Libreria delle donne di Milano

Da Popoli, ottobre 2002

In India una donna dice "no" alle dighe
Famosa suo malgrado, naturalmente combattiva, Medha Patkar è diventata un simbolo. Una paladina del riscatto dei tribali e della popolazione rurale. Con lei, le donne in prima linea nelle campagne contro le grandi dighe.

Di Anto Akkara

La figura fragile di Medha Patkar, avvolta nel suo semplice sari, è ormai familiare agli attivisti sociali in tutto il mondo. Sono pochi quelli che non hanno mai sentito parlare della 48enne fondatrice del Normada Bachao Andolan (Nda - Movimento per la salvezza del fiume Narmada), una donna simbolo della lotta contro i grandi e spesso insensati progetti di sviluppo in tutto il mondo.
Per la sua attività, la Patkar ha ricevuto numerosi riconoscimento nazionali e internazionali. Tra questi il Premio per il diritto all'esistenza, della Svezia, nel 1992 e il Premio "Goldman" per l'ambiente nel 1993. A lei si deve la fodazione dell'Alleanza dei movimenti popolari dell'India, che raduna 200 organizzazioni non governative. Il suo è un impegno che viene da lontano e non ha mai mostrato incertezze.

Contro un progetto controverso
All'inizio degli anni '80, la Patkar stava concludendo la sua tesi universitaria sullo sviluppo economico e il suo impatto sulle società tradizionali presso l'Istituto di Scienze Sociali "Tata" a Bombay. Le sue ricerche la portavano nei remoti villaggi tribali del Gujarat settentrionale. Medha Patkar si trovò così coinvolta emotivamente nella lotta degli adivasi (aborigeni) che finì col lasciar perdere le sue ambizioni accademiche e mettersi a loro fianco.
Fu alora che il governo federale indiano, insieme ai governi locali di Madhya Pradesh, Maharashtra e Gujarat, decisero di avviare la costruzione della più grande diga dell'India, quella del Sardar Sarovar nel bacino del fiume Narmada che attraversa più stati federali. Il progetto prevede 30 dighe di grandi dimensioni, 135 di dimensioni medie e 3 mila sbarramenti minori. Un'opera grandiosa che - una volta conclusa - dovrebbe interessare 1.300 chilometri del corso del fiume e dei suoi tributari nell'India centro-occidentale.
Anni di vivaci proteste di Medha Patkar e dei suoi sostenitori sotto le bandiere del Nba contro un progetto considerato "dispendioso e irrazionale" hanno costretto la Banca Mondiale a ritirare nel 1994 il suo sostegno finanziario al controverso piano, che ha un costo finale previsto di oltre 400 miliardi di rupie (circa 10 miliardi di euro). Ancor più importante, la battaglia condotta dalla Patkar è diventata in India capofila dei movimenti di protesta sociale.
Nonostante la vigorosa campagna del Narmada Bachao Andolan non abbia avuto pieno successo nel fermare il progetto sul Narmada, il Governo indiano ha compreso di non potere forzare la mano alle popolazioni locali che vi si oppongono. Inoltre, la battaglia contro le dighe ha costretto la leadership di New Delhi e le sue agenzie a migliorare i programmi di ricollocazione e assistenza delle popolazioni, costrette a lasciare le aree di cui è in corso o è prevista l'inondazione.quello che per noi è ancora più significativo, è che il Governo dovrà ora pensarci due volte prima di lanciare altri progetti simili - dice la Paktar sorridendo. "Punto di forza del nostro movimento è stata l'attiva partecipazione delle donne a una lotta che non è solo contro lo spostamento coatto di due milioni di persone nella valle del Narmada. La trasformazione in atto del bacino fluviale sta portando al sommergimento di centinaia di villaggi abitati da gruppi tribali che da tempo immemorabile vivono in perfetta sintonia con la natura circostante".
"E' stata la preoccupazione di essere estromessi dal loro habitat naturale e culturale e il timore di una distruzione totale dell'ambiente loro familiare a spingerli a farsi avanti e a unirsi alla nostra lotta. E le donne sono state fin dall'inizio in prima linea"

Le donne in prima linea
Contraria alla percezione comune della donna come "genere subordinato", (il corsivo è nostro - n.d.r.) la Patkar è convinta che le donne tribali siano un esempio di "onestà e perseveranza". " C'è un esempio che propongo sempre all'attenzione di chi mi vuole ascoltare. Quello delle decine di donne rimaste con me, immerse fino al collo nell'acqua anche per quindici ore durante le proteste", finché la polizia le ha costrette con la forza a lasciare i terreni agricoli o i lembi di foresta appena inondati dalle acque, il cui deflusso viene impedito dal progredire delle dighe.
L'ampio coinvolgimento delle donne nella questione del Narmada e in altre problematiche ambientaliste, ha aggiunto, continua la Patkar, "forza e vivacità alla lotta". "Una volta tanto, le donne non sono state utilizzate come scudi umani dai contestatori ma, anzi, hanno affrontato coscientemente e subito il trattamento brutale della polizia durante le proteste". Non sempre provocato, come dice Medha Patkar, lei stessa più volte imprigionata insieme a gruppi di attiviste nel ventennale impegno a fianco delle popolazioni in lotta contro lo scempio ambientale in atto in varie regioni dell'India.
"Inizialmente, quando andavamo nei villaggi per spiegare il senso delle nostre iniziative contro il progetto del Narmada - ricorda la Patkar - le donne non uscivano nemmeno da casa, bloccate dalle rigide norme sociali. Ma quando si sono convinte della serietà del problema, sono arrivate numerose. Forse, è stata proprio questa mobilitazione di donne, in molti casi analfabete, che ha reso efficace la nostra campagna". Mentre i comitati principali e quelli locali hanno una partecipazione femminile che arriva anche al 50%, le donne sono almeno un terzo di coloro che prendono parte alle nostre iniziative di massa.
Medha Patkar ha indicato come le donne riescano sempre a portare la prospettiva esistenziale e la dimensione umana nelle lotte sociali. Possono anche non essere colte - e in molti casi sono analfabete - ma sanno bene come la distruzione ambientale può influire sulla realtà quotidiana del genere umano, hanno una chiara comprensione di che cosa si dovrebbe fare e di che cosa non si dovrebbe fare alla natura. " Discriminate per tradizione, molte donne in India possono anche non essere capaci di pronunciare la parola ecologica - immaginiamoci spiegarla ! - ma l'ambiente è assai vicino al loro cuore e conoscono il significato del termine sostenibilità meglio di molte donne colte delle città".