La
vecchiaia non è un pesticida
Francesca Pasini
Sono bloccata da una caviglia
rotta. Da tre mesi. L'immobilità mi inquieta, anche per gli ovvi
presagi di vecchiaia. Però, mi piace quest'immersione nel tempo
che passa senza di me. Io lavoro a casa, non devo andare regolarmente
in un posto. Non ho subito lo sbalzo di questa interruzione. Lavoro
al computer come sempre. Ma non è automatico entrare in me stessa.
Sono sospesa.
E' molto forte la percezione che il tempo passi senza di me. Una prova
generale di vecchiaia, quando ti perdi in piccoli rituali per darti
una ragione del tempo? Forse. All'inizio mi sono fatta guidare dal ritmo
delle stampelle, che non uso perchè ho paura di cadere, dalla
carrozzella che mi consente di muovermi con apparente spontaneità,
dalle visite di controllo, dalla ferita che non cicatrizza, dagli appuntamenti
televisivi. Di nuovo la vecchiaia. In genere guardo poco la TV: alla
sera ci sono le inaugurazioni delle mostre, e poi gli weekend a Camogli.
Insomma: a casa ci sto molto durante il giorno, ma di sera quasi mai.
Sono sospesa. Poi un giorno sono venute a trovarmi Giovanna e Silvia
e mi hanno parlato del seminario sulla vecchiaia della SIL ("Passaggi
di vita, passaggi di stile"). Vorrei venire, ma purtroppo non potrò.
Così provo a utilizzare il tempo per rifletterci.
Mi è tornato in mente il festival di Sanremo, erano anni che
non lo seguivo. Tra gli esordienti Erica Mou canta "Voglio diventare
vecchia... Voglio diventare vecchia con i ricordi tutti intatti, con
le rughe tatuate a ricordarmi quanto è stato bello ridere con
gli occhi e con le labbra. Voglio diventare vecchia con le rughe tatuate....
Schiva chi si conforta con espressioni di gomma.... Voglio diventare
vecchia. ... Voglio diventare vecchia senza fretta. Senza fretta, insieme
a te".
Bello questo desiderio, e il rifiuto di una giovinezza a suon di bisturi.
Ma percepivo qualcosa di più. Ecco cos'è: La vecchiaia
non esiste più. Fisicamente sì, ma sentimentalmente non
c'è più.
Il problema vero è viverla e forse anche arrivarci.
Tutto quello che abbiamo scoperto negli anni 70 coincideva con la giovinezza,
non solo anagrafica, ma anche culturale, sentimentale, teorica. Oggi
si spendono parole e parole sui i giovani, sul loro difficile futuro,
ma non si arriva a un granché.
Forse il problema sta nel fatto che la vecchiaia non esiste più?
Era questo che ci raccontava la garbata melodia di Erica Mou? Quel suo
desiderio delle rughe tatuate avverte che la vecchiaia non è
raggiungibile? E' banale pensare che riguardi solo la chirurgia plastica,
secondo me riguarda il compimento della vita. La protezione dei ricordi
non è garantita dalla successione delle generazioni, la storia
individuale è lasciata sola.
Non ci sono ombrelli comuni sotto i quali fare esperienza di questa
rivoluzione affettiva: la fine della vecchiaia. Non si interrompe nulla.
Non ci sono pensioni. Non ci sono famiglie coese piene di nipoti. Quello
che mi interessa e mi dà uno scatto forte è come inventare
( si tratta di una vera invenzione) un luogo affettivo, teorico e pratico,
per prendere coscienza che le età anagrafiche non sono le uniche
scadenze della vita?
Abbiamo riflettuto sull'educazione dei figli e delle figlie, abbiamo
elaborato modelli non autoritari, psicologicamente sensibili, abbiamo
scrutato i disagi dell'adolescenza, abbiamo solidarizzato con le difficoltà
amorose e così via. Ma non ci siamo accorte che nel frattempo
saltava la progressione "darwiniana" delle età: quindi,
non abbiamo un modello utile per stare in equilibrio con le varie generazioni
che organicamente accompagnano il passare del tempo.
