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Sabato 29 gennaio 2005, Libreria delle Donne - Circolo della Rosa Incontro con Barbara Garlaschelli Soprattutto
libera La serata nasce da un'iniziativa di Marirì Martinengo che ha avuto modo di incontrare e conoscere Barbara Garlaschelli, traendo grande energia dalla sua conoscenza e dalla lettura del suo ultimo libro Sirena (Salani, 2004); Barbara ha subito da ragazza un grave incidente e, attraverso la scrittura - via alla libertà - ne è uscita vincente. Per dare risalto in primo luogo alla sua personalità, Marirì l'ha voluta invitare a parlare della sua esperienza, della sua forza e determinazione a vivere e a scrivere. "Barbara,
con il suo ultimo libro, racconta il suo essere divenuta sirena. Una trasformazione
tutt'altro che indolore, spesso traumatica. La narrazione, pur avendo
sempre sullo sfondo lo sforzo e la fatica, sa elevare il tono a un livello
ironico e leggero". L'autrice Un intervento
pregno di significato, il suo, capace di toccare le corde più profonde
dell'essere eppure per niente pesante o noioso. Non stupisce che la sala
fosse gremita di ammiratrici, ammiratori, amici ed estimatori curiosi
di conoscerla. "La vicenda di Sirena è molto meno aulica delle parole che Marirì ha usato" - esordisce Barbara - "Si tratta di una vicenda banale. Il mio è stato un incidente molto sciocco. E' tutto quello che ha portato con sè che è stato di un'eccezionalità incredibile. Intorno a me si è mosso un mondo, anche se io, paradossalmente, non mi sono mossa. Ho perso tutto, per molto tempo ho mosso solo gli occhi. Ma intorno a me il movimento c'era, un grande movimento di solidarietà. Solidarietà, precisa, non pietà o buonismo. Relazioni vere e profonde". Sirena è un racconto anche di dolore ma è soprattutto una storia di grande amore. Barbara racconta quello che ha costruito con le persone, la sua vita ricca di incontri, incontri che lei definisce, molto appropriatamente, incontri d'amore. Uno degli
incontri d'amore è la performance-esperimento con Simona Tediosi
con la quale ha costruito un percorso negli ultimi tempi. Un altro
dei suoi incontri d'amore è con Nicoletta Vallorani, che ha contribuito
alla pubblicazione di Sirene. Nicoletta, scrittrice italiana, è
una grande amica di Barbara. Questa le inviava periodicamente i pezzi
del libro che scriveva più per sfogo che per effettivo desiderio
di pubblicazione. Sirena "I miei personaggi non sono normali - continua poi -. Io non voglio stare nella normalità. La diversità è un valore. La normalità è una rassicurazione della vita che rassicurante certo non è". Barbara racconta
poi dell'incidente. Un fatto banale, una questione di attimi e di una
serie di scelte. "Hai mai pensato di scrivere questo libro in anonimato e se sì, perchè non lo hai fatto?" Chiede una partecipante. Barbara risponde, con la simpatia che le è propria, di essere un'egocentrica genetica, di famiglia insomma. E' molto orgogliosa di sè e di quello che ha scritto. "Perché avrei dovuto restare anonima?" "Tante persone dicono 'se fosse andata così o cosà - continua - ma non è andata, e io sono contenta della mia vita. Ci sono momenti difficili, come tutti. Ma va bene così, la mia esistenza è piena. Ho tanti affetti. Certo non posso dire che non avrei voluto fosse andata proprio così. Ma non mi sono fatta molte domande rispetto a questo". "Mi ha colpito tantissimo come può essere usata la diversità in un percorso di accettazione di sé come donna - interviene un'altra -. Un percorso che mi sembra essere più profondo e ricco rispetto alle persone a cui non accade nulla" "Diversità e dell'accettazione sono una parole magiche. Per quel che mi riguarda l'accettarsi è un percorso che uno non decide. Deve farlo per forza. Ci sono solo due vie. Nelle vita le scelte hanno molte diramazioni ma in questo caso ce ne sono solo due: o io accettavo quello che era successo o morivo. Sono godereccia e mi piace stare al mondo. Ho deciso per la vita, ho percorso questa via di accettazione e conferma. Io sono questa donna e vado per il mondo così. Non voglio una vita normale. E mi spiace a chi non accade nulla. Ma non occorre che per forza accada qualcosa per costruire". "Mi colpisce quello che ad un certo punto dici - interviene un'altra partecipante - come si può essere così autonomi mentalmente e fisicamente dipendenti? Ho riflettuto sul concetto di autonomia e dipendenza. Sei riuscita, in questa condizione, a prendere il di più della vita, arrivare a un sapere tra autonomia e dipendenza, e a comunicarlo. Ho riflettuto su di me e, seppur abbiamo una vita diversa, quello che hai detto mi è prezioso". "Volevo aggiungere - dice Marirì - quanto l'accettazione di sè non sia facile. E' stato il frutto di un lungo percorso. Ma ne valeva la pena. L'accettazione rende più sereni". Barbara sulla scia di Marirì aggiunge "A volte la fatica non viene nominata. Io sono 24 anni che ci lavoro su. Sono stata fortunata di essere la persona che sono e di avere due genitori incredibili fonte di forza, gioia, felicità. Non è stato facile, né lo sarà in futuro. Invecchio, sento i dolori, anche i miei genitori invecchiano. Non è facile però è possibile. Questo volevo dire e raccontare. L'importante è la solidarietà, ma sostegno e relazione". "Avevi
già pensato prima a questo libro o è un'idea maturata in
questo periodo?" "Vorrei fare una precisazione - interviene un partecipante -. Il dolore, secondo me, non è quello di una persona in carrozzina, io non ho dolore. Il dolore è di chi mi vede. Io sono contento di vivere anche se sono in carrozzina. Il problema non sono io è l'uomo, l'essere umano, l'umanità. Per finire una domanda. Che cos'è l'umanità? Se rispondete a questa domanda dico che gli handicappati siete voi". |