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Recensione di
Donatella Massara
Parlare di
associazioni borghesi vuole dire anzitutto avere a che fare
con un sentimento indefinibile, non omologante, sfumato e
contraddetto, a volte, dalla realtà. Si chiama:
orgoglio di classe, almeno, quando esistevano le
classi. Soroptimist,
associazione che avevo dimenticato di conoscere, accoglie
selettivamente socie solo per cooptazione: per via del nome
che portano e della posizione sociale che ricoprono.
<<Non accetterei mai di fare parte di un club che mi
vuole come socio>>, dice invece Groucho
Marx.L'indice analitico
di questo libro - interessante e ben scritto - ci fa
scorrere i nomi di donne che sono e sono state importanti
nella vita economica e culturale, mondana dell'Italia degli
anni '50, '60. Camilla Cederna,
Maly Falk, Carla Strauss, Luisa Spagnoli, Jole Veneziani,
Mirella Freni, Gianna Manzini, Anna Bonomi Bolchini,
Giancarla Mursia, Giulia Maria Crespi, Biki, Tea Frette,
Zoe Fontana, e molte altre scienziate, artiste, sono state
soroptimiste e coinvolte nel loro tempo: negli anni del
boom economico, negli anni di crisi dei '70, e nei passaggi
fra la cosidetta prima e seconda repubblica, fino ad
arrivare ai giorni nostri. Alla fine del libro
mi sono domandata con ansia, quali tesori di storia - e che
nel libro non sono raccontati - contengono le scelte di
queste donne, e soprattutto, ciò che più mi
interesserebbe sapere, che cosa ha prodotto nella storia
delle donne e del capitalismo italiano << una
personale predisposizione dell'una verso l'altra>>,
principio che ha guidato o guida, oggi, queste associazioni
di donne. Il libro risponde dicendo che la vita associativa
ha spronato all'emancipazione e reso consueto il dibattito
e la prassi democratica in donne abituate a stare in luoghi
'privati, case, salotti, sedi di gruppi. Mi auguro che un'
altra indagine, però, entrerà più nel
merito degli intrecci vissuti fra donne di un'associazione
selettiva e omogenea per gruppo sociale.
Voglio però
ripercorrere con tranquillità questa storia,
avvincente forse perchè è allo stesso tempo:
irrisolta. Nel 1881 il
manifesto del gran ballo Excelsior, uno degli spettacoli
più famosi della Belle Epoque, presenta una donna
che seduta in cima al mondo lo guida, ha rivolto lo sguardo
verso l'alto come a richiedere superiore ispirazione. Fra
fine ottocento e novecento le speranze del mondo sono
riposte nelle donne che - si confidava - avrebbero portato
nell'era tecnologica basi per una società rinnovata
e capace di arginare il materialismo positivista. Questi
motivi che in nessun altro modo si potrebbero definire se
non femminismo, agivano in molti movimenti borghesi di fine
e inizio secolo di ispirazione spiritualista.
E' su questo versante ancora poco conosciuto della nostra
storia contemporanea che hanno indagato Lucetta Scaraffia e
Anna Maria Isastia. Lucetta Scaraffia è autrice
della parte dedicata al primo femminismo borghese.
Anna Maria Isastia della seconda dove si parla
dell'associazione Soroptimist e dell'Aidda.
L'intuizione sul valore femminile accomuna le due fasi
storiche in cui agiscono queste alleanze fra donne. Lo
sviluppo di proiezioni simboliche sul femminile, nel clima
culturale di inizio secolo, lo ritroviamo nel motivo
ispiratore degli "sprazzi di utopia", come osserva Anna
Maria Isastia, ai quali si affida il solido pragmatismo di
Madame Foinant, l'imprenditrice francese fondatrice, nel
1946, della FCE (Femmes chef d'enterprises), associazione
che, trasportata in Italia, diventa
l' Aidda (Associazione Italiana Dirigenti d'Azienda).
Commenta l'autrice: <<Anche questa coraggiosa
imprenditrice non aveva il coraggio di chiedere
semplicemente un uguale trattamento per le donne nelle
professioni tradizionalmente maschili, ma si sentiva in
dovere di sostenere questa richiesta con la certezza che la
presenza delle donne avrebbe garantito un mondo
migliore.>>(pag.279)
L 'attesa messianica delle donne del primo Novecento ha
preceduto la concretissima aspettativa con cui le donne
guardano verso le proprie simili. Nella Soroptimist si
comincia a pensare che le donne non siano solo soggetti
deboli che vanno difesi. << Le donne sono: portatrici
di capacità umane, di possibilità di scelte
fondamentali e anche di sviluppo economico, che è
giusto aiutare e sostenere nel cammino della realizzazione
di sé.>> (pag.283)
All'origine di questi movimenti troviamo, infatti, donne
tutto meno che indifese.
Elena Blavatsky è la fondatrice della Società
teosofica, nel 1875, associazione nella quale spiccava la
forte impronta del femminismo; è l'antesignana di
donne autorevoli e potenti, vere leaders come la sua
successora Annie Besant. Esse si distinguono nello spazio
di un secolo e mezzo non solo per l'attività
associativa fervente, anche per la partecipazione alla vita
civile e politica del proprio tempo.
