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Teramo, 9
maggio 2003
Convegno
di Teramo: "Futuro senza guerre - costruiamo insieme"
Organizzato
da Maria Inversi
Intervento
di Nurit Peled
Questo pomeriggio vorrei essere qui coi miei bambini per piantare un albero
di pace nel bosco della madre e del bambino. Gli alberi da sempre sono
stati simbolo di pace, di vita, di prosperità. In Israele noi abbiamo
una meravigliosa usanza: si pianta un albero per ogni nuovo nato, e la
foto di questo albero viene appesa sopra il suo letto come simbolo di
vita e di speranza. Ora, oggi, in Israele, questi stessi bambini, che
hanno alberi che portano i loro nomi e la cui foto decora le loro camere
dinfanzia, sradicano crudelmente gli alberi dei loro vicini. Bambini
ebrei e sionisti strappano, diventando soldati, gli ulivi simbolo
della pace e distruggono le vigne simbolo della prosperità
ai palestinesi, privandoli così di tutti i mezzi di vita,
condannandoli a una morte di umiliazione e di fame. Questi soldati israeliani,
ragazzi giovani, beneducati, figli di amici miei, che si arruolano per
servire il loro Paese, ricevono dai loro comandanti lordine di strappare
boschi interi, e ora lalbero tagliato è diventato, in questo
Paese assassino e sanguinante, il simbolo della crudeltà, della
disperazione, e del razzismo cieco che lo domina. I figli dei palestinesi
che hanno perduto uliveti e vigne, onore e vita, case e speranza, diventano
dei terroristi suicidi perché non hanno più niente da perdere.
In questo inferno non restiamo che noi, le vittime delle due parti che
cercano di arrestare questa follia. Noi siamo i soli che cercano di salvare
questi bambini dalla loro terribile sorte di carnefici e vittime, che
cercano di spiegare ai giovani israeliani idealisti che servire il loro
Paese non vuol dire obbedire come dei robot agli ordini mortiferi, che
cercano di convincere i bambini palestinesi che il loro popolo ha bisogno
di loro vivi e non morti. Noi siamo i soli a gridare alle orecchie del
mondo intero che per i nostri bambini morti non cè differenza
tra ciò che il mondo chiama terrorismo e ciò che chiama
guerra contro il terrorismo. Per la mia piccola figlia che è morta
a Gerusalemme perché era israeliana e per i piccoli bambini che
muoiono a Gaza e a Jenine e a Ramallah perché essi sono palestinesi,
questa differenza non esiste più. Perché luno e laltro,
il terrore e il controterrore, significano la morte impietosa degli innocenti.
Perché in effetti non esistono delle uccisioni civilizzate di innocenti
e delle uccisioni barbare degli innocenti. Non esiste che luccisione
criminale degli innocenti.
Ciò che conta per i nostri bambini è il fatto che noi, gli
adulti, i genitori, non riusciamo a proteggerli e a salvarli. Che essendo
preoccupati dei problemi di identità, di razza, di diritti storici
o mitologici, noi dimentichiamo lessenziale, noi dimentichiamo che
la morte di un bambino, non importa quale, è la morte del mondo
intero, del suo passato e del suo avvenire. E che dopo la morte di un
bambino non cè più la morte perché non cè
più la vita. In questo mondo che si dice progressista, tollerante
e umanista, ci sono persone che si CHIAMANO capi di Stato, che si servono
di valori nobili quali la libertà, la democrazia, e la giustizia
per commettere dei crimini contro lumanità. Che parlano della
prosperità di tutto il mondo spogliando fino alla morte i bambini
degli altri. E tempo di ripensare questi valori, di ridefinire dei
termini quali i diritti dei bambini, i doveri degli adulti, ridefinire
leducazione. Spiegare ai bambini che gli argomenti politici e religiosi
non servono che al genocidio. È tempo di crearsi nuove identità,
inclusive piuttosto che esclusive di identità di cui il comune
denominatore sarà la maternità e il pacifismo.
