevo uno svantaggio se il prepotente
di turno non mi dava il vantaggio che meritavo in quanto piccola. Riguardo questo
numero, mi chiedo vantaggio, svantaggio in relazione a che cosa? Lo svantaggio
maschile, quello che capisco, è uno svantaggio simbolico, cioè gli
uomini stanno attraversando una fase di gravissimo svantaggio simbolico. Si possono
nominare serenamente le cose che hanno fatto la loro forza, il loro potere fin
qua. Però lo svantaggio in termini concreti mi pare che venga colmato nell'esperienza
che i media ci danno o che la mia vita mi dà, venga colmato con la violenza
o i soprusi sulle donne. Questo svantaggio in realtà è uno svantaggio
che va ragionato in termini teorici, nella pratica non mi sembra uno svantaggio
così svantaggioso nel senso che poi ci sono delle contro cose che arrivano.
Vedo anche degli uomini che fanno dei seri sforzi di considerare la parzialità
di essere due come la realtà delle cose, questione nominata da Bernard
nel suo articolo, cioè questo arrendersi all'evidenza di essere due. Questo
lo vedo in alcuni come sforzo ma in altri vedo anche tentativi di mimesi, di entrare
dalla finestra quando sono usciti dalla porta, io vado molto cauta non riesco
a leggere questo svantaggio così chiaramente come mi viene detto. Volevo
insomma lanciare questo sasso di critica. Riguardo il film di cui parla Marina
Terragni nel suo articolo riferendosi a quel personaggio maschile di American
Beauty. Si tratta di un personaggio che è stato scritto da un uomo, lo
sceneggiatore che ha inventato quel personaggio è un uomo, scrive sitcom,
quindi abituato ai meccanismo psicologici del gradimento e del piacere degli spettatori,
che quindi sapeva cosa doveva mostrare. Il regista è un maschio, quindi
stiamo parlando non di esperienze concrete storiche stiamo parlando di una rappresentazione
di un maschio quindi non mi sento di prendere quell'esempio lì come il
prototoipo del maschio da considerare, con il quale empatizzare. E' un personaggio
scritto da un uomo che vuole far andare bene il suo film quindi la relativizzerei. Stefano
Sarfati Prendo la parola perché anche a me interessa interloquire sul
film e sono in disaccordo con quanto detto da Clelia. Intanto che lo scrittore
della sceneggiatura fosse uno scrittore di sitcom non vuol dire niente perché
una sitcom può essere fortunata o sfortunata, quello lo decide il pubblico. Sono
in disaccordo con Clelia. Lei suggerisce di non stare tanto a parlare di questo
film che dopo tutto è un'opera di ingegno di uno che cercava il successo
e poi è un uomo. Io volevo dire questo: di autori di sitcom americani ce
ne sono di bravi e meno bravi, c'è chi ha susccesso, c'è chi fa
fiasco, non sta a loro deciderlo, fanno quello che riescono poi certe volte interpretano
in maniera geniale cosa passa nel mondo e questo è sicuramente il caso
di quel film. Il fatto che sia stato un uomo a scriverlo non è un di meno
ma un di più perché chi altro può parlare di svantaggio maschile
meglio di un uomo? Adesso entro nel merito di quello che volevo dire a proposito
di questo articolo di Marina Terragni che a me è piaciuto molto. Io sono
un ammiratore di Marina. Proprio quando parla di questo film scrive che è
paradigmatico perchè l'uomo medio americano abdica all'identità
tipica maschile, non riesce più a sostenere la parata virile, come la chiama
lei che secondo me è una felice espressione, cioè questa parata
di segni che mettono in mostra quello che normalmente significa patriarcato e
abdica diventando un uomo di casa, rinunciando a fare carriera e contemporarenamente
invece la moglie prende il suo posto. C'è questo tipo di movimento: l'uomo
fuoriesce dalla collocazione e ci entra la moglie con tutti gli annessi e connessi,
cioè lui parla di quello che capita a questa donna: fa carriera, si fa
una storia rapida con un uomo di successo, va in giro con la pistola, sesso a
consumo. Il commento che Marina fa mi colpisce particolarmente. Nel film succede
che quando l'uomo prende coscienza di quello che stava capitando rinasce, anche
fisicamente sta meglio. Marina dice il suo svantaggio è ambiguo perchè
cova in sè una specie di vantaggio che nasce dal disincanto riguardo la
