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L'"ALTRA"
- Gabriella Ferri, il nostro cuore
Daniela Tuscano
Mi sono ben guardata dal leggere i necrologi pubblici di Gabriella Ferri.
Dopo la prima, sconvolgente notizia, ho evitato persino i titoli, già
grondanti sciacallesca morbosità, sulle opposte tesi suicidio-disgrazia.
Avrei desiderato stringerla al cuore, la "mia" Gabriella, come
un tesoro prezioso, o una bimba amata; avrei desiderato chiudere gli occhi
sul suo volto acceso, di quel sole brutale e periferico anni Cinquanta,
e sfogare il pianto liberatorio che, ogni volta, mi suscitavano le sue
canzoni. Eppure un'intestazione è riuscita ad attirarmi; non a
caso, forse, risaltava su un piccolo quotidiano meridionale: "Gabriella
Ferri, l'altra 'Mamma Roma'".
L'"altra", non *dopo*, ma *a fianco*, di Anna Magnani, a siglare
l'indissolubile legame fra le due artiste e la loro città. E l'appartenenza
di Gabriella a Roma era contenuta nell'indimenticabile "Sempre",
che si srotolava sulla melodia come su un letto o su un triclinio. Con
la languida, struggente e sguaiata tenerezza di chi ha subìto troppi
parti, troppe violenze, troppe sofferenze. In quel "Sempre"
cadenzato, di disincantata monotonia, si trovava l'eco dolente di un'innocenza
rubata, di una umanità senza voce. L'elegia dell'abbandono, ma
anche la schiettezza della passione, diretta, franca, brutale. Quella
vivezza rustica che, agli occhi di Pasolini, faceva sembrare le romane
così simili a uomini travestiti.
Gabriella stessa contribuiva a dissacrare il mito della femminilità
convenzionale: sia sfoggiando, poco più che ragazza, il corpo flessuoso
avvolto in miniabiti, mentre si dimenava sulle note di un pezzo beat;
sia quando calcava le scene in bombetta e frac, col volto biaccato e le
mani sollevate a ventaglio, strana Réjane di Trastevere. Luci e
ombre della città "magnifica e crudele" che Gabriella
rifletteva stupendamente sul suo corpo d'argilla. Ma l'ambiguità
non apprtiene forse a tutti noi, non è la vita stessa? E quelle
"mantellate" che si accartocciavano sui gradini delle chiese
barocche erano poi così dissimili da quelle che, oggi, accalcano
le mense francescane? "Mantellate" con lavori forse più
nobili, insegnanti o impiegate, che non si chiamano più solo Fatima
o Myriam, ma Patrizia e Luciana; e che malgrado ciò, oggi come
ieri, càmpano ai margini di una società cosiddetta "opulenta",
che non le considera e non le prevede.
Per loro, per noi cantava Gabriella. Per un mondo sommerso, ma reale.
Lei ci ha lasciati, ma noi ci siamo. Noi vogliamo combattere l'indifferenza
e l'egoismo. E mica ci rassegniamo, a questo schifo.
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