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Aprile 2009
Questione di Cuore, l'ultimo film
di Francesca Archibugi, è un'opera delicata e ironica allo
stesso tempo.
Il film ci racconta in modo lieve una bella amicizia maschile, ma non
solo.
Alberto - sceneggiatore di successo, in crisi con la sua compagna - e
Angelo - giovane carrozziere, sposato, con due figli e in attesa del terzo
- appartengono a mondi molto diversi ma, instaurando una relazione autentica
al di là dei pregiudizi e luoghi comuni, finiranno col ritrovarsi
sul piano umano molto vicini.
A partire da questo tema si intrecciano tanti altri (la solitudine e l'isolamento,
la crisi della coppia, il rapporto conflittuale con i figli, la violenza
metropolitana
) e a fianco ai protagonisti si delineano con grande
intensità belle figure femminili, nonché quella del figlio
bambino e della giovane figlia adolescente indispensabili all'intreccio
della narrazione.
Raramente al cinema è stato trattato in modo così delicato
il tema di un'amicizia maschile, che non nasca da scopi materiali o strumentali:
a unire i due protagonisti è l'aver condiviso l'esperienza della
malattia - "una questione di cuore" a un passo dalla morte -
e quindi aver assunto consapevolezza della propria fragilità e
paura di fronte a un futuro incerto e sfuggente. Un legame così
autentico da non essere capito all'inizio dalle rispettive compagne e
familiari, perché difficile da capire in una società che
ci abitua alla fretta e alla superficialità, ma la sua forza si
fa pian piano strada, fino ad essere accettato e condiviso dalla moglie
di Angelo e poi pian piano anche dai due figli.
Molte le belle sequenze: una è quando Alberto è sinceramente
affettuoso con la moglie dell'amico e Angelo vede la scena da dietro un
albero. Non scatta la gelosia, il possesso. Angelo osserva e il suo sguardo
triste e malato, sembra prendere atto della caducità della vita
e dell'insensatezza di voler essere sempre gli unici ad aver diritto di
affetto e tenerezza verso chi ci è caro. Angelo sa anche della
gravità del suo male e pensa di lasciare in eredità all'amico
la famiglia amata, come fosse sua proprietà, ma Alberto si sottrae
a questo gioco patriarcale e sceglie di vivere liberamente la sua vita
con tutte le sue crisi e i suoi tentativi di amare diversamente.
Anche l'amicizia tra Alberto e il figlio piccolo di Angelo è rappresentata
dalla regista con un espediente geniale. Lo sceneggiatore insegna al ragazzo
l'arte di osservare, perché dall'osservazione delle persone si
possono capire molte cose che apparentemente sembrano inspiegabili e mettendo
insieme questi elementi si possono creare storie affascinanti, gli occhiali
da sole gialli, che i due inforcano, sono un filtro simbolico attraverso
cui si scopre che la realtà cambia a seconda del modo in cui ci
poniamo nell'osservarla.
Pure la figlia di Angelo, la più restia, la meno disponibile, già
furiosa per l'arrivo di un altro fratello, con i problemi dell'adolescenza
e il desiderio di autonomia e ricerca di affetto allo stesso tempo, in
un bel dialogo con Alberto capisce che non sempre è possibile trovare
una risposta alle proprie domande e che bisogna accettare anche questo.
Esilarante la scena in cui i due protagonisti si ritrovano a dormire una
notte nello stesso letto, e la tenerezza che si instaura tra i due li
fa ridere di gusto sull'eventualità di essere presi per omosessuali.
Ma la regista non mostra solo una bella amicizia fra maschi, delicato
è anche il sentimento di amicizia che si instaura tra Alberto e
la moglie di Angelo e alcuni momenti di intimità che si verificano
tra loro non sfiorano mai il morboso o il triviale.
Brava in questo film l'Archibugi a mostrarci due personaggi maschili che
comunicano senza mai parlare di calcio, senza mai essere complici contro
le donne, con uno sguardo di attenzione e attrazione, che non svilisce
né offende le donne. La regista però va oltre: rifiutato
lo schema semplicistico del passaggio di consegne tra i due maschi, sceglie
la possibilità della libertà di relazioni nuove. Nella scena
finale, dopo la morte di Angelo, vediamo allineati nel letto dello sceneggiatore,
la sua compagna, la moglie e la figlia che dormono. Alberto, come nella
scena iniziale, sempre inquieto e alla ricerca di se stesso, si alza si
affaccia al balcone dove vede i gabbiani volare e sente alcuni colpi di
pistola, questa volta però si ritrova vicino il figlio piccolo
di Angelo, spaventato e angosciato. Alberto lo abbraccia, cerca di calmarlo,
non ci riesce, allora gli mette gli occhiali da sole e lo invita a guardare
fuori forse un poliziotto spara ai gabbiani. Il piccolo guarda fuori,
si calma, questa realtà misteriosa lo prende, perché il
poliziotto spara ai gabbiani? Questa è la domanda!!!!!!
Francesca Archibugi ci regala un Antonio Albanese veramente grande, che
riesce a capire e aiutare con grande sensibilità gli altri e che
attraverso loro riesce ad accettare la sua fragilità maschile.
Insomma un bel film sul rapporto tra sessi e tra esponenti dello stesso
sesso quasi una storia fuori dal mondo, eppure così ben radicata
in quel mondo pieno di civiltà e umanità in cui pure viviamo.
Fernando Lelario, associazione La Merlettaia, Foggia
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