Libreria delle donne di Milano


Le cose dette non mi soddisfano

di Emanuela Mariotto

Cara Via Dogana,
non mi sono appassionata, a suo tempo, alle battaglie per l'aborto, anzi. Ero più interessata a parlare di "maternità libera e consapevole" e questo facevo con il primo gruppo femminista da me creato a Vicenza con una mia sorella, alcune ragazze (cattoliche, di sinistra o senza una precisa collocazione politica) sull'onda della pubblicazione della rivista EFFE. Tra quei giorni e oggi abbiamo determinato grandi cambiamenti sul piano simbolico. Ma in questo cammino la sessualità è andata via via "in dissolvenza" (Ida Dominijanni, L'impronta indecidibile, in Diotima, L'ombra della madre) e con essa le tematiche legate al corpo. Si è ora riaperto il dibattito sull'aborto in uno scenario modificato dalle conoscenze scientifiche, dalla tecnoscienza e dalla libertà femminile. Tuttavia le cose dette dalle "femministe" non mi soddisfano. Si arriva ad affermare: Il sì della donna non si può saltare (Clara Jourdan, Via Dogana 83, Dicembre 2007) ma non si va oltre. Io penso che proprio la libertà femminile ci metta nella condizione di riconoscerci come soggetti morali, capaci di definire ciò che è bene e ciò che è male. Si è liberi, infatti, quando si può scegliere. In un certo senso l'aborto esercita per noi donne la funzione dell'albero della conoscenza del Paradiso Terrestre. Mi sembra questo il nostro grande tabù: la donna può dare la vita ma anche la morte. Io penso che l'aborto sia, moralmente (non penalmente) un male, che sia la soppressione di una creatura. Quindi penso che debba essere lasciata alla donna la possibilità di abortire, e per noi in Italia entro le linee della 194, almeno per il momento, ma con la consapevolezza che si sceglie un male morale. Con l'affermarsi della libertà femminile l'aborto sta diventando un depotenziamento simbolico per le donne. Dovremmo agire più efficacemente per prevenire gli aborti (uso volutamente il plurale perché ogni aborto ha una sua specificità) interagendo in modo non superficiale o presuntuoso con quelle donne che si trovano nella circostanza di una gravidanza non desiderata. Dovremmo insomma prendere noi in mano tutta la partita, riaprendo innanzitutto la elaborazione sulla sessualità, sul rapporto con gli uomini, sulle relazioni d'amore. E facciamo anche attenzione ai significati simbolici dell'aborto, a quello che esso vuole dirci a nostra insaputa.
P. S.: Dopo il dibattito in Libreria del 16 febbraio e il testo Per ragionare insieme sulla possibile depenalizzazione dell'aborto ho riletto la legge 194 che mi è apparsa, in alcune sue parti, intrusiva nei confronti della donna. Penso quindi che la depenalizzazione riporterebbe totalmente alla libertà della donna, nel contesto delle sue relazioni, la decisione di abortire, riservando a lei, e solo a lei, la valutazione morale della scelta. Bisognerebbe inoltre tenere separata la questione aborto dalla cosiddetta "tutela sociale della maternità" e sviluppare educazione e prevenzione poiché l'unico dato di aborti che non diminuisce è quello delle minorenni.