|
Riportiamo
il capitolo "Inviolabili" (pp.75-98) dal libro La politica
del desiderio di Lia Cigarini (Pratiche editrice, Parma 1995). Il
libro (ormai esaurito) è nei nostri affari di cuore (costa 6 €)
e può essere ordinato
tramite email.
Lo
stupro simbolico
Poco m'importa
discutere in generale del nostro rapporto con le istituzioni; è
un tema troppo generico.
Mi interessa discutere se le donne devono formulare in articoli di legge
l'esperienza, la pratica politica sulla violenza sessuale e, più
in generale, sulla sessualità.
Per fare le leggi è necessario avere in mente una figura ideale,
quella del buon cittadino. E mi chiedo se, a questo punto della nostra
riflessione sulla violenza sessuale, sull' amore e sulla sessualità,
noi abbiamo presente questa figura ideale e se la vogliamo avere. Credo
proprio di no. Ho presente, invece, tutte le contraddizioni della sessualità
e della violenza, e non riuscirei né a formalizzare né a
condannare dei comportamenti. Mi viene in mente (ne abbiamo parlato molto
in questi anni) la questione dell'isteria. Discutendo di questa legge
l'attenzione a questo fatto è importante. Noi abbiamo riconosciuto
come violenza sessuale anche la violenza interiorizzata (fantasie di stupro,
di prostituzione, disponibilità del proprio corpo, ecc.). Per le
donne non è difficile simulare perché è così
lieve la distanza tra la fantasia e agire la fantasia. La simulatrice
in senso stretto svela qualcosa che siamo tutte noi, anche quando riusciamo
a controllarci. Molte volte il movimento delle donne ha avuto a che fare
con le simulatrici. Di fronte alle assemblee queste erano costrette a
smentire, oppure erano smentite dai giudici dopo l'interrogatorio. Ma
per le presentatrici della legge la simulatrice, l'isterica diventerà
una nemica. Infatti l'isterica, inventando un reato, irride la legge.
E tutto finisce nel ridicolo. Le più colpite dall'irrisione sono,
evidentemente, le donne che credono nella legge.
Ho fatto l'esempio della simulatrice ma gli esempi dell'isteria femminile
sono tanti. E di fronte a questo quale deve essere la nostra attenzione,
la nostra pratica politica? Quella di capire il messaggio dell'isterica
(di colei che sembra sostenere la legge e il desiderio dell'uomo ma attraverso
la deformazione e il teatro lo nega) o punirla perché ci fa fare
brutta figura? Nel caso che la parte organizzata del movimento delle donne
si costituirà parte civile tutte le volte che sentirà parlare
di stupro sarei curiosa di sapere da che parte starà: della donna
o della legge?
Per quanto riguarda l'analisi del rapporto uomo-donna, madre-figlio, dominato
dalla legge del padre, non siamo andate nel senso di imporre un'altra
legge. Credo che la legge dei codici costituisca l'estrema astrazione
della legge del padre. La nostra pratica in questi anni è andata
nel senso dell'autonomia delle donne, simbolica e sessuale, prendendo
le distanze dalla legge del padre che è quella che regola la sessualità
e la simbolizzazione. Mi interessa vedere sotto questa ottica il rapporto
donna-legge, e in questo senso dico che le donne non devono proporre leggi.
Inoltre, ci possono anche essere leggi buone, ma poi la macchina della
giustizia è tutt' altra cosa: in un tribunale, in un processo,
che alcune considerano addirittura uno strumento politico tra i tanti
possibili, si riproducono rapporti di forza determinati e sfavorevoli
alle donne. Nel momento in cui mi trovo in un processo chi mi dà
la possibilità di reagire allo stupro simbolico del giudice, dell'
avvocato e della legge che disprezza le donne? Se si bada solo allo stupro
fisico una legge e un processo possono forse bastare; ma chi ha attenzione
allo stupro simbolico si d()manda quale pratica, quale politica permettano
alle donne di non essere più stuprate simbolicamente.
Questa legge regolamenta una contraddizione interna al mondo degli uomini.
Ci sono uomini che hanno un comportamento deviante rispetto alla morale
borghese. Nel processo avviene il regolamento di questa contraddizione.
A me interessa modificare il rapporto uomo-donna nel senso di non dovere
subire uno stupro simbolico che c'è anche nel momento in cui le
donne entrano in rapporto con la legge. Nel caso della simulatrice che
ho fatto prima, non è questione di stupro alla lettera ma neanche
di pura fantasia. Nella simulatrice la figura dello stupro compare come
effetto di una realtà prevaricatrice e violenta sui desideri delle
donne. Questo intendo più o meno per stupro simbolico.
E mi riguarda personalmente. Infatti la mia paura dello stupro era tale
da impedirmi la sessualità, nel rapporto sessuale io avevo delle
fortissime fantasie di stupro e di violenza. E queste fantasie non mi
venivano evidentemente da quella particolare situazione. Contemporaneamente
all'inibizione della sessualità c'era la mancanza di parola. In
tutte le situazioni in cui mi mettevo in rapporto col mondo degli uomini,
di studio, di lavoro, di politica, rimanevo muta ed era per me mi enigma,
non riuscivo a capire perché sentissi come sopraffazione, e come
impossibilità a parlare, una situazione che mi piaceva e mi interessava.
In un ordine simbolico dove i miei desideri non avevano mai trovato parole,
il desiderio di un altro.mi gettava in una dolorosa passività.
Le donne hanno preso la parola in questi dieci anni di movimento e io
ora non mi sento violabile. Allora mi sembra che una di noi dicesse nel
suo intervento: quello che si è modificato in questi anni, la non
violabilità delle donne, dovrà pur trovare un'iscrizione
simbolica, magari giuridica, per quello che riguarda la violenza sessuale,
in quanto il diritto fa parte dell'ordine simbolico. Sono d'accordo che
quel tanto di rivoluzione simbolica che le donne hanno fatto debba trovare
un'iscrizione. Però credo che ci sia differenza tra iscrizione
simbolica giuridica della non violabilità delle donne, e una legge
repressiva. Quando abbiamo sostenuto, a proposito dell'aborto, la depenalizzazione
invece che una legge che lo regolamentava, abbiamo detto una parola giuridica
che esprimeva la volontà che non si legiferasse sul corpo della
donna, senza appunto presentare leggi alternative.
E ci sono altri esempi: gli statuti sociali delle librerie delle donne,
di associazioni, di cooperative, di giornali di donne, sono l'espressione
giuridica di una pratica politica di rapporti tra donne. In questi casi
ci siamo espresse anche a livello giuridico, ma è evidentemente
tutt' altra cosa da definire reati e dare pene.
|