Libreria delle donne di Milano

Delt@ n. 200 del 19 ottobre 2004

La Lettera ai Vescovi del Cardinale Ratzinger "sulla collaborazione dell'uomo e della donna" rappresenta una sfida politica che il femminismo deve raccogliere e rilanciare, oppure si tratta del tradizionale impianto dogmatico della Chiesa cattolica che, come tale, non presenta nulla di nuovo? Su questo interrogativo si confrontano due interpretazioni della Lettera in oggetto. Milano, 15 ottobre, Libreria delle donne: Luisa Muraro ha invitato Lea Melandri e Beppe Sebaste a sedersi intorno ad un tavolo per discuterne. Secondo Muraro la Lettera introduce elementi di novità e di rottura significativi. E' un elemento il fatto che il Cardinale abbia "registrato fortemente la cogenza delle interpretazioni femministe su questioni cruciali". Questo significa che "il riconoscimento è già avvenuto, e da lì bisogna ripartire per rilanciare, è una sfida politica ad un livello molto alto, una sfida entusiasmante". Il fatto che una potenza come la Chiesa abbia rilevato e dato importanza a teorie femministe come quelle di Judith Butler (una delle maggiori teoriche del gender). Il riconoscimento ontologico, ovvero politico, della differenza sessuale e la critica alla neutralità che da essa consegue. Il superamento della complementarietà in favore della reciprocità tra uomo e donna. Muraro mette in rilievo questi elementi estrapolandoli dal linguaggio che li sostanzia e dal contesto, in cui Ratzinger li inserisce: il pericolo per l'ordine sociale, che il Cardinale imputa al proliferare delle teorie femministe che dis-articolano le categorie di sesso biologico e genere.
Proprio l'elemento di pericolo è il perno della lettura di Melandri, secondo cui la Lettera è una "chiamata alle armi" per fronteggiare un disordine sessuale - dunque sociale e politico - di cui il gender rappresenta il bastione teorico. Ratzinger reagisce al "disordine" scaturito dall'oscuramento di una differenza sessuale sostanziale che la Chiesa cattolica fonda sulla natura. Delle donne si parla quando "fanno problema"; Ratzinger è molto esplicito, nella Lettera, su quale sia il loro ruolo primario: l'essere per, la cura dell'altro, il ruolo materno che si esplica nel rapporto sponsale. Quando le donne "non stanno al loro posto", si fa strada un "caos nefasto" che mette a repentaglio la struttura familiare. Secondo Melandri, cambiamenti e domande che nascono nella storia, sono, nella Lettera, cercati fuori dalla storia, cioè nei testi delle Sacre scritture.
L'importanza della differenza sessuale, dice Melandri, non è una novità per la Chiesa: è sempre stata la sua ossessione. Melandri chiede: di quale differenza e di quale sessualità si tratta? Nella metafora sponsale che pervade la Lettera, la sessualità espressa nel rapporto uomo-donna è il simbolo del rapporto tra Dio e la Chiesa. La donna vergine e madre è il tramite, dunque il contenitore di questo rapporto; mai Ratzinger parla dell'esperienza reale della sessualità e della maternità. La differenza sessuale femminile di Ratzinger poggia su un dato "naturale" - il vivere per l'altro che si esprime nella maternità intesa non solo come fatto procreativo ma come disposizione dell'intera soggettività - di cui si deve svelare l'inganno: "è diventato naturale un dominio di millenni che ha messo le donne in condizione di vivere per l'altro. Relegate in casa, che cos'altro potevano fare le donne?".
Sebaste riconosce che il dato interessante della Lettera è il riconoscimento della differenza e dell'alterità, ma si chiede che cosa significhi. Il riconoscimento dell'alterità può avere esiti molto diversi. Ad esempio, l'apartheid ha riconosciuto l'altro, ma per determinarne l'inferiorità; oggi è pratica comune riconoscere l'alterità nei soggetti di cultura e religione musulmana, ma per indicarvi il nemico da combattere. Riconoscere l'alterità per indicarne io stesso il valore, per assoggettarla: in questo uso della differenza, l'altro non è un soggetto con il quale scambiare insieme. Quanto al tema specifico della differenza sessuale, Sebaste è provocatorio: o si riconosce che in questa società si vive male perché la differenza sessuale non ne mette in crisi le fondamenta, oppure si riconosce la differenza, ma quando si entra nel mondo dei maschi ci si omologa. E' un'opposizione puramente retorica, perché converge in un unico significato: per non doversi omologare sarebbe necessario che i maschi cambiassero, cosa che non hanno assolutamente intenzione di fare, pur dichiarando a parole il valore della differenza,.
Tutte le sedie disposte nella sala della Libreria sono occupate, molte persone stanno in piedi. Il pubblico partecipa al dibattito. Costanza si chiede se "ci faccia più evolvere" fermarsi all'interpretazione della Lettera, oppure il chiedersi perché Luisa (Muraro) abbia sentito l'urgenza di manifestare una vicinanza con alcuni temi (il riconoscimento della differenza e della reciprocità) a tal punto da passare sopra al contesto.
Laura (Boella) è d'accordo con Muraro nella necessità di fare uso politico della Lettera, che esprime "un'idea forte, mentre oggi in giro ce ne sono poche. Ci vuole un altro pensiero forte, è uno sforzo notevole, ma è un'opportunità"; Boella, che nella Lettera legge l'eco di Edith Stein, è "commossa" dalla figura della "donna sentinella dell'infinito", rispetto alla quale richiama una tradizione di pensiero femminile (cita, tra le latre, Arendt). Le risponde Rosella: la donna, per la Chiesa, è sempre stata la porta dell'infinito e/o la porta del diavolo; per cui l'altro che essa incarna è sempre stato o troppo in alto, o troppo in basso, mai in dialogo; o oggetto di adorazione o di violazione, mai di scambio. La Lettera è solo un'operazione strumentale, nel quale la teoria di genere è banalizzata a ridotta ad un problema di sessualità; per Ratzinger è un problema il fatto che il genere, travalicando la dualità dei sessi, ingeneri giochi delle parti, come le relazioni omosessuali, pericolosi per l'ordine invocato dalla Chiesa.
