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Intervento
al dibattito "Il rovescio del diritto: integrazione o auto-rappresentazione?",
svoltosi durante il Convegno "Il soggetto lesbica - Sovvertire il
pensiero egemone per una ri-scrittura del simbolico", Roma, 14 e
15 maggio 2005
Amazon
Wedding? : per una politica dei diritti lesbici
di Rosanna
Fiocchetto
Rifiuto
i PACS perché sono dei semi-diritti che trovo veramente insultanti
e discriminatori: i diritti sono diritti, diritti pieni, oppure non sono
diritti. Le cosiddette "unioni civili" come unica alternativa
per le lesbiche e i gay, come sottospecie del diritto, sono un compromesso
discriminatorio, a meno che non si possa scegliere, come possono farlo
le coppie eterosessuali, fra convivenza riconosciuta e matrimonio. Cosa
che trovo ancora più assurda, le stesse associazioni gay e lesbiche
(sia quelle di destra che quelle di sinistra) si fanno portatrici di discriminazione
passiva sostenendo questa politica compromissoria. Un movimento di liberazione
dalla semi-schiavitù - cioè dal regime dei semi-diritti
- dovrebbe invece puntare al diritto pieno e lasciare ai suoi oppressori
e ai suoi finti alleati a scopo elettorale l'eventuale attuazione di compromessi
legislativi discriminatori, senza auto-riconoscersi e auto-confermarsi
come cittadine e cittadini di serie B. Formule legislative come i PACS,
dietro la maschera della tolleranza, rafforzano la discriminazione e il
razzismo, cioè l'idea che qualcuno sia un cittadino di seconda
classe e che i suoi diritti debbano essere limitati e regolati. E' lo
stesso atteggiamento che viene proposto nei confronti degli immigrati,
che è stato subito per molto tempo dagli schiavi bianchi emancipati
e dagli ex schiavi neri, e che ancora in molti paesi viene subito dalle
donne e dai fuori casta.
Quindi sia chiaro che quando parlo di diritti, mi riferisco ai pieni diritti
esistenziali.
Inoltre penso che il matrimonio non deve essere in nessuna società
un privilegio che penalizza altre forme di unione oppure la singola persona:
la supremazia della famiglia duale non può essere la base di una
società equa e aperta alle differenze, ma è solo lo specchio
sociale di una monocultura patriarcale che è anche una specie di
monocoltura della mente e della vita. I diritti di ciascuna individua
o individuo, qualunque sia la sua scelta esistenziale, devono essere uguali.
Molti omosessuali cercano di sentirsi naturali e giusti accettando le
storture del sistema per farsene accettare. Per esempio, alcuni cercano
di "rientrare nella natura" accettando l'idea eterosessista
che ci sia un gene dell'omosessualità, la quale diventerebbe cosi'
un dato biologico di cui nessuno è responsabile, non una scelta.
Altri vogliono che il loro diritto di amarsi venga sancito dalle leggi
patriarcali. Ma le leggi patriarcali in quanto tali vanno sottoposte ad
una revisione radicale, perché in molti casi sono vere e proprie
fabbriche di ingiustizia.
Fatte queste premesse e in questo contesto di definizione dei diritti,
io non credo che (come ha sostenuto Danielle Charest e come molte altre
sostengono) il matrimonio lesbico o le unioni lesbiche contribuiscano
a rafforzare il sistema dell'eterosocialità patriarcale, a differenza
del matrimonio tra uomini che invece lo rafforza. Voglio dire che vedo
una differenza fra matrimonio tra donne e matrimonio tra uomini.
Faccio notare prima di tutto che il contratto matrimoniale tra uomini
storicamente non è una novità. Il matrimonio patriarcale
alle sue origini, come ha analizzato Levi Strass e come ha ricordato Namascar
Shaktini in un recente intervento pubblicato nella rivista Labrys, non
è un rapporto di scambio tra un uomo e una donna, ma è in
realtà un contratto sociale stipulato tra uomini, tra due gruppi
di uomini, in cui le donne figurano solo come uno degli oggetti nello
scambio. L'alleanza essenziale del contratto di matrimonio è tra
uomini. Il matrimonio omosessuale maschile si inscrive in questa logica
ed effettivamente rafforza l'omosocialità che è alla base
della società patriarcale, quell'omosocialità che Nicole-Claude
Mathieu ha definito "la fraternità virile contro le donne"
e che si estende al dominio della sessualità.