propria condizione e la propria storia. Una creatura bisognosa che cerca l'amore
questo è quello che lui si riduce ad essere alla fine di tutto. E il bisogno
è spesso una condizione interessante. Questo pezzo è interessante
e centrale e anche la mia storia perchè io ho iniziato la mia storia da
un momento di forte svataggio da totale incapacità di rapportarmi al mondo
maschile e quindi confermo che questa interpretazione che ha dato questo autore
di sitcom io la trovo autentica perché mi ci sono anche specchiato e torno
a questo passaggio cruciale storico in cui l'uomo è apparentemente in svantaggio
e di cui Marina dice invece : attenzione perché il bisogno è spesso
una condizione interessante e in quel film come anche nell'ultimo numero di Via
Dogana quello che in cui si scriveva delle cinque donne che contemporaneamente
hanno preso il potere a Milano, Milano non è cambiata, loro non parlano
tra loro.... Il movimento è stato questo: l'uomo abbandona un campo
e questo viene occupato da una donna e questo movimento, questo passaggio, fa
capire che l'uomo è un passo avanti, se così è la situazione
che l'uomo sta abbandonando quel campo e la donna abituata a vederlo come un posizione
di privilegio e un posto vincente va là in quel posto abbandonato dall'uomo
perché l'uomo ha raggiunto la conclusione che quel posto lì non
è più interessante. Io deduco che l'uomo è un passo avanti. Donatella
Massara Sui film a regia femminile io volevo riprendermi l'autorialità
perchè io ho scritto una lettera per il sito della Libreria proprio su
questo argomento ma l'ho scritta prima di sentire i vostri interventi. Ma tu,
Stefano, parli di essere avanti nel film American Beauty, o sei tu che ti rifletti
in questa situazione? Perchè se tu dici nel film è una conferma
di quel che diceva Clelia e di quel che dico e probabilmente molte altre cioè
i film non sono un'operazione neutra che riflette una realtà: ti puoi identificare
ma c'è una proiezione sessuata. Allora io nella lettera mi chiedevo come
mai Via Dogana dia così tanto spazio giustamente ai libri delle donne poi
quando ci si trova davanti ai film sembra che vada un po' tutto bene. Ecco di
fronte a Via Dogana rimango senza parole, mi sento in minoranza perchè
non ho scritto niente, faccio delle richieste e nello stesso tempo non mi sento
ben contemplata, ma io dove sono in queste scelte che fa la rivista? A me dello
svantaggio maschile importa poco in realtà, ma sbaglio perchè se
poi questo svantaggio produce aggressività, violenza, guerra figuriamoci
ci vado di mezzo anch'io però non posso fare un'astrazione da me e dire
adesso stiamo qui come fa Pasqua. E' la sua professione parlare dello svantaggio
maschile, io non ci riesco, dovrei fare l'attrice. Chiedo mediazioni culturali.
Nella mediazione culturale capisco qualcosa di più. A me è piaciuto
molto il pezzo di Giampiero Bernard dove racconta il libro di Giulio Mozzi e lì
ho visto qualcosa di molto interessante. Concludo dicendo che potremmo fare una
proiezione del documentario che viene citato nell'articolo di Sveva Magaraggia
Venuz boy. Oriella
Savoldi: Io invece ho trovato interessante la riflessione che propone Marina
Terragni, ma, ancora prima della riflessione, quello che lei mostra perché
in realtà quello che capisco è che è vero che nel film c'è
un protagonista che è un uomo e il film è prodotto da un uomo, ma
lei mostra di prendere sul serio quello che quest'uomo mette in mostra e il percorso
che fa. Poi è chiaro che in Stefano risuona un pezzo della sua esperienza,
sicuramente alcune cose in me non risuonano ma il passaggio è proprio il
gesto e la mossa che Marina fa. Certo che, in fondo, è come se ci dovesse
essere un interesse nella relazione con l'altro perchè se si colloca nel
fatto che nella relazione con l'altro passa qualcosa di vitale per sè,
il bisogno è quasi una molla che scatena le possibilità di scambio
e di ricerca nel rapporto fra un un uomo e una donna. Cioè pensato a sè
non dice niente, è chiaro che ci deve essere un desiderio di relazione
autentico che uno e una mettono in gioco nel rapporto con l'altro sesso lì
dove sono perchè hanno a cuore qualcosa che si sta giocando lì in
qualche maniera. Lo svantaggio maschile a me pare qualcosa che c'è fin