Elena, che ha letto la Lettera solo per l'eco che ha avuto negli articoli di Sofri (La Repubblica,17 agosto 2004) che riprendeva Muraro (il manifesto, 3 agosto 2004), si è chiesta "perché diavolo bisogna stare qui a discutere di Ratzinger". La sfida politica è, semmai, chi e come legifera sulla famiglia: esiste un divario crescente tra le scelte relazionali degli individui, non necessariamente eterosessuali, e i dispositivi di legge rigidamente incentrati sul modello eterosessuale. Elena è insegnante; ha proposto, sull'onda dei fatti recenti, un tema in classe centrato sul matrimonio omosessuale ed è rimasta stupita dal fatto che gli studenti si siano dichiarati tutti favorevoli. Quanto al riconoscimento di delle teorie femministe da parte di Ratzinger, Cicerone docet: il buon retore antepone le argomentazioni dell'avversario, prima di criticarle. Marina (Terragni) ribadisce che "questa cosa della differenza non è certo una novità, anzi è un'ossessione fondativa" per la Chiesa; chiede a Muraro quali siano le coincidenze tra la differenza come è posta da Ratzinger e come è posta nel pensiero della differenza sessuale (Muraro ricorda la tradizione delle mistiche cristiane); a Melandri chiede se nella Lettera non si possa rilevare la valorizzazione al massimo grado della cura, come elemento di valore per l'umano in generale.
Chantal non capisce cosa significhi essere in relazione per, dal momento che si è in relazione con qualcuno; si chiede perché il Cardinale non abbia scritto una Lettera agli uomini, chiedendo loro perché siano sordi a questa competenza relazionale (la cura e l'essere per) di valore universale, competenza che le donne da secoli tentano di insegnare loro.
Claudio si dichiara stupito dalle tesi di Muraro e rileva con preoccupazione come Comunione e Liberazione abbia molto potere, anche nelle strutture che quotidianamente agiscono sul territorio; sottolinea che "oggi tutta la Chiesa sembra quella ufficiale", mentre non hanno voce altre correnti di pensiero e azione cristiane che propongono idee nuove, all'altezza della complessità della società attuale.
Rispondendo a Boella, che invoca il pensiero forte, Melandri rivendica la pratica del primo femminismo ("da anni lo porto avanti, ma non è un pensiero forte, non compare") di analizzare il dualismo sessuale, criticando la polarità che artificiosamente divide l'uomo dalla donna, ma che viceversa ciascuno porta dentro di sé. Secondo Melandri il pensiero della differenza poggia su questa impalcatura duale, limitandosi a valorizzare l'esistente cambiandolo di segno. Rispondendo a Terragni sull'argomento dell'essere per l'altro, Melandri invita ad analizzare cosa questo sia stato storicamente, come per le donne abbia significato dedicare la propria vita alla crescita dell'individualità dell'altro annullando la propria.
Muraro rileva una vicinanza tra il pensiero di Ratzinger e quello di Melandri in relazione al rischio che le tecnologie non siano occasione di libertà femminile, preoccupazione espressa dalla stessa Melandri nell'articolo in risposta al proprio. L'argomento delle tecnologie riproduttive è posto anche da Sebaste, che esprime vicinanza con la preoccupazione politica espressa da Melandri e da altri interventi in sala, disaccordo con Muraro perché rimuove l'origine sottaciuta del discorso di Ratzinger. La preoccupazione politica di Sebaste riguarda il NO massiccio alla fecondazione eterologa, che ha origine nella Chiesa cattolica ed è fomentata da certi giornali (accusa in particolare Il Foglio, tra gli altri). Un NO propagandato attraverso tutti i canali sotto controllo ecclesiastico, un divieto che mira all'omologazione già all'atto del concepimento, e che manifesta la chiusura ermetica del pensiero maschile su se stesso: "di fronte a questo tentativo di controllo io reclamo altri contenuti che non quelli di Ratzinger".
Alcune delle ultime battute sono pronunciate a labbra strette. Si fa parola ciò che stava, sfumato, sullo sfondo: la cornice stessa dell'incontro di questa sera, o, piuttosto, la tela, cioè la trama delle idee e delle vite, i percorsi e i conflitti che hanno percorso le vicende del femminismo italiano. Come ha rilevato lo sviluppo del dibattito, non erano in gioco solo differenti letture degli argomenti di Ratzinger, ma differenti prospettive in relazione a quel che è o cosa significhi praticare la differenza sessuale. Lea e Luisa si sono, ad un certo punto di questo percorso, trovate in correnti - di pensiero e di pratica - diverse e anche contrapposte, pur lottando per e dentro lo stesso movimento. Melandri riconosce la necessità delle giovani (espressa nell'intervento di Chantal, che trova lacerante mettere continuamente in contrapposizione i diversi femminismi) di trovare punti di vicinanza, ma è convinta che questo non possa essere eliminato dalla lavagna con un colpo di cancellino, come non si può cancellare l'amore con cui si è lottato insieme. Le differenze nella differenza, cioè i conflitti nel femminismo, che "non è mai stato monocorde", sono state molto forti; "ci hanno tenuto insieme la diversità e l'amore".

Eleonora Cirant