settembre 2012

ARGENTINA ED EUROPA
di Franca Fortunato

"Quello che oggi sta accadendo nell'Unione europea e negli Stati Uniti accadeva dieci anni fa in Argentina, quando il paese era focolaio di proteste, e le strade delle sue città principali erano affollate da manifestanti che dicevano "basta" al governo. Quella crisi fu il risultato di politiche imposte dal FMI (Fondo monetario internazionale) negli anni '90, le stesse che hanno portato l'Europa a ritrovarsi oggi in questa situazione." È quanto ha dichiarato la sociologa Norma Giarraca dell'università pubblica di Buenos Aires. A lei, il 2 giugno scorso, ha fatto eco la presidente dell'Argentina, Cristina Fernández de Kirchner, quando, parlando alla Camera di Commercio di Buenos Aires, ha stigmatizzato la politica antipopolare dei governi europei, ricordando che il suo scomparso consorte Nestor Kirchner nel 2003 alle Nazioni Unite spiegò che l'austerità non avrebbe mai generato una ripresa in Argentina, e giurò di non anteporre gli interessi dei banchieri a quelli dei cittadini. E così fece. "Sento che l'Europa non capisce questo - ha continuato la presidente argentina -, guardiamo alla Spagna. Come si fa ad avere la crescita se la gente perde il lavoro, i salari vengono tagliati, le case messe all'asta e i benefici sociali ridotti? Non si può sostenere un'economia e una società in queste condizioni. In Europa c'è un'incredibile crisi speculativa. Qualcosa che noi conosciamo bene." Confutando, poi, l'idea che in Europa ci sia un'eccessiva spesa pubblica, ha ricordato che ci sono stati salvataggi bancari, come quello della Bankia in Spagna, che era amministrata dall'ex direttore del FMI, Rodrigo Rato, lo stesso che "era solito impartire lezioni sulla politica economica, la cui banca ha un buco di 230 miliardi di euro. C'è stato un incredibile salvataggio delle banche, così che queste hanno potuto disimpegnarsi dalle posizioni difficili nelle nazioni sud europee, ma si tratta delle stesse banche che hanno prestato i soldi a quei paesi". "È proprio come l'Argentina nel 2001 - ha continuato la presidente - quando i predatori finanziari stranieri imposero salvataggi a condizioni usuraie, promettendo che ciò avrebbe blindato il paese dalla crisi. Era una frode, e gli argentini ne furono vittime." La presidente ha documentato come il debito estero è stato usato per schiacciare il paese, e "l'aritmetica dei banchieri" ha costretto l'Argentina a pagare e pagare, "ma il debito cresceva sempre". Non è quello che sta accadendo in Italia, dove a giugno 2012 il debito ha sfiorato i 2.000 miliardi di euro, nonostante le politiche di austerità e l'aumento della pressione fiscale? Dal 2002, quando l'Argentina cambiò strada, le cose sono di molto migliorate. Il debito pubblico è sceso dal 166% al 41% del PIL; il PIL è raddoppiato; gli interessi sul debito sono passati dal 21,9% al 6% del bilancio; il salario minimo è cresciuto otto volte; i poveri sono scesi dal 48% al 7%; il debito delle province dal 21,9% al 6,9%.
Se si guardano i risultati economici disastrosi delle politiche europee di austerità, non si può non riconoscere una riproposizione delle politiche imposte all'Argentina nel 2001 dal FMI, ma qui da noi non c'è un Nestor Kirchner che giuri alla BCE e all'Europa di "non anteporre gli interessi dei banchieri a quelli dei cittadini". Qui c'è il professore Monti, l'uomo dalla fiducia incrollabile nel mercato, che ha portato l'università Bocconi a inginocchiarsi davanti alla cultura economica americana della Scuola di Chicago, i cui professori, sotto la guida dell'economista Friedman, hanno teorizzato il neoliberalismo globale, che ha creato quello che Naomi Klein chiama "il capitalismo dei disastri".
Friedman, morto nel 2006, nel suo primo libro divulgativo, Capitalismo e libertà, enunciò quelle che sarebbero diventate le nuove regole del liberismo globale e che negli Stati Uniti avrebbero costituito il programma economico del movimento neoconservatore. In primo luogo, i governi devono rimuovere le regole e le norme che sono d'intralcio all'accumulazione del profitto. Le industrie devono poter vendere i loro prodotti in tutto il mondo, e i governi non devono tentare di proteggere le industrie locali o la proprietà locale. Tutti i prezzi, compreso il costo del lavoro, devono essere fissati dal mercato. In secondo luogo, devono vendere (privatizzare) tutte le risorse di loro proprietà da cui le industrie potrebbero trarre profitto. E in terzo luogo, devono ridurre drasticamente i fondi per la spesa sociale. Non deve esserci salario minimo. Friedman proponeva di privatizzare la sanità, le poste, la scuola, le pensioni, persino i parchi nazionali. Sono gli interessi delle grandi multinazionali, insomma, che vanno tutelati e che per la loro stessa natura richiedono mercati nuovi, vasti e non regolamentati. Solo degli uomini potevano arrivare a concepire un tale sistema economico, vista la loro concezione di libertà slegata da ogni rapporto con le altre e gli altri! Negli anni '70 le teorie di Friedman furono sperimentate nell'America Latina, con conseguenze disastrose - come ha ricordato la presidente dell'Argentina - per le popolazioni, a fronte di grandi guadagni delle banche, delle multinazionali e dei dittatori locali, che vendettero loro le ricchezze del paese. Per trent'anni Friedman e i suoi seguaci sistematicamente sfruttarono i momenti di shock negli altri Paesi, a iniziare dal colpo di Stato di Pinochet, l'11 settembre 1973. Fallito quell'esperimento, dopo lo shock dell'11 settembre 2001 che diede fiato alle politiche liberiste, la crisi economico-finanziaria è scoppiata nella patria dei Chicago Boys, negli Usa nel 2008.
Con lo shock di quella crisi e dello scoppio del debito pubblico degli Stati, i Chicago Boys sono approdati in grande stile in Europa con la Bce, il Fmi, la Commissione europea e in Italia con i professori della Bocconi e il governo Monti. La loro politica dell'austerità, delle privatizzazioni, della deregolamentazione del commercio e del mercato, sta portando al disastro l'Europa - come sostengono gli economisti Emiliano Brancaccio e Marco Passarella, nel loro libro "L'austerità è di destra. E sta distruggendo l'Europa" (ed. Il Saggiatore). I disastri di tale politica recessiva e iniqua sono sotto gli occhi di tutte/i e non si possono giustificare con la persistenza della corruzione, dell'evasione fiscale, del malgoverno dei pochi sui molti, che, guarda caso, si denunciano sempre ma non si combattono mai. Sarà che la loro persistenza serve ai Chicago Boys della Bocconi per coprire le reali motivazioni teoriche e ideologiche che guidano le loro scelte politiche?
È il sistema economico globale che va messo in discussione e cambiato - come da anni ripetono nelle piazze giovani di tutto il mondo -. Tocca a ognuna/o di noi - come hanno fatto in America Latina - "con tutta la forza necessaria" - come dice Luisa Muraro (Via Dogana n. 100, 2011) - imporre un cambiamento radicale. Abbiamo proposte, idee, che vadano al di là della sopravvivenza? Mettiamole in campo. È sufficiente la nostra politica delle relazioni e del desiderio? Siamo disposte ad aprire conflitti con gli uomini e le donne dei partiti alle prossime elezioni?