dal principio e da sempre e anch'io capisco questo rispetto al fatto che nel rapporto
con la potenza materna è come se un uomo, venendo al mondo, tenesse su,
avesse bisogno di costruirsi tutta una serie di struttutre e sovrastrutture che
passano dal ruolo dal diritti ecc. Capire questa cosa ed essere in gioco nel
rapporto con l'altro che c'è e che è lì accanto a me, perchè
o è il marito, il compagno, ecc, si tratta in qualche maniera leggere e
nominare lo svantaggio, perchè letto in questo modo e visto permette di
autoriozzarsi per quella cosa che dicevo ovvero che bisogna assumersi il rischio
della relazione partendo dal fatto che non lo fai per l'altro, lo fai per te che
sei lì e ti sta a cuore qualcosa. Liliana
Rampello Riprendo rapidamente alcune delle cose che ho sentito. In risposta
a te (Oriella, ndr), che la questione fosse chiara lo dice la scelta che è
stata fatta dalla redazione di mettere in fondo al numero un pezzo bellissimo
di Giuditta Larusso a proposito dello svantaggio maschile sulla paternità
rispetto a un libro che non è più in circolo ma secondo me è
già una risposta abbastanza completa a quello che tu ponevi come un problema
delle origini dell'esser uomo o dell'essere donna. Per quanto riguarda le arti
penso che dobbiamo stare molto attenti in questa discussione su chi la fa, come
la guardiamo. In risposta a Donatella: la rubrica di Via Dogana è dedicata
ai libri delle donne perchè noi qui vendiamo libri delle donne, scritti
dalle donne e questo per me è molto importante, nel senso che deve essere
un riferimento anche per noi per far circolare la letteratura femminile. Dopo
di che è ovvio che si giudica la letteratura delle donne non in astratto
o nel vuoto ma leggendo anche molta letteratura maschile e proprio a questo proposito,
di cinema e letteratura maschile, devo dire che gli uomini, svantaggiati o no,
sono sempre molto abili, io ho grande ammirazione per alcune operazioni che sanno
fare gli uomini perché soprattutto artisticamente sono sempre in grado
di dire qualcosa di quello che sta loro capitando. Ho pensato il discorso sulla
paternità. Noi lo sappiamo sviluppare in tanti modi, gli uomini sono dei
nuovi padri, negli ultimi due tre anni sono arrivati dall'America ma non solo
dall'America, padri alla ricerca di loro figli, padri che hanno inseminato e non
sanno più chi, né quando, né dove, che a una certa età...loro
sono abili, veloci a leggere anche il loro svantaggio, a interrogarsi. Il loro
problema sta più nella consapevolezza profonda. Io riprenderei in parte
quello che diceva Sandra De Perini e il discorso che facevano anche Pasqua Teora
e Laura Minguzzi, che io ho ritrovato molto ben esplicito anche sotto traccia
nei due interventi di Oriella Savoldi sia nella lettera sia nel testo proprio,
nel senso che lei lo fa a partire da questa cosa importantissima, che forse mi
è anche più vicina, della passione politica dove lì proprio
si vede nella figura che traccia nel testo Tra lo stipite e la porta si vede come
la consapevolezza, la riflessione su di sè delle donne che le può
portare nuovamente a tenersi insieme a non farsi più spaccare e disorientare.
Il vantaggio femminile sta nell'autocoscienza femminile, sta in una pratica elaborata
ma probabilmente si è diffusa, si muove, Marina Terragni la fa vedere anche
nel suo libro, per cui oggi il vantaggio, ammesso il termine sia giusto e in questo
secondo me Clelia ha fatto una riflessione interessante, è questa capacità
di tenersi insieme. Che sia vero che gli uomini siano spaccati, è vero,
questo lo si vede dappertutto e che questa spaccatura sia come riflesso di quello
che loro stessi hanno prodotto, perché l'hanno messa all'origine del loro
fare. Oggi lo svantaggio è chiaro e diventa il dolore, la sofferenza, il
bullismo, l'incapacità di parola. Ora su tutto questo nell'intervento di
Vita Cosentino ho sentito che non si deve chiedere risposte a Via Dogana, una
cosa che mi piace moltissimo di Via Dogana è che in effetti permette di
leggere delle realtà da un posizionamento poi non dà le risposte,
perché il mondo non è tutto possibile, dicibile, ma ti dà
una posizione. Da questo punto di vista in effetti la posizione è questa.
