Libreria delle donne di Milano

25 Gennaio 2011

Recensione di DIARIO RUSSO
di Anna Politkòvskaja, Adelphi, 2007

A cura di laura Minguzzi

Capodanno 2000, fine millennio. Ed io, insegnante di russo attualmente in pensione, avevo deciso di passarlo a Mosca sulla Piazza rossa. Arrivo all’aeroporto di Seremiètevo, esco e vedo un giornalista con la telecamera in spalla che filma qualcosa o qualcuno dietro di me. All’improvviso viene aggredito e picchiato... Come benvenuto nel nuovo millennio non è male.
Questo è il clima politico che si respirava all’inizio dell’era Putin.
Nel Diario russo di Anna Politkòvskaja uscito nel 2007, a cura di Adelphi, tradotto dall’inglese, la giornalista registra giorno dopo giorno come Putin riuscì a farsi rinnovare il mandato per altri cinque anni. Come, con quali mezzi, uomini, strumenti e luoghi è riuscito a restare al potere. A mantenere la popolarità, alla lettera appoggio del popolo, nonostante le promesse del primo mandato non fossero state mantenute. In primo luogo aveva promesso di porre fine alla guerra in Cecenia e al terrorismo in città. Condizioni di vita migliori per la gente comune e invece
“[...] Gennaio è stato il mese delle dimostrazioni di protesta… Agli invalidi hanno tolto tutto, anche il diritto alle medicine scontate, e senza le medicine sono morti… Alle donne incinte hanno tolto il congedo retribuito per maternità, dunque non abbiamo speranza di far salire un tasso di natalità già bassissimo. (pag. 262)”
15 gennaio 2005 ..:”E’ iniziata la protesta delle “restituenti”. Le madri dei soldati caduti in Cecenia, private dei sussidi, hanno rispedito a Putin i 150 rubli (4,50 euri) della compensazione in denaro di alcuni sussidi: l’equivalente di venti biglietti dell’autobus. Perché la verità è che, per combattere in Cecenia, lo Stato usa le carni di chi proviene da famiglie indigenti. Il controvalore di 150 rubli è un’umiliazione e un’offesa, una presa in giro e un insulto alle madri a cui hanno tolto i figli. (pag.277)
Nella quarta di copertina trovate scritto che Diario russo è il testamento morale di Anna, ma anche la spiegazione implicita del suo assassinio. Anna Politkòvskaja, fondatrice del quotidiano liberal, Novaja gazieta, corpo estraneo, voce libera della Russia putiniana è di origine ucraina, il suo cognome è Mazepa. Non è un dettaglio insignificante per la storia russa. Mazepa è stato un famoso atamano, cioè un capo rivoluzionario ucraino che ha combattuto contro l’impero zarista nel ‘700. Nata a N.Y. il 16 settembre 1958 da diplomatici sovietici, muore nell’ascensore del proprio appartamento, uccisa da killer. I mandanti sono ancora impuniti. Sapeva, come tutti coloro che sono mossi da un amore estremo, radicale, senza compromessi per la verità, di essere in pericolo di vita, di rischiare la vita per il suo lavoro di giornalista. La sua tesi di laurea su Marina Cvetaeva ci parla del suo spirito aspro, nemico dei compromessi col potere, amante della verità, cercata sempre in prima persona. Non era una moderata. Una donna affascinante, anche se tragica; aveva due figli, che testimoniano anche oggi del suo coraggio estremo. In dicembre la figlia, Larisa ha partecipato ad un convegno a Carmagnola, vicino a Torino, appunto dedicato alla Cecenia e alla attività politica della madre.
Lo faccio per i miei figli, di lottare per un paese migliore”. “Non bisogna fare i funghi.” Non accettava la posizione del fungo che tenta di nascondersi sotto una foglia, “ ma lo vedranno comunque, lo raccoglieranno e se lo mangeranno”. Va in Cecenia e parla con la gente comune, con le donne, con i civili, oggetto dei soprusi e delle torture dell’esercito, a caccia di terroristi nei villaggi. Intervista Ramzàn Kadyrov, figlio del presidente assassinato Achmèt, attuale presidente-rappresentante-fantoccio del governo russo in Cecenia, pupillo di Putin e da come lo descrive pare di essere in un harem fortificato. Un uomo feroce, incompetente circondato da guardie del corpo armate fino ai denti e pieno di paura. Deve combattere il terrorismo e vive nel terrore di essere scovato dai guerriglieri ceceni. Che sono in aumento fra i giovani spinti a questa scelta radicale dalla politica sbagliata del governo centrale russo. Anna ha tentato sempre di porsi come mediatrice a Beslàn nel 2004, ma subì un tentativo di avvelenamento durante il viaggio e non riuscì a raggiungere la scuola, a Mosca al teatro Dubròvka, nel sequestro che diventò una strage di innocenti nel 2003. Ha denunciato le collusioni fra governo, esercito e magistratura. Ha collaborato con Memorial, una associazione non governativa, di informazione e di sostegno alle donne in Cecenia. Nel 2009 è scomparsa un’amica giornalista, Natàlja Estemìrova, anche lei appartenente a Memoriàl che stava indagando sulla scomparsa di giovani donne cecene dai villaggi. Vengono rapite quando si sospetta che qualche familiare appartenga alla resistenza armata, di solito uccise dopo aver subito violenze.
Lei stessa fu rapita nel luglio del 2009 da quattro sconosciuti che l’hanno prelevata alle otto e trenta del mattino, caricata su una Lada bianca. L’hanno ritrovata nel pomeriggio in un bosco a 100 metri dalla strada federale Caucaso, giustiziata con parecchi colpi di pistola alla testa. Aveva 51 anni ed era per parte materna di origini cecene. Lavorava a Grosnyj come insegnante, prima di dedicarsi alle inchieste giornalistiche per Memoriàl.
Anna Politkòvskaja con le sue inchieste colpisce al cuore e mette a nudo la cosiddetta verticale del potere di Putin, così lui definì l’abolizione delle libere elezioni dei governatori delle regioni russe che oggi sono decisi dall’alto, cooptati in nome della stabilità e della sicurezza.. E questo il regime non lo sopporta. Il 10 ottobre 2006 al suo funerale accorsero più di mille persone.. Aveva solo 48 anni.

25 gennaio 2011