|
UNA
CITTÀ n. 182 - Marzo 2011
MAI
STATE ZITTE
Intervista
a Luisa Muraro
realizzata da Barbara Bertoncin
Luisa
Muraro, filosofa, femminista, tra le fondatrici della comunità
filosofica "Diotima presso lUniversità di Verona,
fa parte della Libreria delle donne di Milano e della rivista "Via
Dogana dagli inizi.
Alla vigilia
della manifestazione del 13 febbraio, alcune donne avevano avanzato critiche
e perplessità sulla formulazione dellappello. In particolare
non era piaciuta la distinzione tra donne "per bene e donne
"per male. Anche tu sei intervenuta...
Per capire il dibattito che si è aperto attorno alle manifestazioni
del 13 febbraio per me è importante ricordare alcuni precedenti.
Già in passato Concita De Gregorio e altre donne avevano espresso
una specie di sollecitazione impaziente, e anche polemica, nei confronti
delle donne perché -a loro dire- le donne non reagivano come avrebbero
dovuto davanti a certi problemi e a certi scandali.
Il primo precedente è lappello Usciamo dal silenzio per difendere
la legge 194 sullinterruzione di gravidanza, legge la cui modificazione
stava diventando merce di scambio tra politici italiani e vaticani. In
quelloccasione alcune, in risposta polemica a quellinvito,
avevano coniato uno slogan giusto e spiritoso, "Mai state zitte.
Infatti il femminismo in Italia non ha mancato di far sentire la sua voce,
con i mezzi di cui dispone. In definitiva a Milano ne è nata una
grande manifestazione, ma con una parola dordine modificata: non
"usciamo dal silenzio ma "siamo uscite dal silenzio.
Anche nel recente appello della direttrice dellUnità, Concita
De Gregorio, Dove siete donne? Diciamo "ora basta, lanciato
dopo lo scandalo che porta il nome di Ruby Rubacuori, si sente prevalere
questo atteggiamento di implicita accusa alle donne di non indignarsi
abbastanza o di non manifestare la loro indignazione. Si tenga presente
che sui giornali, sulle riviste, in televisione, alle donne che non fanno
parte del mondo dello spettacolo o del do ut des politico, raramente viene
offerto spazio per dire quello che pensano. Io stessa, che sono tra le
femministe più conosciute, dovrei fare anticamera, cioè
chiedere, aspettare e stare alle condizioni. Il che non è facile
per una donna normalmente impegnata nella vita di tutti i giorni. Una
volta, in occasione di un pubblico dibattito, mi proposi di correggere
un duplice errore ripetuto da molti (la legge 194 presa per una legge
abortista; le femministe confuse con i radicali che parlavano di diritto
allaborto, mentre noi abbiamo chiesto la sua depenalizzazione senza
farne un diritto), perciò mi rivolsi al Corriere della sera, sede
del dibattito e del tenace errore; ho avuto lo spazio che chiedevo ma
per averlo sono stata mezza giornata al telefono. Dopodiché ti
senti dire: perché state zitte? Insomma, una cosa doppiamente irritante.
Questo, in breve, è lantefatto più polemico.
Poi cè la questione di merito. Ci sono state due chiamate
nazionali alla manifestazione, lappello lanciato da Concita de Gregorio
e sottoscritto da altre, seguito da un manifesto intitolato Se non ora
quando? Lappello, secondo me e molte altre, conteneva delle cose
inaccettabili. La più inaccettabile era quella di dire che tutte
le donne che non scelgono la prostituzione devono andare a manifestare
la loro indignazione dicendo: "Ora basta. Da qui, lidea
di donne italiane che vanno a manifestare la loro dignità provviste
di carta didentità e rivestite di una sciarpa bianca. Con
qualche correzione, questo spirito perbenista si ritrova anche nel documento
successivo che indice le manifestazioni per il 13 febbraio.