Poi molti insegnamenti appunto sia nel rapporto di differenza con l'uomo sia nel
rapporto tra donne, perché anche questo è molto importante, io li
ho visti in controluce nei ragionamenti che ci propone Oriella. Questa sua posizione
mantenuta nel tempo è dovuto ad autoriflessione, autocoscienza e pratica
e allora torna appunto molto forte la domanda di Sandra. Libertà maschile
è chiamata dalla libertà femminile per spostare il tema dall'ascolto,
dal dolore dell'altro, della sofferenza dell'altro perchè non è
maternage quello di cui c'è bisogno oggi ma c'è bisogno di relazone
quindi anche di conflitto con gli uomini e anche tra le donne. Traudel
Sattler Anche a me sembrava interessante quello che dicevi tu (Oriella, ndr),
ovvero come possiamo entrare in comunicazione senza farci impressionare da questo
star male degli uomini. A me serve nominare lo svantaggio maschile perché
viene ampiamente mostrato, non è un caso che si parli molto di film e anche
Vita Cosentino nella sua introduzione ha ripreso dei commenti sul film che aveva
scritto a suo tempo Cinzia Soldano. Non solo al cinema, anche nei telefilm oggi
si vedono maschi sfigati. Anche Vita diceva che adesso il cinema non propone più
conquistatori di belle donne ma maschi depressi e anche i telefilm, fiction, documentari.
Io che seguo la tv tedesca ho visto un documentario su una casa fatta per padri
che hanno dovuto lasciare la loro dopo il divorzio. Non era la casa delle donne
maltrattate ma era sulla falsariga di questa, era la casa degli uomini svantaggiati
e quasi facevano tenerezza: avevano la propria stanza, nel week end potevano vedere
i figli e dovevano imparare a vivere insieme con altri, gestirsi. Poi altri telefilm
di uomini incapaci di gestire l'educazione dei figli salta agli occhi e quindi
è necessario dirlo e riflettere come noi ci comportiamo rispetto queste
questioni. Era proprio questo che mi sembrava interessante che anche in Germania,
senza essere direttamente in contatto con noi, hanno sentito che c'è qualcosa
nella comunicazione tra uomini e donne che non funziona ed è venuta fuori
questa idea della necessità della riconciliazione che ha proposto questa
Dorothée che non mi ha trovato d'accordo però per me era sintomatico
il fatto che venisse il bisogno di fare un passo verso gli uomini, anche la sua
idea di proporre come una commissione per la riconciliazione sul modello di Nelson
Mandela. Tutto ciò mostra che si sente la necessità di una mediazione,
cioè di un terzo che permetta di entrare in comunicazione. Però
bisogna far attenzione a non farsi troppo intenerire. Come scrive Cinzia Soldano
c'è una fascinazione che lo sconforto maschile opera sulle donne invece
già allora lei proponeva di fare leva su quei sentimenti che ci aiutano
a non occupare il posto di un'incessante riparazione materna. Luciana
Tavernini A me sembrava interessante il discorso che aveva fatto Traudel. Relazionarsi
con un uomo in particolare, in questo senso è una vera relazione, e a me
sembra che sia possibile non creare svantaggio maschile se noi giochiamo sulla
nostra libertà. Essere libere, per esempio, è aver bisogno di farsi
regalare del tempo e non essere solidali con i valori che tengono in piedi un
uomo nel patriarcato. Cioè molte volte le donne sono state solidali con
questo chiedendo gioielli, doni, cose che aiutavano l'uomo a sentirsi in una collocazione
patriarcale felice perché la sua donna poi lo sosteneva. Io mi sono sempre
sottratta a questo. A me interessa il tempo, il togliere a mio marito quei valori
voleva dire permettergli di averne altri, e altri per me erano la cura della vita.
Mi sottraevo non a tutte le cose. Lui era molto soddisfatto e io avevo spazio
per me e l'amore per i nostri figli, sapendo che mi amavano, potevo lasciare tutto
lo spazio perché lui potesse godere di ciò. Questa è stata
la mia strategia di non essere solidale con quei valori ma cercare da lui altri
doni in cambio, altri che conoscevo come doni importanti. Un altro punto che mi
è sembrato interessante nell'articolo di Traudel è stato quello
delle giovani coppie. Molti giovani sanno essere in relazione tra di loro in modo
ironico, piacevole, probabilmente perchè sono figli nostri e quindi hanno
imparato a dare valore ad altre cose che non erano quelle che sostenevano il patraricato.
