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corriere - 09 febbraio 2011 La
piazza e il tempo della nostra saggezza
di Marina Terragni Caro
direttore, mettetevi nei panni di una donna: che lavora, fa marciare casa e
famiglia, va in banca, dal dottore e dal commercialista. La solita fantastica
vita d'inferno. E va anche a teatro, al cinema, in libreria, alle mostre, ai dibattiti.
Fa politica, la politica vera, la politica prima, quella che viene liquidata come
«volontariato» o «cura». E ama, ovviamente, l'amore è
sempre in cima ai suoi pensieri: in qualche modo dovrà tenersi su. E lotta
contro un'organizzazione del lavoro assurda, contro il disordine, la sporcizia
e gli sprechi, le sue magnifiche ossessioni. Sempre avanti, anche se in salita:
la femminilizzazione del mondo è irresistibile. Altro che silenzio:
un chiasso del diavolo. Ma di questa donna e di quelle come lei (praticamente
tutte), nella rappresentazione pubblica non c'è traccia. Da anni. La tv
degli uomini, i media degli uomini - sono sempre loro a decidere, anche quando
il target è femminile -, sembrano il paradiso dell'Islam, pullulante di
huri decerebrate. Le donne vanno avanti, ma lì si torna indietro, come
in un sogno consolatorio. Ma tu hai troppo da fare, e la cosa migliore è
fingere di non vedere, come quando tuo marito ti tradisce e tu tieni duro, sperando
che passi. Però intanto non puoi non notare tante brave telegiornaliste
che vanno soggette a una mutazione progressiva, sempre più simili al Modello
Unico Televisivo. Che la gnocca di contorno è d'obbligo anche nelle trasmissioni
dei paladini della libertà - tutti bruttini - a compensare la signora ospite
intelligente ma unappealing. Perfino L'Unità sceglie la parte per il tutto,
un tonico lato B firmato Oliviero Toscani, un paradossale lancio per la direzione-Concita:
la furia delle blogger si scatena. E l'11 dicembre a Roma, nella Piazza San Giovanni
che fu di Berlinguer e di Nilde Jotti, il Pd affida la conduzione del suo No-B
Day a Martina Panagia, già Seno Alto Cadey e numero due a miss Padania:
una che a quanto pare non si fa problemi di schieramento. Poi un bel giorno
a Milano la volante Monforte-bis carica una scellerata ragazzina detta Ruby, e
tutto il venefico preparato ti precipita addosso. Non puoi più fingere
di non vedere, la spesa falla il venerdì perché sabato devi scendere
in piazza a dare prova della tua dignità, fatta coincidere con il fatto
di non prostituirti come quelle dannate «olgettine troie». Tante vogliono
vedere rotolare la testa corvina di Nicole Minetti. Un grandissimo disordine simbolico
che non sarà facile districare. Non sono santa né puttana, e
non so cosa mettermi. Secondo Irene Tinagli, eventuale leader del Nuovo Polo,
«chi si presenta in autoreggente lo fa non solo perché gli uomini
la vogliono così, ma anche perché è insicura». E girano
online consigli per un look dignitoso: mai pendant alle orecchie, troppo allusivi.
«Ho come l'impressione che molte che vanno in piazza in questi giorni guardino
il dito, e non la luna», nota graziosamente Pia Covre, leader del movimento
per i diritti civili delle prostitute, interpellata dal settimanale Gli Altri.Le
promotrici della manifestazione del 13 febbraio sentono a questo punto di dover
precisare che «a motivarci non è un giudizio morale su altre donne,
ma il desiderio di prendere parola pubblica per dire la nostra forza». E
chiamano anche gli uomini a esprimere il loro rifiuto del modello sessista. Modello
che, intendiamoci, è sempre quello degli altri. Non abbiamo ancora avuto
la fortuna di sentire un uomo interrogarsi in prima persona e pubblicamente sulla
propria sessualità, su quel tenace intrico sesso-potere-denaro, sul fatto
di usare il corpo di altre - e altri - come merce, dando la prostituzione per
scontata come un fatto di natura. Tutti femministi. Fanno bene a cavalcare
la tigre, intendiamoci, che è una tigre davvero, ed è pure un bel
business. Ma avverte Pia Covre, che di maschi se ne intende: «In questo
momento fa comodo usare le donne per battere Berlusconi. C'è quindi una
strumentalizzazione». Detto da una che pure Berlusconi non lo ama affatto.
Domanda delle 100 pistole: qual è l'obiettivo? La testa del premier?
O, più in generale, il machismo della nostra politica? Che cosa chiede
la piazza? Non c'è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza. La
filosofa Luisa Muraro fa notare che in questo neofemminismo maschile «c'è
un pericolo, quello della idealizzazione: un altro passo e si finisce nella misoginia,
perché le donne reali non corrispondono agli ideali di nessuno».
Ce n'è anche un altro, di pericolo: che mentre noi stiamo lì con
sciarpa bianca a difendere la nostra dignità, le decisioni politiche continuino
indisturbati a prenderle loro. La manifestazione del 13 dovrebbe servire a dire
che tutto questo non sarebbe capitato, se a decidere ci fossero state anche le
donne. E invece non c'erano, e continuano a non esserci, e quelle poche che ci
sono non vengono ascoltate. Dovrebbe chiedere che la scadente politica maschile
si apra finalmente alla società e alla politica femminile, che assuma con
decisione il doppio sguardo. «Fuori dalla Camera, che dobbiamo fare
ordine»: lo slogan, femminilissimo, potrebbe essere questo. E fuori dai
partiti, dalla tv, dai media, dai consigli di amministrazione, perché se
siamo arrivate a questo punto è perché lì continuano a esserci
solo maschi. Il tempo (kairòs) è questo. Il tempo del genio
femminile, per dirla con papa Wojtyla, il tempo della saggezza, che per la tradizione
ebraica è il volto femminile di Dio. Lo dicono i preti, lo dicono i rabbini.
Lo dice anche il mio ortolano, per niente femminista, marito di una brava ragazza
che manda avanti magnificamente casa e bottega. E sarebbe contento di avere tante
brave ragazze anche lì, dove si decide per conto di tutti. Anche una premier,
perché no? che costituirebbe l'esito naturale di questa assurda storia
italiana. Sono tutti pronti. Anche noi siamo pronte. Ma i politici, femministi
compresi, loro no.
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