Ma un contratto sociale fra una donna e una donna è una novità
- almeno lo è nei paesi occidentali e in un contesto patriarcale
- e apre una profonda contraddizione nel sistema eterosessuale patriarcale
e fratriarcale. La apre sia perché esclude l'uomo dal contratto
socio-sessuale, sia perché afferma una duplice maternità
che mette radicalmente in discussione il ruolo paterno, svelandone la
sua non-necessità e inesistenza. Quindi il contratto socio-sessuale
tra donne sottrae al patriarcato il controllo sulle donne e sui figli,
perturbando il sistema patriarcale di filiazione. Dunque, a mio parere,
qui c'è una differenza fondamentale tra omosessuali e lesbiche.
Chiarisco che non ho nessuna intenzione di sposarmi né di diventare
madre, e che appartengo a quella parte della popolazione che non vuole
essere penalizzata per questo. Non voglio entrare, né prevedo di
farlo in futuro, nel supermercato dell'Amazon Wedding (prendo questa espressione
dal nuovo sito www.amazon.com/wedding, il più grande "centro
commerciale" di Internet impegnato nel lucroso business delle nozze,
insieme a The Knot, www.theknot.com). E nemmeno voglio entrare nel supermercato
della procreazione. Tuttavia non mi sembra giusto trattare le lesbiche
che vogliono sposarsi o unirsi civilmente, procreare o adottare, come
complici del nemico, perché non credo che lo siano.
Vorrei invece che fossimo più consapevoli della nostra differenza
e che smettessimo di considerare i rapporti tra lesbiche e i rapporti
tra omosessuali (matrimonio compreso) come due cose analoghe. Questa omologazione
concettuale, conscia o inconscia che sia, ci ha impedito finora di concentrarci
seriamente sui problemi specifici del rapporto tra lesbiche: per esempio,
cosa comporta un duplice diritto materno, e come gestire sia le unioni
che le separazioni. Per esempio, mi sembra estremamente necessario e urgente
elaborare una cultura delle due (o più madri) che non lasci le
lesbiche in balia del giudizio di re Salomone.
Se facciamo un bilancio delle unioni lesbiche nei paesi in cui esiste
già da tempo una legislazione che le consente (come in Canada,
in alcuni stati del Nord America, nei paesi del Nord Europa, in Olanda
dal 2001 e in Belgio dal 2003), e dove quindi già esistono statistiche
ufficiali ed esperienze legislative sul loro andamento, vediamo che le
coppie lesbiche si separano o divorziano con una frequenza significativamente
maggiore delle coppie di uomini gay. Hanno in molti casi figlie e figli
con relativi problemi di riconoscimento e affidamento, rispetto ai quali
la legislazione patriarcale non è affatto preparata. Questa impreparazione
si traduce nella negazione dell'altra madre, la madre invisibile, oppure
nella sua collocazione in una specie di ruolo paterno, ma con semi-diritti
anche in questo caso.
Ma la cosa più grave è che noi stesse, grazie ad una falsa
e superficiale identificazione con gli uomini omosessuali - oppure con
le donne eterosessuali in situazioni che solo apparentemente possono sembrare
simili - non siamo preparate a gestire questi problemi, perché
non abbiamo nemmeno cominciato ad analizzarli in modo approfondito da
un punto di vista lesbico, dal punto di vista della giustizia e dell'armonia
lesbica, del diritto lesbico, che per me è molto più importante
di qualsiasi legge patriarcale.
In conclusione, è anche da noi stesse che proviene la negazione
della lesbosocialità, della nostra centralità e della nostra
autodeterminazione per quello che riguarda il presente e il futuro delle
nostre vite. E' questo che va prima di ogni altra cosa sovvertito e rivoluzionato.
Lo esige l'amore lesbico, che definirei una ierofania, cioè una
iniziazione che determina una radicale modificazione dello status psicologico
e sociale della persona, un mutamento ontologico della condizione esistenziale.
Ignorarlo ci separa da noi stesse e dalle altre, ci imprigiona nella trappola
deprimente e opprimente dell'eterosociale, mentre invece possiamo uscirne.
Noi siamo il fattore XX che potrebbe realizzare quel miracolo che gli
uomini hanno tante difficoltà a realizzare: cioè fare della
vera uguaglianza la base delle diversità.
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