| di
Katia Ricci Ho
letto l´articolo di Raffaele Vescera "Nasce una nuova Foggia? Speriamo"
sull´Attacco, sabato 21 giugno. Bello, coinvolgente, appassionato. Però,
sono arrivata alla fine con un vago disagio, come se nell´analisi della
città, su cui sono perfettamente d´accordo, manchi qualcosa che considero
essenziale, anzi `l´essenziale´. Come si sottolinea, si è
fatta strada in questi ultimi mesi, attraverso articoli (L´Attacco se ne
occupato spesso) e manifestazioni organizzate dalla Merlettaia per Piazza Giordano,
un´idea di una nuova città, stimolata anche dallo spettacolo dei
tanti scempi che, insieme e prima che fisici, sono stati scempi delle abitudini
e della memoria delle e degli abitanti, senza nessun rispetto per i corpi viventi.
A un´idea di piazza "bella", ma inospitale senza alberi e panchine,
con materiali che non appartengono alla tradizione, a un´idea di città
astratta, che si può progettare a tavolino con squadra e compasso, se ne
sta sostituendo un´altra. E´ la città che possiamo chiamare
della partecipazione, dell'accoglienza e della cura, misurata sul passo del "piccolo".
Non nominarla come un´idea femminile, ancorché sostenuta da uomini,
può essere grave e mi spiego. Mi preme, intanto, affermare che questa mia
non è una richiesta di riconoscimento di una primogenitura per attribuirsi
meschini applausi. Il punto è altro: siamo a una svolta nei rapporti tra
uomini e donne e ne va della costruzione non solo della città, ma del mondo
in cui vogliamo vivere. Se è vero che ancora troppi uomini disprezzano
le donne (dagli omicidi di mariti lasciati, agli stupri, dall'´andare con
le prostitute e pensare di colpire loro, invece che clienti e sfruttatori, fino
al mortificante rito delle veline), è vero che molti le apprezzano,
anzi a volte inneggiano all'´azione salvifica, generale e generica, che
le donne avrebbero in ambienti finora maschili. Ma ancora pochi sono disposti
a vedere e riconoscere che un´idea o una pratica politica, considerata efficace,
inventata da alcune donne è segno della differenza femminile, utile e importante
per sé e universalmente per tutte/i. Molti uomini, invece, le considerano
come un appoggio o un sostegno alla propria causa. Insomma, per restare nel discorso
sulla città, la cosiddetta città a misura d´uomo di antica
memoria era una città a misura del maschio soldato, o militare, o signore
della città, a cui tutte/i dovevano uniformarsi. Addirittura per rendere
subito chiaro chi comandava, nelle piazze si sostituivano alle statue femminili,
rappresentanti virtù o anche sante e madonne, statue di uomini, come il
Davide di Michelangelo nella piazza della Signoria a Firenze. La città
che le donne stanno delineando, invece, nasce dalla relazione tra donne e uomini,
adulti e bambini. E´ una città di tutti/e e di ciascuno/a. Senza
riconoscere e nominare questo passaggio non può esserci quel cambiamento
del simbolico indispensabile alla trasformazione della realtà e alla rifondazione
del rapporto tra i sessi. |