Libreria delle donne di Milano
copertina

Olsen Tillie
Fammi un indovinello

Giano, 2004
€ 13 - pp. 139

Clara Jourdan (dalla stanza Paradiso):
Erano anni che non leggevo racconti così belli. Di una scrittura un po' difficile, molti dialoghi, anche interiori, in certi punti costa fatica. Ma poi ringrazi la donna che li ha scritti. Ti ha fatto davvero toccare, sentire, comprendere esperienze altrui, attraverso l'incontro con la coscienza e le parole scambiate da chi le vive: esperienze di condizioni umane certamente molto comuni anche se non tue, di cui con sorpresa scopri di non aver mai saputo niente pur avendone magari letto e sentito parlare tanto. Perché se non c'è ripetizione narrativa, ciascuna esperienza diventa unica, e ti comunica qualcosa di fondamentale di quel tipo di condizione umana, per questo ti sembra di non averne mai colto davvero, prima di leggere Tillie Olsen, il nucleo profondo. Che viene fuori nelle sfumature delle relazioni, di cui la ricchezza del dialogo svela la consapevolezza da parte di chi le vive. Forse è proprio questa consapevolezza la cosa che più sorprende, almeno una come me che è abituata ad ascoltare e a dire cose non molto (o per niente) vere.
Sono quattro racconti degli anni cinquanta. Tutti bellissimi, e anche dolorosi (ma non ti dispiace di sentire dolore, perché non c'è compiacimento, neanche un filo, in questa scrittura). Protagonisti sono donne (madri, figlie, nipoti, nonne), uomini (marinai, mariti) e bambine, in America. Non so dire quale mi sia piaciuto di più, perché quando dico uno, mi viene poi in mente, al cuore, ciò che mi ha dato di speciale ciascuno degli altri tre. Quello che posso dire è che ho avvertito un crescendo, nella lettura, di godimento. Voglio comunque nominarne uno, il terzo, intitolato "O sì", perché qui l'esperienza raccontata - la fine della relazione tra due bambine/ragazze - apre anche uno squarcio sull'abisso dei rapporti tra bianchi e neri negli Stati Uniti, e mi fa riflettere sulla presenza della cultura (delle culture) in ogni relazione.