Se l'età media si alza non possiamo mica pensare solo a programmare
più ospizi (quelli ci vogliono), ma la scommessa è come
uscire dalle abituali stagioni della vita. Sappiamo che la giovinezza
ha le maggiori potenzialità. Ma è difficile accettare
la stereotipata consolazione che la vecchiaia sia un compimento che
anestetizza la vita passata.
Oggi questo non è garantito per nessuna donna, per nessun uomo,
viste le efferate esperienze che la cronaca ci mette sotto gli occhi,
mentre scrivo in due giorni ci sono stati tre episodi di violenza su
donne di varia età. Per loro la vecchiaia potrà mai prescindere
da quello che è successo? E nello stesso tempo per quale motivo
la curiosità verso di sé e verso il mondo dovrebbe attutirsi
con l'andare del tempo? La cosa veramente difficile è come impostare
un dialogo sincronico con l'infanzia, l'adolescenza, la maturità,
la vecchiaia senza incasellarle in un compimento regolare. La senectus
latina ci ha plasmato la fantasia di un ammorbidimento di pulsioni,
contrasti, inquietudini, una volta che si sia raggiunta la debolezza
fisica del corpo e la saggezza della vecchiaia. Ma oggi siamo a fine
corsa: la realtà è più dura.
Non maturiamo come una mela sull'albero. Ci sono vermi che una volta
che hanno scavato i loro tunnel nel nostro corpo e nella nostra mente,
non spariscono. La vecchiaia non è un pesticida che libera dall'infezione.
Né una forma di atarassia rispetto alle emozioni e alle intuizioni.
Forse valeva quando la forza fisica era base della sopravvivenza. Ma,
in millenni siamo diventati più complessi.
Comunque, se la vecchiaia non esiste sentimentalmente e "razionalmente",
esiste fisicamente. L'unica via per viverla è la commendevole
accettazione di quello che si è vissuto? Ci sono cose dolorose,
ma anche felici che non sono alienabili. Mai. E oggi la tecnologia ci
presenta solo l'aspetto più rozzo del desiderio di "non
smettere di desiderare mai " come diceva Rilke, quello dell'aspetto
fisico del corpo, per cui possiamo cancellare rughe e chili in più.
E' sufficiente a farci sentire giovani? No. Però ci ha portato
a pensarci sempre attraenti e, quasi di soppiatto, a cancellare la vecchiaia.
La longevità ha fatto il resto.
Bisogna fare un grande salto. Conviviamo con persone vecchie, ma giovani
rispetto all'aspetto fisico, con altre che si tengono le rughe tatuate
e sono comunque giovani perchè hanno intuito che la vecchiaia
sentimentale intellettuale non ha più spazio.
Nel 1970 in "La critica è potere", l'ultimo saggio
come critica d'arte, Carla Lonzi afferma: "l'intuizione è
essa stessa un modo di vivere e non un mistero da chiarire attraverso
un'analisi razionale". (Scritti sull'Arte , et/Al. Edizioni, 2012)
La fine della vecchiaia è un'intuizione che ho "vissuto"
spesso in questi anni, di fronte alle lamentele sull'assenza di giovani
nella società, nella politica, nelle professioni. Ma, se andiamo
oltre lo stereotipo delle parole, del decadimento della pelle e del
corpo, si può vivere qualcosa di esaltante e anche tremendo.
E' esaltante pensare che sarò sempre consapevole di ciò
che mi è successo, ma è tremendo pensare che non posso
addormentare le felicità, le ansie, i drammi della mia vita.
Tutte forse, sotto sotto, nel dialogo con quelle che sono nate dopo,
abbiamo sperato che si ripetesse la nostra felice stagione anagrafica
e di pensiero.