Invitata da una giovane amica a firmare il primo appello, che stava raccogliendo
molte firme, ho scritto un testo che ha girato parecchio in Internet sul
perché non lavrei firmato: respingevo la separazione fra
le donne coinvolte nello scandalo e le altre. Ho spiegato che per me una
donna che si prostituisce non sta vendendo tutta se stessa, cè
una parte di lei che resta riservata. Infatti, parlando con donne che
si prostituiscono, quasi nessuna, se non proprio per somma provocazione,
accetta di essere chiamata, non dico nel termine volgarissimo che si usa,
ma neanche "prostituta. Non dicono: "Io sono una prostituta,
bensì "Mi prostituisco, presentandola come unattività
in cui non si identificano totalmente. Perciò la separazione cui
accennavi, di quelle per bene e di quelle per male, è sbagliata
umanamente e politicamente. La correzione è servita; alla manifestazione
di Roma, il 13 febbraio, una giovane donna si è emblematicamente
rivolta a Ruby Rubacuori (che in realtà si chiama Karima El Mahrug),
collegandola idealmente alla manifestazione. Nella pratica femminista,
non assumiamo le identità imposte, né le imponiamo alle
altre, ma ascoltiamo quello che laltra ha da dire di sé e
che vuole dire. A proposito di identità: nella preparazione delle
manifestazioni, nella fase ancora perbenista, su Facebook si faceva il
gioco di assumere identità storiche evocando i nomi di grande donne
del passato: "Io sono Anna Kuliscioff, "Io sono Rosa Luxemburg,
"Io sono Sibilla Aleramo: a una mia giovane amica ho suggerito
di presentarsi con il soprannome di Karima e così lei ha fatto:
"Io sono Ruby Rubacuori.
Laltra tua critica riguardava il fatto di appellarsi solo alle donne.
Il Berlusconi è andato al potere -e che potere- grazie a complicità,
debolezze e stupidità del ceto politico maschile: dovevano fermarlo
subito e non lhanno fatto, gli hanno dato un credito che non dovevano
dargli. Questa la critica mia e di altre: perché chiamate le donne
quando le responsabilità sono maschili?
Anche questo difetto dimpostazione è stato parzialmente corretto
perché a un certo punto si è deciso di far confluire nella
manifestazione delle donne anche quella già programmata da un gruppo
di personaggi della televisione.
Laver criticato e discusso per dieci giorni è servito a impostare
e a far vivere diversamente liniziativa: la manifestazione ha preso
un taglio che a giudizio di molte donne e di alcuni commentatori è
stato qualcosa di nuovo, di inedito. Io non ci sono andata, ma mi sono
fatta raccontare da molte in molte città.
In piazza
ognuna ha portato il suo pezzo dindignazione, di delusione e di
rivendicazione. Le giovani donne hanno portato anche la loro precarietà....
Quello di non aver un mercato del lavoro che ti offra delle opportunità
di autorealizzazione è un problema di sostanza, vitale; limpossibilità
di investire in qualcosa che ti piace, che ti corrisponde, per cui ti
sei preparata, è qualcosa di molto duro da accettare. Il 13 febbraio
si è manifestato per tanti motivi e con umori molto vari. È
probabile, come dici tu, che le donne più giovani abbiano portato
soprattutto la rabbia e la protesta per lo stato delle cose dal punto
di vista del loro lavoro. Nel suo discorso, fatto a Roma, Alessandra Bocchetti
ha dato voce anche ai loro sentimenti. Si tratta di persone giovani, maschi
e femmine, che sono cresciute con progetti di vita che ora si rivelano
non realizzabili. Non è una cosa da poco veder fallire un pezzo
di vita, dover ricominciare a pensarsi in altri termini, molto più
faticosi. Non mi sembra che i giovani siano rassegnati a questa svolta,
per ora insistono perché gli si aprano le porte che si sono chiuse,
alcuni tuttavia cercano di capire e di attrezzarsi per il futuro, altri
invece emigrano.
Tu comunque
non eri contro la manifestazione...
Io ho criticato lappello, ma non ho parlato contro la manifestazione,
la mia posizione è stata di contribuire a dare alla manifestazione
limpronta della soggettività femminile e della politica delle
donne. Tanto è vero che il secondo testo che ho scritto, quello
pubblicato sul Corriere della Sera, mi hanno raccontato che è stato
letto e applaudito nel corso della manifestazione di Venezia in campo
Santa Margherita. Ho ricevuto critiche e consensi. Ricordo con simpatia
la giovane donna che mi ha scritto: "è la mia prima manifestazione,
io non mi farò strumentalizzare, ci voglio andare, facendo
quasi intendere: per favore, non rovinarmela, non sciuparmela.
