Libreria delle donne di Milano

C’era una volta
La prima donna sulla luna e altre storie

di Zina Borgini

Quando sono a Berlino vado sempre a vedere le mostre che organizza il Deutsche+Guggenheim Museum, però sono un po’ scocciata con la direzione non certo per la qualità dei lavori esposti ma perché, a mio avviso, fanno pagare un po’ salato il biglietto di ingresso. Mi indispettisce che due potenze nel campo della finanza e dell’arte come Deutsche Bank & The Solomon R. Guggenheim Foundation non dispensino l’arte a un prezzo più ridotto. Ho scoperto comunque, non per pignoleria che non pratico soprattutto per la buona arte ma proprio per quanto sopra detto, che il lunedì l’ingresso è gratuito. Così, placato un po’ il risentimento, un lunedì di luglio mi avvio in Unter den Linden verso la sede di questa Galleria/Museo/bomboniera, la chiamo io, in quanto si avvale di uno spazio ridotto, nulla da spartire con i grandi musei di Berlino.
Once Upon a Time (C’era una volta) è il titolo della mostra. Le opere sono tutte videoinstallazioni,
anche questa volta la qualità dei lavori esposti è alta e ancora constato che la maggior parte sono prodotti da donne (4 su 6). Ora ve li racconto sperando di riuscire a ricreare quella soddisfazione, quel divertimento e quella curiosità che hanno prodotto in me, lavori intelligenti e comunicativi che proprio come le fiabe iniziano con “C’era una volta” per raccontare un passato applicato al tempo presente. Qui, oggi.
Aleksandra Mir, nata in Polonia e cittadina americana, lavora a Palermo. Presenta il video First Woman on the Moon (La prima donna sulla luna), del 1999, che le è stato commissionato dall’organizzazione non-profit Progetti Casco per la realizzazione di un progetto pubblico in Olanda e sostenuto dalla Hassenblad, l’azienda svedese che trent’anni prima aveva fornito alla NASA le apparecchiature fotografiche in dotazione all’Apollo 11 per lo sbarco sulla luna. Il video ha coinvolto le maestranze dei comuni olandesi di Velsen e Bewerwijk, le cui spiagge vengono richieste per ricreare un paesaggio lunare, e durante le riprese vengono utilizzate le relazioni che si instaurano fra i tecnici, l’artista e il pubblico locale che frequenta la spiaggia e che diventano parte della realizzazione dell’opera. “Prima donna sulla luna” è realizzato in dieci ore. Nel corso di una breve riunione mattutina con i tecnici delle ruspe, Aleksandra Mir disegna lo schizzo di un cratere nella sabbia e un paesaggio lunare che poi verrà completamente improvvisato dai lavoratori stessi. Durante lo scavo, tornano alla luce dalla sabbia tonnellate di rifiuti e vetri rotti, che vengono raccolti e posti su grandi tavoli per un Museo dei reperti lunari. Nel pomeriggio, l’alta marea riempie i crateri creando numerosi laghetti dove giocano alcuni bambini, due uomini fanno smorfie nella telecamera, molta gente passeggia sulla nuova luna, vengono fatte riprese e scatti. Al tramonto, l’artista issa la sua bandiera in cima a una collina, dichiarandosi la prima donna sulla luna, come un correttivo femminista a uno dei principali successi scientifici riservato agli uomini.
Cao Fei è nata nel 1978 a Gangzhou, vive e lavora a Pechino, il suo video Whase Utopia è stato realizzato nel 2006, dura 20 minuti ed è stato girato nello stabilimento della Osram Cina Illuminazione srl, a cui ha avuto libero accesso per sei mesi. Con il suo video l’artista mette in evidenza il cambiamento che la crescita economica ha prodotto nelle nuove generazioni cinesi, che da una realtà rurale si trovano ora a lavorare nelle grandi fabbriche e a migliorare le loro vite. Questo nuovo lavoro viene percepito come un’opportunità di espansione e di benessere, in