| 20
marzo 2004
Circolo della
Rosa
trascrizione e redazione a cura di Serena Fuart
La verità di Svetlana Aleksievic
La giornalista bielorussa Svetlana Alekievic, già ospite del Circolo
della rosa in occasione della pubblicazione in italiano di 'Preghiera
per Cernòbyl' è tornata alla Libreria delle donne attraverso
un suo libro, 'Ragazzi di zinco' (edizioni e/o, 2003), un reportage sulla
guerra in Afganistan. L'incontro origina dal desiderio di Laura Minguzzi,
estimatrice e studiosa della giornalista, di parlare di questo libro e
di confrontarsi con un altro appassionato di questo scritto, Stefano Sarfati,
che ha letto 'Ragazzi di Zinco' trovandoci spunti di riflessione e di
discussione.
Un confronto che tocca diversi aspetti psicologici e sociali che avvolgono
e compongono l'essenza dei conflitti armati.
Laura
e Svetlana
Laura Minguzzi introduce l'incontro iniziando a parlarci di lei, della
sua vita , alla fine degli anni 70. In quegli anni ha avuto inizio la
guerra in Afghansitan mentre lei, terminata la sua formazione, si dedicava
all'insegnamento della lingua russa. Si trattava di un periodo di svolta
per lei tuttavia ricorda la sua forte sensibilità alla realtà
sociale circostante. Riferisce la forte percezione che provava: sentiva
che stava assistendo alla fine di un modo di pensare e di essere. Ricorda
un forte disagio: forti amnesie e vuoti di memoria, anche su argomenti
che conosceva bene. Questi disturbi mettevano seriamente a repentaglio
il buon esito delle sue lezioni e quindi del suo lavoro di insegnante.
Oggi, a distanza di vent'anni, Laura dichiara di ripensare molto a quel
periodo della sua vita e della storia russa forse per le forti somiglianze
con la situazione politica internazionale attuale. Rende così noto
il suo desiderio di parlare di questo libro per ripercorrere gli archivi,
farsi attraversare dal dolore e riscattarlo. Il riscatto si ottiene attraverso
l'elaborazione della sofferenza e la sua integrazione nel presente.
Laura conosce Svetlana Alekseevic tramite 'Preghiera per Cernobyl' e con
"Ragazzi di zinco" approfondisce la conoscenza di questa scrittrice/giornalista
e scopre i motivi per cui questa professionista è ovunque riconosciuta
e ammirata per qualità quali coraggio e trasparenza.
Svetlana e 'Ragazzi di Zinco'
Svetlana parte per l'Afaghanistan per cercare di capire l'essenza di questa
guerra definita 'occulta'. Si pone così all'ascolto delle motivazioni
dell'Armata Rossa e indaga tramite delle ricerche.
Ritorna in Russia sconvolta ma libera. Sconvolta dopo aver visto crollare
davanti ai suoi occhi l'utopia del soldato russo che combatte una guerra
giusta, libera dal bisogno di illusione e di ideali per giustificare quel
conflitto armato. Ed è proprio mentre lei sperimenta queste nuove
sensazione che inizia la 'sua personale battaglia'. 'Ragazzi di Zinco'
subirà infatti molteplici critiche. Un gruppo di madri di soldati
l'accuserà di tendenziosità avendo costruito il suo lavoro
principalmente sulle interviste e dichiarazione di vedove , alterando
così una possibile visione oggettiva della realtà. Altre
critiche arriveranno da madri, questa volta di soldati , dottoresse o
infermiere da lei intervistate. L'accuseranno di raccontare la guerra
con un linguaggio troppo semplice trascurando di riportare una dettagliata
analisi dei fatti storici.
Svetlana superà queste critiche con la consapevolezza che non sono
le madri in sé a processarla ma il patriarcato e la ragione di
queste accuse va ricercata quindi oltre il risentimento e le dinamiche
ad esso connesse. Secondo il sistema politico di quegli anni la guerra
doveva essere vissuta come l'interfaccia della normalità. Nel suo
lavoro e nella sua vita lei decide quindi di lottare contro questa interpretazione
della realtà e della memoria storica.
Nel suo scritto e nella sua vita Svetlana decide di rompere quei canoni
e quegli ideali non nascondendo i veri risvolti di quella spedizione,
parlando di se stessa e mostrando se stessa, attraversando il suo dolore
e infine riscattandolo.
Non ha mai inteso negare il comunismo, né idealizzarlo, ha solo
provato a conoscerlo sotto i suoi molteplici e contradditori aspetti.
Questo è stato possibile a partire dal cambiamento del suo modo
di pensare e di essere.
Due estimatori:
Laura e Stefano
In base a queste premesse Laura riflette su ciò che sta accando
oggi in Italia. Stiamo assistendo a diverse manifestazioni per i morti
di Nassyria, manifestazioni contro questa morte non cercata che va verso
una ricerca di senso. A quel tempo si giustificava la guerra in Afghanistan
per emancipare le donne e aiutare le popolazioni afghane, in pratica per
'colonizzare' un popolo 'primitivo', in pratica per renderlo 'avanzato'
come loro. Tuttavia i soldati non avevano fatto i conti con la potente
alterità invece che caratterizzava quei luoghi. Questo popolo apparteneva
a una cultura completamente diversa da quella russa addirittura capace
di rifiutare la terra che i russi intendevano donare loro per favorire
la modernizzazione. Un rifiuto motivato dal fatto che 'quelle terre' appartengono
ad Allah.