Daltra parte, secondo me era ora di dare una smentita a quelli che
dicevano: "Ma dove sono finite le donne? Sono sparite, non parlano.
Sono anni che i giornali continuano con questo ritornello, perché
non hanno capito che la politica delle donne non ha le caratteristiche
della politica tradizionale: organizzazione, comunicati stampa... Un giornalismo
più attento non avrebbe difficoltà a registrare il fiorire
di iniziative e di sapere che il femminismo produce da decenni in questo
Paese.
Insomma cera anche da andare a dire: "Noi ci siamo, noi esistiamo.
Alcune sono andate in piazza con dei loro manifesti. AllUdi di Palermo
hanno discusso lappello Se non ora quando?, lo hanno commentato
criticamente, hanno scritto un loro testo e il 13 febbraio sono andate
a distribuirlo in piazza, e lo stesso in altre città. Quindi la
manifestazione è come virata in un senso più femminista,
più allinsegna della politica delle donne. Con uomini però.
Questa è una novità, la presenza di uomini che erano accettati
e partecipavano.
Tu, che
hai fatto tante lotte per la libertà femminile, che idea ti sei
fatta delle cosiddette "ragazze dellOlgettina?
La questione la tiri fuori molto giustamente. A suo tempo, intervistata
da Radio Popolare: "Sono complici o vittime?, "Né
luna né laltra cosa -ho risposto- sono una controparte.
Sul sito Dea (www.donnealtri.it), qualche giorno fa, il 23 febbraio, Letizia
Paolozzi, che è tra quelle che hanno criticato la manifestazione
ma senza antagonismo, ha proposto un consuntivo di come sono andate le
cose dicendo cose, a mio avviso, condivisibili fra le quali che bisogna
porsi la domanda che mi fai tu. Il titolo del suo contributo è
Prostituzione: anche noi donne ripensiamoci. Io ho posto questo tema anche
alla redazione di Via Dogana perché bisogna che ci pensiamo.
Letizia Paolozzi ha ricordato anche limpegno di Roberta Tatafiore
su questo terreno.
A suo tempo incontrammo Carla Corso e Pia Covre che avevano fondato il
movimento delle Lucciole e vennero alla Libreria delle donne; su Via Dogana
cè un testo che racconta quellincontro. Quindi non
siamo del tutto nuove a queste tematiche. Io ne ho discusso più
volte, sempre a un livello un po informale, con Françoise
Collin, che ha fondato la rivista teorica più valida del femminismo
francese, che purtroppo ha cessato le pubblicazioni (in Italia siamo state
più tenaci). Lei è nettamente opposta alla prostituzione;
lho ascoltata a un dibattito alla Maison des sciences de lhomme
di Parigi, unistituzione importante del pensiero sociologico, cui
partecipavano anche femministe sostenitrici della libertà di prostituzione,
che chiedevano lo sdoganamento di questa attività femminile. Questa
era anche la posizione di Roberta Tatafiore. Françoise, invece,
è rimasta ferma nella sua posizione, che in parte è anche
la mia e di molte altre donne, per cui il commercio sesso-soldi non è
un lavoro come gli altri e non è una pratica accettabile.
Credo che oggi si debba tornare a parlarne, che per me significa soprattutto
lottare per impedire la banalizzazione della prostituzione.
Da destra, forse per difendere il capo del governo dalla ripugnanza che
suscita il suo uso delle donne, è partita una campagna, capeggiata
da Sgarbi e altri, volta appunto a banalizzare la prostituzione. Purtroppo,
da sinistra hanno risposto in una maniera che giudico moralistica. È
moralismo prendere le distanze da certi comportamenti femminili senza
vedere che in un certo uso maschile dei corpi femminili, cè
una questione immediatamente politica, come più volte ha mostrato
e dimostrato Ida Dominijanni. Cè indubbiamente anche la questione
del decoro del capo del governo, della figura che fa lItalia, però,
a restare a questo livello, o si cade nellipocrisia (che tra laltro
ha già colpito duramente il mondo cattolico a proposito della pederastia)
o si finisce in un moralismo strumentale, fatto per attaccare Berlusconi.
Sappiamo che questuso dei corpi femminili, della sessualità
femminile, della "presenza di giovani donne belle, da mettere
lì per ornamento, si pratica in tanti modi. Si tratta di una mercificazione
degli esseri umani: che le interessate pretendano dei soldi in cambio,
questo mi pare laspetto meno problematico.
