29 agosto 2012

Elles e i prostitutori
di María-Milagros Rivera Garretas
(Traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan)

Malgoska Szumowska, Elles (Francia, Polonia, Germania, 2011, 96'). Interpreti: Juliette Binoche, Anais Demoustier, Joanna Kulig. Sceneggiatura: Tine Byrckel, Malgoska Szumowska.

Capita a volte che l'esperienza di guardare un'opera d'arte imponga a tal punto l'obbligo di scriverci sopra che una finisce per farlo anche contro la sua volontà. È quello che mi sta capitando con il film Elles. Sono andata a vederlo con due amiche, mi è risultato insopportabile e, allo stesso tempo, ho sentito nel profondo che è un capolavoro: un capolavoro del femminismo e pertanto della cultura attuale.
Tratta di quella cosa intrattabile nella nostra società attuale occidentale che è la politica sessuale; e ne ritrae l'impossibilità. Della politica sessuale quasi non si parla, nonostante sia subito sotto la vellutata superficie delle nostre vite, sempre attiva e alla ricerca di parole. Non se ne parla perché un numero incalcolabile di uomini conduce una doppia vita e affinché possa continuare a essere doppia è necessario tacere. All'incirca uno stesso numero di donne non guardano da quella parte o fanno finta di niente. In questo enorme non detto, Elles narra la presa di coscienza di una giornalista di Parigi che, preparando un reportage per la rivista femminile Elle sulla sessualità tra le studentesse universitarie, scopre che l'eterosessualità maschile libera di oggi è, con enorme frequenza, incompatibile con l'amore della moglie e con le relazioni familiari che lei ha creato e sostiene attorno alla sua relazione con lui. Scopre che i suoi migliori amici continuano ad aver bisogno del patriarcato nella sua versione più cruda e incolta che è, precisamente, la doppia vita.
Lo scopre intervistando due studentesse che, una per uscire dalle ristrettezze della classe lavoratrice francese di periferia e l'altra, straniera, per aver subito un furto all'arrivo a Parigi e poter continuare a studiare, finiscono per affittarsi come schiave sessuali di uomini mentre proseguono con successo gli studi. Dal racconto delle loro esperienze emerge, pare incredibile, la libertà che le muove, libertà con cui sembra siano nate, e, a poco a poco, l'orrore che deriva da quello che sta succedendo e a cui "come per il tabacco" (dice la francese, che usa il nome "Lola") non c'è modo di rinunciare e che evidentemente non si aspettavano. Dall'interpretazione dell'eterosessualità maschile che fa la regista risalta la brutalità dell'oggettivazione, da parte dei prostitutori(1), del corpo di donna, oggettivazione assolutamente apolitica, come del resto è sempre ogni oggettivazione.
Alla fine del film la protagonista (Juliette Binoche, splendida per tutto il tempo) ha una visione. Durante una lussuosa cena a casa sua con il capo di suo marito e altri invitati, vede che le facce di tutti loro si mescolano e si combinano con quelle dei prostitutori delle studentesse, e di colpo prende coscienza che sono gli stessi. Si alza da tavola, esce di casa e gira per le strade pensierosa. Nell'ultima scena riappare, fresca di doccia, che fa colazione con la famiglia e sorride vedendo come il marito gentilmente apre, con la famosa forza maschile, un barattolo di marmellata che non si lasciava aprire da lei e dal figlio maggiore. Nell'aria rimane, implicita, la domanda: a cosa servono in casa gli uomini?
Da questo film ho imparato (in un modo, peraltro, sconcertante e un po' ripugnante) che è vera anche per la prostituzione un'idea nata dalla pratica della differenza di essere donna che dice che quando una donna porta la libertà femminile in un luogo o in un rapporto fino ad allora patriarcale, questo luogo o questo rapporto perde i suoi contenuti patriarcali. Elles mostra un mondo (il nostro) pieno di prostitutori, in cui le donne non sono prostitute. Sembra un paradosso, sì, ma è un segno del nostro presente, che c'è anche, per esempio, nell'economia produttiva (le donne senza lavoro lavorano) o all'università (le studentesse non si lasciano ammaestrare e prendono i voti migliori). Perciò Elles è, secondo me, un capolavoro. In un'ora e mezza smaschera tutta una cultura maschile con il semplice metodo di metterla alla luce del senso libero di essere donna. Ciò che sembrava essenziale resta a nudo, ed espone senza palliativi la sua brutalità, la sua incultura, il suo ridursi a una doppia vita, conseguenza della sua incapacità di pensare la politica sessuale. Nel film, alla domanda della giornalista sulla cosa più sgradevole di quello che fa, risponde una delle studentesse: "Mentire, mentire sempre". È un'altra consapevolezza del reale e della politica.
Molte donne ormai non ci lasciamo toccare dai presunti (monolitici) essenziali. Lo facciamo senza nemmeno disobbedire, perché sappiamo che la politica esiste solo a due. È la curiosa idea dell'Immacolata, ricorrente nella storia delle donne, ogni volta con una faccia nuova e sorprendente.
L’Immacolata, figlia e madre senza macchia, cioè senza macchiarsi il
corpo, presta parole all’esperienza estrema di libertà femminile che
consiste nell’uscire illesa, purissima, da qualcosa, da molto o da
tutto, di ciò che è abbietto della sessualità maschile a cui a volte
si vede sottomessa.

(1)Traduzione del termine spagnolo "prostituidores", coniato da Ana Mañeru Méndez e altre della comissione sul linguaggio "Nombra" dell'Instituto de la Mujer (Madrid) per nominare i soggetti attivi (maschili) della prostituzione, che la parola "clienti" non esprime (N.d.t.).