E' il momento di Stefano che affronta i tre punti principali del libro
che lo hanno affascinato e lo hanno fatto riflettere.
Ragazzi di Zinco come microstoria.
'Ragazzi di Zinco' è innanzitutto saggio di microstoria o storia
orale che si declina in un racconto di un popolo che fa i conti con il
crollo di un'identità. I ragazzi russi sopravvissuti hanno parlato
e i loro racconti obbligano i russi a fare i conti con la loro identità.
Svetlana Aleksievic produce uno scritto di critica alla guerra partendo
da dati di fatto; tuttavia, la dura verità che traspare, essendo
riportata attraverso le narrazione delle persone coinvolte si appoggia
al vissuto soggettivo. Questo punto può essere visto come un limite
alla credibilità dei fatti. In realtà è la cruda
verità riportata a destare tanti pregiudizi. Questo libro è
la vera storia dell'Afghanistan: l'URSS 'ha invaso' l'Afghanistan mentre
a tutti era fatto credere d'esser in spedizione per distribuire aiuti.
' I miei libri sono le persone che raccontano e io vedo la storia attraverso
di loro', è una frase che protrebbe dire Svetlana perché
quello che narra non è un report di guerra bensì un'immersione
nei sentimenti e vissuti delle persone coinvolte.
In questo libro si fa inoltre spesso riferimento alla differenza sessuale
per la diversa prospettiva da cui vengono vissute le esperienze.
Crollo d'identità
I russi hanno dovuto fare i conti con la crisi della perdita d'identità.
All'interno del testo c'è la testimonianza di una donna che riferisce
di quanto in passato abbia odiato chi ha ucciso suo figlio, mentre ora
il suo risentimento si è indirizzato verso lo Stato, responsabile
d'aver mandato un ragazzo giovane verso la sua fine.
Ragazzi di Zinco inno alla Vita
Nonostante i reportage di crudeltà e violenza il messaggo del libro
è una speranza di vita. Svetlana fa riferimento a scrittori che
come lei, affrontato il tema del senso della vita (Dostojevsky, Tolstoj,
Puskin). Tra le testimonianze quello di un soldato che racconta di aver
riscoperto in guerra la solidarietà tra compagni, d'aver sperimentato
emozioni e brividi forti e unici dovuti all'essere in costante bilico
tra la vita e la morte. Il racconto di una donna riguarda invece la forte
sensazione di sentirsi utile e indispensabile come non mai.
Gli interventi
La discussione si intensifica attraverso numerosi interventi. Ida Farè
esterna la sua sorpresa rispetto al tema dell'intensità di emozioni
vissute in quell'esperienza 'così sbagliata'. Racconta della zia
che l'ha allevata. La donna aveva vissuto la prima guerra mondiale come
l'esperienza più bella della sua vita. E' come se la guerra, conclude
Ida, desse una sorta di terribile libertà e facesse riscoprire
il gusto intenso della quotidianità. Stefano aggiunge a sostegno
di quanto dice Ida quanto, secondo lui, la vita che conduciamo sia noiosa
e ripetitiva.
Infatti cosa guidava chi partiva per l'Afghanista? Un desiderio di vita,
di avventura,
di scoprire un territorio esotico, conclude Laura. Non bisogna dimenticare,
inoltre, che in URSS in quegli anni era proibito viaggiare ed era insito
nelle persone questo bisogno di conoscere.
Ma c'è anche la questione della 'sindrome afghana' che Laura affronta
su spunto di una partecipante. Questo fenomeno riguardò soprattutto
i giovani. Questi dopo aver vissuto le intense esperienze di guerra al
ritorno non riuscivano più a integrarsi nel quotidiano. Sconvolgente
il caso di un ragazzo, ritornato salvo, che decide un rimpatrio con i
suoi vecchi compagni d'avventura. L'incontro durò invece di una
sera, ben una settimana nel corso della quale i giovani , chiusi in casa
di uno, passarono le ore ubriacandosi a suon di vodka. La bizzarra esperienza
si concluse tragicamente con l'uccisione di uno dei ragazzi. Avvenne dopo
una rissa che vide coinvolto l'ex soldato tornato vivo dall'Afghanistan.
La madre piange ancora oggi la sua sorte: da eroe si ritrova assassino
e costretto in prigione probabilmente condannato all'ergastolo.
Una partecipante puntualizza la voglia dei russi di dimenticare. Scrivendo
la tesi su quest'argomento racconta delle difficoltà che ha incontrato
nella raccolta del materiale. Riferisce inoltre dei commenti che le è
capitato di sentire durante la sua ricerca. Frasi del tipo 'Ma chi te
lo fa fare?' oppure 'Ci sono altri argomenti molto più interessanti'
erano molto frequenti e conclude, a sostegno della sua ipotesi, come questo
libro sia molto più conosciuto e pubblicizzato in Italia piuttosto
che in Russia.
Laura interviene su questo argomento sottolineando il fatto che ora Svetlana
vive a Parigi con una borsa del Consiglio europeo, avendo dovuto scappare
dalla Bielorussia dove,s embra ci sia un ritorno al passato.
L'ultimo intervento che conclude la serata mette in risalto una profonda
contraddizione della Bielorussia: Geograficamento si trova al centro Europa
eppure gli abitanti non possono permettersi un tenore di vita sufficientemente
benestante, al contrario, a stento possono permettersi una bibita al bar.
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