Ma io credo che per le donne non sia stato ancora accumulato un patrimonio
sufficiente da far avvertire il passaggio delle generazioni. Non possiamo
neanche diventare vecchie. Ma dobbiamo farci carico di una società
che ci ha ricacciato nel modello di una giovinezza senza età
per continuare ad essere oggetto di desiderio. Erica Mou, che ha ventanni,
dice che vuole continuare ad essere un soggetto anche da vecchia e aggiunge
"insieme a te". Un tu che allude alla persona preferita nella
vicenda amorosa, ma io penso anche a quel tu che riguarda i molteplici
rapporti con gli altri, le altre. Insomma alla necessaria condivisione
dei pensieri e delle opere che compiamo.
"Sebben che siamo vecchie", abbiamo sempre "delle buone
malelingue", per contrastare le barriere fangose attuali, che talvolta
vorrebbero appannare i cambiamenti per i quali abbiamo combattuto da
giovani, trasformando i sentimenti e la sensibilità delle donne
e, pur limitatamente, degli uomini. Sono barriere limacciose perché
(donne e uomini) non siamo più giovani, perché non abbiamo
movimenti in cui credere, perché abbiamo più esigenze
e minori energie, perché siamo stati contagiati dall'ordine,
perché abbiamo imparato a nascondere il disordine. Siamo diventati
docili? Sì.
Il rischio è che la violenza che tutti deplorano, ritorni indietro
come un boomerang e ce la troviamo addosso senza accorgercene (come
scrive Luisa Muraro sull'ultimo Via Dogana). Le nostre "malelingue"
devono ricominciare a cantare. La posta in gioco è dura e pericolosa.
Serve un'invenzione. Non ce l'ho. Ma, Lonzianamente, vivo l'intuizione.
E voglio vivere la fine della vecchiaia nell'ubiqua, fragile famiglia
relazionale in cui mi trovo a scambiare pensieri e affetti.
E' una famiglia scossa da grandi turbamenti, perchè non è
possibile chiedere e dare le stesse cose come nelle famiglie parentali.
Per prendere tutto il buono di questa famiglia relazionale, bisogna
riconoscerne la mobilità. Parte da intuizioni e non da linee
di discendenza. Si allarga, si restringe, cambia, si avvita, si scioglie.
Qui dentro appare anche la fine della vecchiaia, perchè il comportamento
fisico, psichico generale e, se vuoi, il perenne stato di collegamento
narrativo di iPhone, internet ecc, promuovono un contatto "senza
età ", che entra negli incontri, nel lavoro, nelle vacanze.
Non erano in fin dei conti questi i nodi sostanziali della famiglia
borghese patriarcale? Quante storie ho sentito da bambina rispetto agli
amori, ai successi, ai drammi economici, di parenti vicini e lontani
che pensavo costituissero la realtà della amata casa di campagna
dei miei nonni paterni. Quella era il riferimento della mia discendenza
e anche il modo di conoscere affettivamente la vita, la scuola, il futuro.
Poi il femminismo mi ha fatto ritrovare in tante altre donne, la Rachele,
la prima persona non consanguinea che ho amato, dalla quale ho imparato
tutto quello che pensavo fosse necessario per cucinare e per crescere.
E lo credo anche oggi, perchè lei per prima, lavorando in casa
dei miei nonni, mi ha concretamente fatto capire che la famiglia è
un anello che va oltre i cancelli di casa e che il sapere è sempre
legato a una passione che coinvolge altri e altre. Perchè io
l'ho amata di vero amore e le ho creduto. Così quando vedeva
gironzolarmi attorno vari "mosconi", mi diceva: "attenta
Checca, che il can de massa paroni more de fame!" Come dire, sei
tu che devi orientare la tua vita.
Voglio diventare vecchia, con questi ricordi intatti e metterli in pratica
nella famiglia relazionale che ho cominciato a frequentare, quando ho
ritrovato nelle donne, l'educazione sentimentale che mi ha trasmesso
la Rachele. Lo capisco oggi perchè sono vecchia o perchè
riconosco che la mia adolescenza è ancora dentro di me?
Milano,
Aprile 2012
frapasini@gmail.com