"Ho
apprezzato l'articolo di apertura di Marina Terragni - dice una partecipante -
perchè mi sembrava che aprisse concettualmente molte cose come la notazione
relativa allo svantaggio originario. Sotto questo aspetto mi pare che si potrebbe
interpretare il patriarcato anche come effetto dello svantaggio e questo è
importante perchè illumina anche la qualità dello svantaggio contemporarneo
proprio perché l'origine del patriarcato è lo svantaggio. Per caduta
del patriarcato, si intende non tanto l'individuazione oggettiva di una caduta
di struttura o di imparlcatura, quanto proprio il venir meno della presa che il
patriacato ha sulle donne. Perché questo è il dato macroscopico
ed è il dato che trasforma la scena del film, che io non trovavo così
originale anzi credo che nella storia del cinema si trovino scene simili forse
anche più preganti rispetto ai tempi, ma quello che fa diventare paradigmatica
quella scena è proprio il fatto che il venir meno della presa del patriaracato
scopre quello svantaggio che c'è sempre stato. Il fatto che emerga questa
condizione di svantaggio, che poi poteva essere anche il fondamento stesso del
patriarcato, porta a un dato, secondo me, importante che è la messa a nudo
della condizione creaturale maschile che significa che l'uomo non è più
dio ma è sceso a livello della creatura che era, che è sempre stata,
quella condizione creaturale che ha sempre offuscato e nascosto. In questa nuova
dimensione forse ha un senso assumersi la relazione perché ci sono i presupporsi
di assumersi la relazione nel momento in cui gli uomini sono creature e come tali
emergono. L'effetto forte dello svantaggio, quello più tradizionale quindi
della guerra, della violenza e di tutto quello che continua del dominio patriarcale
che ha perso la presa sulla donna, continua a prodursi e a produrre anche effetti
sul mondo. Questo aspetto andrebbe indagato meglio dalla politica delle donne
e naturalmente credo che possiamo assumerci il rischio della relazione ma non
assumerci la condizione, che un po' serpeggia, nell'ipotesi riconciliativa perché
finiremo dal paralre con lui al parlare per lui. Lia
Cigarini Nel testo che ho scritto insieme a Luisa Muraro si è parlato
dello svantaggio maschile in un contesto ben preciso: le donne che vogliono sostenere
la parità, l'uguglianza nascondono il fatto che gli uomini sono in difficoltà
nella competizione del lavoro e della politica. Cioè, io penso che ci siano
da una parte le donne della parità, dell'uguaglianza che devono nascondere
lo svantaggio maschile altrimenti la loro politica crollerebbe, dall'altra parte
c'è una reticenza ad assumere un possibile vantaggio politico che io intendo
molto in senso politico, cioè in questo deserto di idee, in un momento
di crisi di alcuni sistemi pensati dagli stati nazionali rispetto alla globalizzazione
o anche più modestamente rispetto all'Europa, qualsiasi movimento antiliberitsta
è capace solo di un'opposizione cieca, fisica ma non ha idee. Ecco io quello
che noto è che, oltre a quelle che lo nascondono, ci sono le reticenti
quelle cioè che non vogliono uscire dai loro spazi di donne e quindi dicono
che non gliene importa nulla. Come non gliene importa niente? La politica delle
donne, abbiamo detto, è la politica e quindi se c'è una crisi della
civiltà e tu, donna, devi mettere al centro il tuo essere donna e la tua
pratica politica. Insomma il testo era per chiamare le donne più che gli
uomini, chiamarle a un'assunzione, a un'invenzione mentre qui oggi mi sembra,
dalla discussione, si andasse più focalizzandosi sul maschile. La prova,
la controprova che questo svantaggio che io vedo sia, come è stato detto,
che tutte queste costruzioni simboliche stanno lì a compensare una minore
fertilità, una minore produzione dell'esistenza umana. A parte questa cosa
detta e stradetta nel femminsimo internazionale a me sembra, per la prima volta,
(Lilli sottilineava questi grandi exploit artistici) che il potere maschile non
abbia parola mentre una parola fragile iniziale ci sia nelle donne. Non vedo una
parola maschile, vedo grande espressione della crisi, non c'è una parola
della differenza maschile. Si attaccano, alcuni essendo in forte contraddizione,
alla parola delle donne, girano a vuoto. Però appunto quando parlo di svantaggio
maschile sto parlando alla politica delle donne che l'occulta o fa finta di niente
per stare parallela a quella cosa. Luisa