Non cè nessuna parola che sia così carica di senso,
ideologica e emozionale come la parola NOI. E tempo ora di ripensare
questa parola, di ridefinire il nostro noi. Noi, le vittime del terrorismo
e della guerra contro il terrorismo, noi a cui la morte dei nostri bambini
ha dato una nuova voce, noi labbiamo già fatto. Quando io
dico noi voglio dire le madri e i padri che desiderano la pace a qualsiasi
prezzo. Quantunque io sia nata ebrea e israeliana, quando io dico noi
io non includo in questa parola le madri ebree e israeliane che educano
i loro figli sulla terra rubata ai palestinesi, io non includo in questo
noi i padri che educano i loro figli a credere che ci siano dei bambini
che non meritano di vivere. Io includo in questo mio noi, in questa nuova
identità che ho ricevuto dalla morte, lidentità della
madre vittima, tutte le altre madri vittime di qualsiasi altra nazionalità,
palestinese, irachena, afgana o curda. Io includo Najakh, la giovane madre
palestinese che ha perduto il suo bambino di dieci anni e che non ha che
tenerezza per la mia bambina; io penso a Khaled che, 20 giorni dopo aver
trovato suo figlio bucato dalle pallottole, è partito con me per
egli Stati Uniti per parlare della pace, e quando è riuscito a
telefonare a sua moglie le ha detto di smetterla di piangere per il suo
bambino ma di piangere per la mia. Quando io dico noi penso al professor
Gazawi, che come me ha vinto il premio Sakharov, che dopo aver perduto
suo figlio di 15 anni, ucciso dai soldati israeliani, si è precipitato
per aiutare un amico ferito, ha fondato un gruppo di dialogo di scrittori
israeliani e palestinesi, e vi ha incluso la famiglia Sartawi, famiglia
che ha perduto il proprio padre perché ha osato essere amico del
mio e ha osato sognare con lui la pace tra i due popoli. Io includo anche
tutti i miei amici israeliani che hanno fatto un voto sulle giovani tombe
dei loro bambini, di non perdere la loro ragione.
Io invito
tutti i genitori del mondo a riunirsi in questa collettività le
cui fondamenta sono la paternità e la maternità, ad alzare
la loro voce sino a quando esse non sprofondino le altre voci che dominano
il mondo: quelle dei politici corrotti e megalomani, dei generali crudeli,
dei businessmen senza scrupoli che conducono il mondo intero alla sua
perdita. La maternità è più forte di qualsiasi nazionalità,
qualsiasi mitologia, qualsiasi interesse economico. Io vorrei vedere le
famiglie belghe incoraggiare i loro governanti a giudicare e a punire
i criminali in uniforme tanto quanto i criminali civili, affinché
qualsiasi uccisore di bambini sappia che non esiste alcun angolo in questo
universo ove egli possa nascondersi dalla giustizia. Che i genitori di
tutti i bambini non sopportino più lassassinio di qualsiasi
bambino in nome dellordine e della giustizia. Noi non abbiamo bambini
da sprecare in queste inutili guerre. Non abbiamo bambini da sacrificare
al dio della vanità, dellarroganza, della megalomania. Per
i capi di Stato i bambini sono delle entità astratte: voi me ne
uccidete uno, io ve ne ucciderò trecento, e il conto è regolato.
Ma io che ho perso la mia piccola Smadar, io so che la nozione della vendetta
è ridicola. Come diceva il grande poeta ebraico Bialik dopo i pogrom
in Russia contro gli ebrei, Satana non ha ancora creato la vendetta del
sangue di un bambino.
Come scrive Marguerite Duras: La morte di non-importa-chi è
la morte intera. Non-importa-chi è tutto il mondo. E questo non-importa-chi
può prendere la forma atroce di un bambino in corsa
Non ci
sarà più nulla da scrivere, nulla da leggere. Non ci sarà
che lintraducibile della vita di questi morti così giovani,
giovani da urlare.
Voglio citare una frase di Anna Achmatova, che ha sofferto tanto della
crudeltà del regime oppressivo del suo Paese, e che ha perduto
il suo bambino. È ciò che avrei detto a mia figlia Smadar
quando lho vista per lultima volta, prima di tornare sui miei
passi e abbandonarla a mani straniere: E perché questo filo
di sangue sul petalo della tua gota?.
Io che non ho saputo proteggere mia figlia contro le conseguenze degli
atti del suo stesso Paese, io vi invoco, voi madri che non avete ancora
perduto i vostri figli: proteggete i vostri bambini, non lasciateli diventare
pedine in questo terribile gioco di scacchi.
Traduzione di: Maria Inversi
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