Tu ritieni
però che qui ci sia dellaltro...
Il circuito sesso-potere-soldi, questo è laspetto che non
bisogna banalizzare e che non è affatto facile da rompere. Non
dobbiamo fare le cose troppo facili quando si discute di questa faccenda,
perché cè di mezzo la sessualità maschile.
La sessualità maschile è molto diversa da quella femminile.
Ora, se si va a specificare che cosè questa differenza sembra
che sfugga, ma quando sei in rapporto con un uomo sai bene che salta fuori.
Certo, ci sono uomini che "si inclinano, che sono convinti
dal modo femminile di intendere il corpo, il piacere, per cui ci può
essere gioia, scherzo, reciprocità. Tuttavia, la sessualità
maschile ha delle caratteristiche che sono un po meccaniche. Chiunque
abbia fatto lamore con un uomo lo sa. Dopodiché, se luomo
vuole un po di bene alla sua compagna, cercherà di venire
incontro a unesigenza femminile di vicinanza, di compagnia. Non
sempre: io ricorderò sempre lo shock che ho avuto di fronte a un
uomo, non uno sconosciuto qualsiasi ma un uomo fine, sofisticato, colto:
costui, il giorno dopo la prima volta, è sparito per una settimana
senza dire niente. Alle mie rimostranze, beh, ha reagito come se volessi
intrappolarlo! Io ero traumatizzata perché credevo che dovessimo
in qualche maniera "commentare, magari al telefono, con un
cenno... invece niente.
Ci sarà sempre conflitto su questo terreno, temo, perché
per un uomo, lo scambio soldi-sesso non è così odioso come
può apparire a una donna. Poi cè la storia del potere,
che è una brutta bestia.
Quando ci si mescola il potere, ecco che la libertà, quel poco
di libertà che abbiamo, se ne va; ecco che la mente comincia a
lavorare in funzione di quel che, nella disparità di potere, può
favorire, portare avanti... Io lo so per via dellUniversità,
ma non è certo lunico ambito in cui agiscono queste dinamiche.
Per questo dicevo che sciogliere il nodo sesso-potere non è tanto
facile.
Ovviamente qui non faccio riferimento alle vicende grottesche che hanno
visto coinvolto il capo del governo: penso che a questo scandalo, prima
o poi, si possa mettere fine. Io mi riferisco alla questione di fondo.
Volevi
aggiungere qualcosa sulla prostituzione...
Sì, tornando a quello che dice Letizia Paolozzi, penso che della
prostituzione si debba tornare a parlare, a discutere. Perché è
impossibile banalizzare una cosa che -senza soluzione di continuità-
finisce nella tratta delle donne e dei bambini e bambine costretti a prostituirsi,
con tutto lorrore che si insinua là dentro. Perché
le prostitute non sono tutte donne libere e consenzienti, molte non lo
sono affatto, e non perché siano in stato di bisogno soltanto,
ma perché sono in stato di servitù, di schiavitù.
Capisco, daltra parte, che le donne adulte e consapevoli di sé,
come quelle del movimento delle lucciole, vogliano banalizzare il mercato
sessuale. Ma nel suo insieme, banale non è affatto, neanche quando
cè consenso e consapevolezza adulta. Mi ha colpito, nellincontro
con Carla e Pia, che una di loro ha detto: "Io non bacio mai il cliente
sulla bocca. Ecco, questo è il simbolo del voler riservare
il dono di sé allo scambio gratuito. Ed è su questo che
bisogna lavorare per contrastare la banalizzazione che sembra andare avanti
con la libertà crescente di giovani donne che ancora non hanno
maturato una consapevolezza di sé e del valore della propria persona.
Lo dice anche Emma Fattorini nel dibattito che ha preceduto le manifestazioni
del 13 febbraio, sul Corriere della sera: pur riconoscendo la giustezza
di certe critiche fatte allappello, ha aggiunto: "Ma io devo
fare qualcosa perché le mie studentesse sentano e capiscano la
miseria di offrire il loro corpo in cambio di soldi. Ecco, questo
argomento continuerà a presentarsi nella discussione.