Muraro Sono d'accordo con Lia sul punto che il discorso dello svantaggio maschile
è un discorso che si rivolge prevalemente alle donne, quasi sempre Via
Dogana si rivolge alle donne. Certo ci sono uomini che sono interessati, ci sono
uomini che ci scrivono e a volte parlano a uomini però certamente un discorso
di svantaggio maschile è un discorso difficile da reggere per gli uomini
e sono consapevole perché c'è il famoso fantasma della castrazione
raccontato da Lacan. Lui credeva si potesse applicare a donne e uomini ma io non
credo, è un discorso che si applica agli uomini e che è sempre una
minaccia e le donne possono diventare minacciose se si mettono così disinvoltamente
a fare il conto di quanto meno vivono gli uomini, di quanto meno sono potenti,
di quanto male vanno a scuola, di quanto scemi sono in certe situazioni... Ho
dovuto convincere Stefano a parlare di questo svantaggio, lui ha acconsentito
e ho presente delle situazioni di vero svantaggio: la storia del muratore intervistato
dalla nostra Monica. Questo povero uomo fa il muratore, è rozzo, è
violento, tratta male la moglie il giudice sentenzia di pagare, mantenere la moglie
e andare fuori di casa senza la possibilità di vedere la figlia. Si è
confidato con Monica che lo ha intervistato. Questo è lo svantaggio maschile
in questo tipo di società. La società non è più patriarcale,
non lo è con ogni evidenza, che mi vengono ancora a dire che c'è
il patriarcato mi viene da ridere, certo che ci sono ancora quelli che lo difendono
strenuamente perché non vedono alternative: tutto il movimento islamista
è sostenuto da uomini che vedono che se va avanti il modello occidentale
loro franano: si vedono smantallato tutto e si vedono cambiate le donne radicalmente
e loro perduti, quindi difendono il patriarcato. Il punto che tocca Marina è
molto importante, tutti lo hanno riconosciuto, che lo svantaggio maschile non
vuol dire il vantaggio femminile. Allora quella questione, non così ovvia,
per niente, quando noi parliamo della superiore mortalità maschile, gli
uomini muoiono di più, è chiaro dov'è lo svantaggio se non
rispetto alle donne, le donne muoiono di meno, questo ero lo spunto di Clelia.
Però non è che la cosa finisca qui, c'è un lavoro, secondo
me, da fare rispetto alla questione di non fare l'equivalenza svantaggio maschile
- vantaggio femminile tipo questi film come American Beaty: questioni come lui
fuori di scena, lei entra in scena, sono di una biechezza terribile con tutto
che il film ha i suoi aspetti belli però sono tremendi, micidiali, pericolossimi
dal punto di vista culturale perché aizzano. Gli economisti e i teorici
lo dicono expressamente di promuovere la parità donne e uomini per accentuare
la competizione, perchè al capitale va bene. Quindi bisogna fare un lavoro
politico. Lia si riferiva all'articolo Questo femminsmo non ci basta ma questo
numero prende la parola dello svantaggio maschile da quel numero precedente riconiugandolo
in un senso completamente nuovo. Volevo difendere la discussione che c'è
stata qui: è vero che si è spostata rispetto al discorso che facevamo
Lia e io in quell'articolo, però questo numero di Via Dogana riconiuga
tutto il tema dello svantaggio maschile, lo riconiuga, ma appena comincia perché
non propone cose, ovvero le propone implicitamente tra le righe per fare sì
che lo svantaggio maschile non sia il vantaggio femminile o meglio per fare sì
che il vantaggio femminile non sia lo svantaggio maschile. Quindi lo svantaggio
maschile non sia né quello arcaico della fecondità che sarebbe una
cosa schiacciante e non farebbe che aizzare i medici e gli scienziati a continuare
con quelle ricerche in cui si capisce dove vanno a parare ovvero rendere superflua
la donna per quanto riguarda la procreazione. Allora bisogna che non venga evocato
quel terribile fantasma che le donne nascono dalle donne e gli uomini invece pure
nascono dalle donne, la superfluità maschile. Il libro della Giuditta Lorusso
punta su questo cioè il fantasma che hanno gli uomini è quello della
superfluità del loro sesso e in effetti lei descrive l'interno domestico,
quest'uomo che arriva e il bambino che dice "Poveretto mamma lui là
fuori, prendiamolo qua con noi". Il bambino fa coppia con la sua mamma e
questo pover' uomo, che sarebbe il padre, finito il patriarcato, entra in casa
come un ramingo che sta per le strade e viene tirato dentro per pietà.