contrasto invece con i ritmi e la ripetitività dei processi di produzione a cui sono sottoposti. La bravura dell’artista sta nel mostrare molto bene questa contraddizione, riprendendoli al lavoro nella fabbrica intenti ad assemblare il prodotto che parte dalle piccole componenti elettriche allo stoccaggio nei magazzini e alla spedizione finale, ma contrapponendo una serie di immagini della loro vita intima, con scene oniriche e poetiche. “My future is not a dream”, dice la canzone di accompagnamento e recitano in chiusura le loro magliette: il mio futuro non è un sogno, ma lo sguardo dell’artista, con un’ironia un po’ amara, ci mostra proprio il contrario.
Mika Rottenberg, artista israeliana nata nel 1976, vive e lavora a New York. Con la sua videoinstallazione intitolata Dough (Pasta, 2005/06), Mika Rottenberg mostra le condizioni alienanti della catena di montaggio e la totale sottomissione dei lavoratori alle esigenze produttive. Un gigantesco pezzo di pasta è allungato e manipolato da quattro donne lungo una catena di montaggio che attraversa una struttura di legno a diversi piani. Una donna corpulenta è la prima a maneggiare la pasta, che le arriva dall’alto attraverso un grosso tubo; dopo averla a lungo lavata, la passa al piano inferiore dove viene raccolta da una donna molto magra con mani magrissime; questa a sua volta la passa a un piano inferiore, nel contempo taglia dei fiori visibilmente finti e li passa alla donna corpulenta che li annusa e comincia a lacrimare abbondantemente, le lacrime dopo un lungo tragitto sul corpo della donna arrivano al suo piede e vengono incanalate in un tubo che le fa cadere sull’impasto nell’ultimo piano di lavorazione. La pasta al contatto delle lacrime lievita abbondantemente e una nuova addetta alla catena di montaggio la taglia in piccoli pezzi e la mette in sacchetti sottovuoto. Come custodi del nutrimento, queste donne rappresentano Madre Natura. Qui Rottenberg indaga la magia femminile, e la capacità di far crescere le cose anche fuori dal corpo, come dice lei, come l’ultimo, meraviglioso mistero fisico, attraverso una lente femminista e umoristica.
Janaina Tschäpe, nata in Germania, vive e lavora a Brooklyn (New York). Con il suo video esplora la memoria storica in Lacrimacorpus (2004) avvalendosi della leggenda che circonda questo strano animale creato dal folklore americano. Lo “squonk” o dissolvens Lacrimacorpus, è una creatura triste che abita i boschi della Pennsylvania; quando viene intrappolata, si dissolve in una pozza delle sue proprie lacrime. L’artista mostra una donna con un bellissimo vestito lungo (ricorda un po’ quello dei Dervisci) che intreccia una danza rotatoria ossessiva in una stanza che non ha vie di uscita, la danza inizia lentamente per poi finire vorticosamente. Alla fine la donna si accascia per terra sormontata da una grande collana di lacrime che porta al collo.
È risaputo che le fiabe venivano raccontate ai bambini, i quali però non erano i soli fruitori. Le donne per esempio, mentre eseguivano lavori di filatura o ricamo che richiedevano sapienza ma erano anche automatici, usavano raccontare. Le fiabe sono ricche di saperi popolari, sono disseminate di trappole, sortilegi, di colpi di scena, di rovesciamenti. La parola diventa un veicolo facile e accessibile per debellare paure contemporanee con fantasmi del passato, proprio come hanno fatto queste quattro brave artiste.


Chi vuole vedere i loro lavori può cliccare questi link
Aleksandra Mir:www.youtube.com/watch?v=94_l6qWhc4Y
Cao Fei http: www.youtube.com/watch?v=UNId85g9nV4
Mika Rottenberg: www.youtube.com/watch?v=XPXpQPfZu4s&feature=related
Janaina Tschäpe: www.youtube.com/watch?v=i-mAJ6Qc5B0