Marzo 2009

Interpretare fedelmente i fatti ma anche i sentimenti
di Luisa Muraro

Nell'intervista del Manifesto "Lo stupro ha un sesso ma non ha un passaporto" Marisa Guarneri dice cose giuste e fa bene a ripeterle, ma non sempre basta, talvolta occorre fare uno sforzo per capire dove inciampa il senso comune che viene così facilmente sfruttato dal sistema dei media e strumentalizzato da una certa politica. Se i fatti esattamente riportati non bastano ad arrestare le strumentalizzazioni, bisogna cercare un'interpretazione fedele non solo ai fatti ma anche ai sentimenti diffusi. È evidente che ci troviamo in questa situazione. Non si può attribuire tutto allo strapotere dei media.
Io suggerisco una direzione da prendere. Il codice penale chiama stupro la violenza sessuale che si consuma in famiglia da parte di mariti e conviventi, quella di potenziali clienti su donne che fanno sesso a pagamento, quella di uomini qualsiasi, più o meno sconosciuti, su donne prese a viva forza mentre vanno per la loro strada. Nel sentimento comune si tratta di cose percepite come diverse fra loro. Io stessa le sento diverse. Con ciò non chiedo affatto che il codice penale faccia a sua volta una differenza, assolutamente no. Dico che dobbiamo tenerne conto noi impegnate nella politica delle donne, così che le nostre risposte, ispirate a un pensiero dell'esperienza e a una politica relazionale, rispondano veramente al vissuto e al sentito delle altre donne. Per una come me, patire violenza da parte di un uomo con cui spartisco la casa, sarebbe più orribile del patirla da parte di persone estranee. Altre non la pensano così e pare che non sia così nel vissuto effettivo, per ragioni che in parte riesco a intuire, a cominciare dal trauma i cui effetti è molto difficile cancellare. Non ha dubbi in proposito l'opinione pubblica di questo paese, dove lo stupro in famiglia è stata una pratica diffusa e non dimenticata. Non solo: per l'opinione pubblica fa una differenza anche la violenza sessuale degli stranieri su donne di qui, sentita come specialmente inaccettabile. Quanto si può e si deve concedere a questi modi di valutare le cose? Occorre pensarci, con la consapevolezza che troppo spesso le posizioni "giuste" sono tali in forza di una cultura e di una mentalità non condivise da tutte le classi sociali, e restano quindi senza seguito. L'agire politico domanda, in ogni caso, che inventiamo interpretazioni fedeli di quello che si vive e si sente da parte nostra e delle altre donne, e che lo facciamo con tutta la necessaria spregiudicatezza, senza subire i luoghi comuni di destra o di sinistra, come abbiamo saputo fare per il problema dell'aborto.