Il fantasma di questa superfluità. Tutte queste cose è chiaro che
quella parola lì le tira fuori ed è altrettanto chiaro che primo
usciamo da un dominio sessista, e tante donne sono dentro a un dominio sessista
che è pesante, e dunque tutto questo ci ha portato a un'estrema saggezza
e quindi aspettiamo quello che faranno gli uomini perché noi credo che,
sfiorando questo tema, diamo il compito di fare, ma il numero della rivista non
lo dice, che il vantaggio femminile non sia lo svantaggio maschile se questo sia
possibile veramente io non lo so. Sono rimasta molto colpita dal fatto che gli
uomini che erano così protagonisti di una presa di coscienza di un percorso
molto lungo, accurato, uomini intelligenti e sensibili, cosa hanno fatto? Un'associazione
di soli uomini, una cosa puramente insensata a mio modesto avviso, ma certo molto
sintomatica. Un'associazione di uomini che vogliono andare avanti con la loro
presa di coscienza, con la differenza maschile e tutto quanto. Ecco questa cosa
qui di cui non capisco la ragione politica è molto sintomatica di una situazione
che è molto in sospeso. Francesco
Siliato Devo dire a Luisa che non è vero che le donne muoiono di meno
degli uomini, moriamo tutti. Si tratta di morire prima o dopo. Non ho letto
il numero ma mi sembra che gli uomini stiano mettendo in scena il loro svantaggio.
Lo stanno mettendo in scena nelle sitcom, nel cinema, alcuni nella vita reale
per quelli che credono ai film, ai poteri, alle ideologie. In questo momento,
spettacolarmente, l'uomo mette in scena il suo svantaggio. Può essere stupefacente
che le donne ci credano a questa messa in scena perché c'è un'ideologia,
un obiettivo, un traguardo che probabilmente è spostato da un traguardo
visto dalle donne. Perché è un vantaggio, uno svantaggio implica
un arrivare da qualche parte. Definiamo queste due cose. Da bambini c'era il vantaggio
di essere davanti e dietro ma c'era il traguardo, qui il vantaggio è simbolico,
c'è il simbolico della messa in scena dello svantaggio. Mi riferivo a quello
che sta sopra questa ideologia dominante che fa finta che sia tutto sotto controllo
o che niente sia sotto controllo perché tutti abbiano paura che nulla sia
sotto controllo. Pensavo anche agli studenti e alle studenti. Me ne accorgo tutti
gli anni: le studenti sono più brave, studiano di più, prendono
voti più alti, gli studenti meno ma perché questo potrebbe esser
uno svantaggio? Potrebbe essere un difetto, gli studenti avanguardisti, più
avanti delle donne, si sono resi conto che studiare quella roba è superfluo,
fa perder loro tempo, vanno a fare qualcos'altro: giocano, si divertono, fumano,
si drogano, non lo so non ho quell'età. In questa messa in scena dello
svantaggio può esserci anche questo, c'è anche vedere che il traguardo
è stato spostato e se non sai dov'è, probabilmente questa messa
in scena andrebbe più approfondita da parte vostra. Vita
Cosentino Non mi convince il punto che hai sollevato sugli studenti maschi,
insegnare è stata la mia professione. Citavo all'inizio il caso di quel
ragazzo morto e questa cosa qui tocca, mi tocca molto il fatto che uomini adulti
non si mettano in relazione minimamente con questo problema eclatante e qui c'è
un problema secondo me. Io infatti vorrei andare nella direzione affinchè
questa cosa succeda in qualche modo perché, secondo me, di questa questione
dei giovani maschi, che è un bel po' incasinata, una componente è
anche la sottrazione degli adulti maschi ad andarci dentro. Laura
Minguzzi Anch'io insegno. E' proprio questo entrare dentro le relazioni che
è faticoso e soprattutto far capire, nella pratica nell'agire quotidiano,
cosa vuol dire relazioni non strumentali non utilitaristiche. Perché se
il ragazzo ascolta musica in classe, fuma, fa il clown, gioca, le ragazze invece
mi ascoltano, studiano, comprano i libri che io dico di comprare, io mi pongo
