Libreria delle donne di Milano  
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luglio 2003
RISPOSTA A SCALFARI

di Laura Colombo, Sara Gandini, Elisabetta Marano, Laura Milani

In un articolo apparso su l'Espresso ("Femministe dove siete?", 5 giugno 2003), Eugenio Scalfari esorta le giovani donne a riagganciarsi alle lotte delle madri per portarle a compimento, con lo scopo di rifiutare il potere fine a se stesso e la violenza che ne consegue. Le giovani, si legge, avrebbero un di più di autonomia e autocoscienza ereditato dalle lotte delle donne del passato, ma non saprebbero giocarlo nel pubblico per affermare i "valori della cultura femminile" nell'ambito della società. Questa affermazione ci ha fatto riflettere.
Scalfari coglie il punto centrale della politica che ci sta a cuore. Lontane da ogni idea di delega e rappresentanza, dai giochi di spartizione del potere, dalla logica dell'alternanza e dell'antagonismo, molte donne hanno guadagnato un sapere e un modo di creare la politica, a partire dalla propria esperienza e dalle proprie contraddizioni, che oggi sono a disposizione di donne e uomini disposti ad agirle nella società. Non esiste quindi, secondo lui, in polemica con Badinter, il rischio di "far regredire la consapevolezza delle donne verso un nuovo ghetto", e noi siamo d'accordo.
A un certo punto dell'articolo viene chiesto aiuto al movimento femminista. Ma che cos'è per lui il movimento? Cosa pensa che sia? Ci pare legato all'immagine del movimento anni '70: grandi manifestazioni, esistenza di collettivi, gruppi di autocoscienza etc. Il movimento in questi termini è finito, sì, perché questa è la caratteristica dei movimenti: nascono, crescono, digradano, finiscono. Quello che invece non è finito è il cambiamento che il movimento femminista ha operato nella società, e Scalfari lo sa, lo dice. Però non entra nel merito della rivoluzione iniziata dalle donne del movimento femminista, non ne evidenzia il significato politico, non dice che cosa ha significato per lui, non parla delle difficoltà del suo rapporto passato e presente con le donne del movimento, dei conflitti che hanno messo in crisi molte relazioni e molti progetti politici degli uomini. Pare che si dimentichi di sé e degli uomini: e già, cosa c'entrano gli uomini con la società, le istituzioni, il potere? Noi pensiamo che solo in presenza di un commercio vivo di idee fra uomini e donne sia possibile esprimersi in modo originale su una realtà taciuta che fa problema, quella del conflitto fra i sessi.
Oggi le giovani sono, a nostro avviso, ben presenti e attive. Del movimento dei movimenti, per esempio, Scalfari vede solo il segno più eclatante: il momento del raduno in piazza. Prima ancora della manifestazione però c'è la quotidianità e la gestione concreta di associazioni, spazi comuni, progetti, dove molte donne riescono a trovare modi di espressione libera del loro desiderio di incidere nel sociale. Riescono a scardinare la struttura organizzativa che i padri, ponendosi come leader, pretendono di imporre; ad una politica fatta di "regole", "delibere", "obiettivi" antepongono la relazione con l'altro e l'attenzione alla soggettività, sottraendosi così al fascino della rappresentanza e della visibilità. Interessante a questo riguardo sono gli interventi di due giovani attiviste, pubblicati sul secondo numero della rivista Global, all'interno dello scambio nato su un articolo di Bia Sarasini dal titolo "La voce assente delle donne": le donne, si legge, "non sono assenti ma semplicemente non sono interessate alle sedi tradizionalmente deputate al dibattito e alla decisione collettiva e politica poiché non le riconoscono come luoghi di effettiva costruzione."
Inoltre Scalfari, cercando giustamente di spingere una lotta rinnovata, suggerisce un "ricambio" generazionale, per scartare le donne da lui definite datate e puntare su un presunto nuovo soggetto politico, le giovani. Suggerisce un modello patriarcale di eredità, quando invece le donne sperimentano una politica che si confronta con le generazioni del passato in presenza, in un corpo a corpo conflittuale e intenso, che plasma la politica e la arricchisce della differenza. Scalfari qui si dimentica che la libertà femminile passa grandemente dalla relazione madre-figlia, che tra donne non funziona come tra uomini.
Ultimo punto di contrasto con un testo che ci ha interessate: noi non pensiamo sia importante "sensibilizzare" le coscienze maschili invitandole a orientarsi verso i valori, come Scalfari sembra suggerire. Crediamo invece che la posta in gioco sia ben più alta e chiami in causa la disponibilità maschile a riguardare la propria virilità senza sentirsi minacciati dalla presenza di donne libere e consapevoli al loro fianco. Solo con questa difficile premessa le donne, con il loro sapere e le loro pratiche, potranno essere mediatrici verso l'ambizioso rinnovamento di una politica che è sempre più un gigante cui si sgretola la terra sotto i piedi.

 

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RISPOSTE
(della POSTA IN GIOCO):