Cosa diciamo noi di queste cose? Ma, più che dire, cè
da agire politicamente nello stile del femminismo. Il punto di leva della
libertà femminile è la presa di coscienza, il potenziamento
della soggettività femminile, è lo stabilirsi di rapporti
forti donna con donna, affinché ci sia una valorizzazione di questa
loro differenza. Io resto convinta che le donne, la sessualità
non la banalizzino veramente mai.
Nei Paesi
nordeuropei prevale la linea che vede la donna che si prostituisce solo
come vittima, non si prende neanche in considerazione che ci sia un atto
di libertà...
La questione è che se cè libertà, questa è
espressione di soggettività. Cioè non puoi separare la libertà
dallespressione della soggettività. E la soggettività
libera si esprime facendo il male e facendo il bene, per dirla come San
Tommaso. Il proibire tutte le forme di prostituzione per legge si fonda
su una precisa considerazione e cioè che se si accetta il commercio
del sesso, si aprono le porte a cose nefande. Vero. Ma a me questo interessa
relativamente. Per me il punto forte è che lespressione della
tua soggettività deve essere libera e capace di valorizzare te
in primissima persona. E quindi dissuaderti dal darti via per soldi, dal
dare via la tua vita, la tua giovinezza.
Il femminismo nordico si prolunga in un femminismo di Stato, senza soluzione
di continuità. In Italia, invece, cè un femminismo
di Stato e cè, molto differente, un femminismo autonomo,
nel quale io mi riconosco. Mi sono spesso confrontata con Kari Elisabeth
Børresen, eccellente teologa femminista.
Lei, per esempio, è arrivata a rivendicare una legge dello Stato
che intervenga sulla Chiesa affinché smetta di escludere le donne
dal sacerdozio. Come se il sacerdozio avesse le caratteristiche di un
diritto, come fosse una carica, un lavoro. A quelle che le hanno obiettato
che si cadrebbe in una specie di femminismo di Stato, lei ha risposto:
"Infatti, è quello che ci vuole!.
Ma per tornare alla prostituzione, la nostra legge approssimativamente
mi pare buona (lo dico senza avere una competenza specifica), perché
colpisce la prostituzione unicamente in chi la sfrutta e la favorisce,
mentre la persona che si prostituisce e quella che ne usufruisce sono
fuori dal tiro della legge. Una legge non può fare tutto, non può
sostituirsi alla libera scelta delle persone.
Lea Melandri ha detto che le è piaciuto il tuo articolo e sorridendo
ha commentato come le "vecchie femministe, che non erano mai
daccordo, si siano trovate in sintonia davanti al rischio di una
certa semplificazione...
Mi fa piacere. In verità siamo sempre state vicine. Lea vedeva
una distanza che io non vedevo, infatti quando si va al dunque, ecco che
siamo daccordo.
Per qualcuna,
i recenti scandali sono stati più un attacco alla dignità
degli uomini...
Questo è un punto che è stato molto discusso perché
la manifestazione era impostata in modo da far credere che le donne scendevano
in piazza per difendere la propria dignità. Molte hanno giustamente
obiettato che la loro dignità era in buone mani, le loro. Altre
e altri, che la minaccia riguardava piuttosto la dignità maschile.
Nel Veneto si è registrato un appoggio dato alla manifestazione
anche del clero e delle religiose, un appoggio motivato forse dalla parola
dordine "dignità della donna, non insolita al
discorso e al linguaggio cattolico. Ma ambigua, come risalta a uno sguardo
storico. Storicamente la tradizionale predicazione cattolica ha affidato
la tenuta della famiglia, e indirettamente del tessuto sociale, alle donne
e alle loro virtù di moralità, di fedeltà, di devozione
e soprattutto di sopportazione di certi comportamenti maschili, fra i
quali linfedeltà e il ricorso alla prostituzione. Mentre
agli uomini è stata concessa -forse perché i preti sanno
che cosè la sessualità maschile- una specie di licenza
morale, a cominciare dalla prostituzione che non è mai stata combattuta
dalla Chiesa cattolica.