qualche problema, lotto appunto perché voglio far capire che nel mondo
non è che deve pagare il comportamento del giovane maschio che pensa che
tanto il traguardo si è spostato, non serve niente studiare. Questo discorso
utilitaristico, mercantilistico io lo combatto giorno per giorno e questo è
il punto: la responsabilità che io mi prendo di lottare per farglielo capire. Marisa
Guarnieri Io volevo parlare un po' di più del rischio della relazione
nel senso che è la situazione più emblematica. La situazione più
emblematica in cui lo svantaggio maschile non è il vantaggio femminile
è il caso della violenza, più chiaro di così, però
la presa di coscienza della propria violenza è un vantaggio maschile, la
presa di coscienza della propria sventura, chiamamola così, per le donne
è un vantaggio ma è una pratica che va fatta a distanza. Però
questa cosa mi dice che non è così semplice, non è così
tranquilla la presa di coscienza di uno svantaggio da esprimere in qualche modo
che non è un vantaggio femminile e che il vantaggio femminile in quel caso
possa non essere uno svantaggio maschile. Ci vuole un lavoro approfondito perché
se no non succede, non accade, sono come due strade separate: o è il maternage
o è la separazione. Per entrare dentro questa questione ci vuole un lavoro,
un lavoro grosso con delle mediazioni dentro che io non so bene quali siano però
sicuramente è uno spostamento di sguardo che non è facile, è
spiazzante. Io ho avuto esperienze di incontri rispetto al mettersi in relazione
con uomini violenti e quello che io ho sentito è stato un fortissimo spiazzamento
di sguardo perché poi la modalità è la stessa di mettersi
in relazione con una vittima, che è una donna, di mettersi in relazione
con un violento, che è un uomo, nel senso che i capisaldi sono la stessa
cosa: il rispetto, l'ascolto, la valorizzazione del positivo che c'è. Questo
è spiazzante così come per certi versi mi ha spiazzato questo numero.
Questo spiazzamento probabilmente è positivo appunto per costruire qualcosa
in cui lo svantaggio diventa positivo se è presa di coscienza, se il vantaggio
delle donne non diventa aggressione verso l'altro, io mi sento dentro un grosso
lavoro. Antonella
Nappi Io avrei voluto scrivere un pezzo ma non sono riuscita. Quello che a
me sorprende di più della società maschile è l'incapacità
e impossibilità alla modestia e questo bisogno di uscire da se stessi e
di creare potere come manifestazione di modello maschile. Tutta la cultura accademica
maschile o politica è un non voler avere buon senso, fuggire il buon senso.
Nell'accademia il buon senso è la stupidità e l'intellettualità
è il massimo dell'astrazione. Insomma i risultati riguardo alla ricerca
scientifica per sanare gli organi di alcuni ricchi per aumentare il benessere.
Anche questa ideologia che abbiamo vissuto in questi ultimi trent'anni di abuso
di potenza energetica. Mi ricordo una brava giornalisita di Report che poi alla
fine era finita per condurre un trasmissione nella quale diverse donne si lamentavano
che non possono accendere il ventilatore, la stufetta, lo scaldabagno, lo scaldarrosto
contemporaneamente, che è l'assurdo totale. Questo essere usciti di testa,
tutti quanti, anche noi donne, dietro al potere, si fa fuori tutte le risorse
del pianeta e non vuole discutere del distruiburire quello che abbiamo con gli
altri, è il proprio il massimo di uno svantaggio criminale che ci ha trascinati
nel disastro. Io vorrei che noi donne ci aiutassimo, perchè io nell'Università
sono nello svantaggio più totale. Vorrei che riuscissimo ad aiutarci, le
dimostrazioni scientifiche dell'astrattezza, incapacità di confrontarci
con il reale del modello maschile del modello del potere, che riuscissimo a riportare
la cultura proprio al buon senso alla modestia al guardare gli altri. (Trascrizione
a cura di Serena Fuart)
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