Vengo al punto: una mia ex studentessa dellUniversità di
Verona diventata suora, una suora molto brava e impegnata come ce ne sono
tante oggi, ha fatto una dichiarazione di adesione alla manifestazione
vedendoci loccasione per dare visibilità alle donne nella
loro vita quotidiana e far emergere altri modelli di donne. Ma larticolo
che le dà voce, ha un titolo "13 febbraio: le donne sfilano
per la dignità, che altera il pensiero di lei in una maniera
tuttaltro che innocua. La dignità della persona è
un tema centrale del pensiero cattolico e tale deve restare, ma se si
comincia a coniugarla al femminile bisogna mettersi in allarme, perché
allorizzonte spunta quella "super pretesa etica nei confronti
della donna. Per la Chiesa vecchio stile, infatti, la dignità della
donna va difesa non solo dallabuso maschile ma anche dalla libertà
femminile!
Dicevi
che cè stato un uso strumentale di questa mobilitazione da
parte dei due principali quotidiani nazionali.
Sì, da una parte il Corriere della Sera e dallaltra la Repubblica.
La Repubblica è il giornale che due anni fa, meritoriamente, ha
pubblicato le lettere di Veronica Lario. Certo, in funzione antiberlusconiana,
sacrosanta, e meno male che lha fatto. Allepoca noi siamo
subito intervenute, invece la sinistra -comprese le signore che hanno
un giornale da dirigere- per qualche giorno è stata zitta. Perché?
Forse perché gli uomini lhanno sentita come una questione
che riguardava anche i loro comportamenti sessuali, forse perché
si voleva difendere a tutti i costi la separazione tra pubblico e privato,
classico bastione della morale sessuale borghese. Alla vigilia della recente
mobilitazione, il Corriere della sera, avendo avuto sentore che alcune
femministe avevano criticato lappello, ci ha dato spazio. Guarda
un po come si riesce ad avere voce... Mentre Repubblica dava spazio
ai difensori. Qual è il guaio di questa cosa? Che è il solito
schema della politica degli uomini, quello di fare schieramenti (salvo
poi mercanteggiare tutto e di tutto). Così abbiamo dovuto lottare
perché non prevalesse una logica della contrapposizione; la discussione
aperta nel campo delle donne aveva innanzitutto il senso di un interrogarci
sul senso di quella iniziativa, su come andare, se andare.
Qualcuno lha capito, qualcuno invece no: penso allintervento
di Adriano Sofri, veramente molto stonato. Il 15 febbraio, infatti, sulla
Repubblica, nelle primissime righe, prima di inneggiare alla bellezza
della recente manifestazione, Sofri ha attaccato le persone che avevano
avanzato delle critiche. Alberto Leiss nel sito di Dea gli ha subito risposto
pacatamente dicendo: no, le critiche appartengono a un modo di muoversi
liberamente. Io stessa sul Corriere della Sera del 10 febbraio ho aperto
il mio intervento con un sincero "Viva le manifestazioni. Sapevo
che mi chiedevano il pezzo perché ero di quelle che avevano mosso
delle critiche, e ho deciso di rompere lo schieramento, a rischio che
non lo pubblicassero. Lhanno pubblicato. Il fatto è che va
sempre così. Bisogna giocare dastuzia . Come dice il Vangelo,
bisogna avere la semplicità delle colombe, ma anche la prudenza
dei serpenti... perché te la fanno sotto il naso!
Sì, se non stai attenta, te la fanno sotto il naso. Per mesi ci
siamo chieste: che cosa sarebbe questo neo-femminismo apparso un anno
fa e come mai i mezzi dinformazione, sempre restii a dare spazio
al movimento delle donne, gli danno tanto spazio? Cerano degli indizi
sparsi, alcuni chiarissimi come lenfasi sulle quote rosa e sul terribile
ritardo dellItalia; lultimo è venuto con l8 marzo
con quella strana parola dordine di restituirgli un serio significato
politico, come se lo avesse mai perso. Sommandoli, risulta che è
in corso un tentativo di riscrivere il femminismo cancellando loriginalità
del femminismo italiano. Il trucco consiste nel fingere che il movimento
fosse finito e ora sarebbe ricominciato ex novo. Falso, perché
il movimento in Italia si è sviluppato in continuità con
lo slancio degli inizi, che vuol dire: presa di coscienza della differenza
femminile, rottura con la politica maschile del potere, valore delle relazioni
non strumentali. Sul movimento delle donne, tentano di fare quello che
hanno fatto i frati del Medioevo: raschiare via gli scritti dei grandi
autori pagani per scriverci sopra le loro prediche. Si chiama palinsesto.
Le donne contano sempre di più e chi sta dalla parte del potere
cerca di tirarle dalla propria parte.
|