La tensione delle donne al rinnovamento e la speranza di
origine romantica che gli uomini ripongono in esse, nasce
intorno a motivi che accomunano gruppi diversi. Pratica
spiritica, ricerca e comunicazione con l'essenza vitale e
invisibile che anima la materia, religiosità laica e
liberamente condotta sul confronto razionale delle
religioni rivelate sono componenti ideologiche di queste
aggregazioni. Le donne sono fautrici del libero pensiero, e
spesso organizzatrici attive dell'assistenza sociale alle
minorenni, alle donne indigenti. Il libro cita scritti, e
soprattutto delinea appartenenze inaspettate e forti
relazioni fra donne che testimoniano questo terreno di
scambi. Una data importante
è il Congresso del 1908, al quale confluirono le
organizzazioni italiane del movimento delle donne. E' una
data che segna il calo di partecipazione e consenso del
movimento femminile borghese e laico.
Commenta Lucetta Scaraffia: <<La Pieroni Bortolotti
(N.d.R. Franca Pieroni Bortolotti, Alle origini del
movimento femminile in Italia, 1848-1892, Einaudi, 1963,
reprint, 1975) aveva visto la ragione di questo
ripiegamento (N.d.R. del femminismo laico moderato) nella
sconfitta del 1907, quando era stato negato il voto alle
donne; invece è molto probabile che un peso uguale,
se non maggiore, l'abbia avuto l'atteggiamento ostile verso
il cattolicesimo rivelato dal voto sull'insegnamento della
religione. Da questo momento infatti la Chiesa decise di
combattere una vera e propria battaglia contro un
femminismo che si caratterizzava decisamente ostile al
punto di vista cattolico, creando associazioni alternative
che riconoscevano infine alle donne un ruolo positivo
all'interno della società cattolica. >>(pag.
111) In sede
congressuale avviene la spaccatura fra i 35 gruppi
appartenenti all'ambito femminile, i 32 all'assistenza e
beneficenza e i 7 cattolici. Motivo di più forte
conflitto è la piega anticristiana che sta prendendo
il femminismo laico. Le socialiste portano al convegno un
emendamento per l'abolizione dell'insegnamento religioso
nelle scuole elementari, le laiche propongono un
insegnamento comparato, ispirato alla filosofia e al
programma teosofico, le cattoliche, anche se moderniste
erano d'accordo per mantenerlo.
La Chiesa che in La Civiltà cattolica aveva
affrontato già il tema del rapporto delle cattoliche
con il femminismo, adesso si trova davanti due nemici che
minacciano l'unità, l'ateismo delle socialiste e
<<la concorrenza della teosofia>>.
Con sguardo attento
e anche critico, Anna Maria Isastia racconta invece la
storia dei clubs Soroptimist, estendendo la narrazione su
vicende specifiche e testimonianze italiane. Al Convegno
del club di Roma del 1999 è proprio lei la
Presidente.
Soroptimist è un'associazione apolitica e vi si
entra sottoscrivendo principi che si richiamano
all'amicizia, al servizio e alla pace. Allo stesso tempo il
tema del Convegno del 1999 è Le donne nelle forze
armate italiane. Diritto o dovere? E' un impegno
contraddittorio verso questa speranza di pace, anche
perché - come ci tiene a dire la studiosa, esperta
di storia militare - questo convegno si è svolto
<<in piena collaborazione con il Ministero della
difesa e ha sicuramente contribuito a imprimere una spinta
finale all'approvazione della legge […] per
l'istituzione del servizio militare volontario femminile,
attesa da decenni da migliaia di giovani donne
italiane>>. Ricordo che invece le iscrizioni ai corsi
per le ufficiali sono così scarse che sono in forse
i corsi nei prossimi anni. Comunque Soroptimist esordisce
con grandi speranze nel progresso mondiale.
<<L'ottimismo che costituisce l'atteggiamento base
delle socie ben rappresenta questa speranza di migliorare
il mondo attraverso una serie di azioni positive ma anche
di esempi di vita>> (pag. 122). La nascita avviene in
California nel 1921, fondatrice Adelaide Goddard (con
l'inventore del Rotary club Stuart Morrow che vendeva il
brevetto del club 'di servizio').
Figura rappresentativa di questi anni è Violet
Richardson.
La struttura portante dell'associazione internazionale
è la rete dei clubs; collettivi che si differenziano
con i movimenti femminili e femministi, quindi, anche
perché fanno capo a organismi direttivi e figure
dirigenziali ufficiali e elette.
Il logo che le identifica è in stile liberty, ancora
in uso. L'autrice è Helena Gamble, realizzazione di
Anita Houtz Thompson nel 1928. Nel disegno vediamo
<<una giovane donna in peplo con le braccia alzate a
mostrare la scritta Soroptimist. Alle sue spalle i raggi
del sole, a destra un serto d'alloro, a sinistra una
ghirlanda di quercia.>> (pag.153).
Alda Rossi de Rios fonda nel 1928 il club Soroptimist di
Milano, il primo d'Italia, e ne è anche la
presidente. Ormai settantenne, nel 1948, rifonda il club
milanese sempre in compagnia di Suzanne Noel, la storica
presidente della Federazione Europea, una figura
interessante, fra le prime chirurghe plastiche, attiva
già negli anni '20.
In Italia, nel 1934, erano stati sciolti i clubs. Il Testo
Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza del 1931 vietava
con l'art. 211 di promuovere, costituire, organizzare o
dirigere associazioni di carattere internazionale senza
l'autorizzazione del Ministro degli Interni.
Oggi la tradizionale e puntigliosa affermazione di
apoliticità dell'organizzazione è stata
corretta. La presidente mondiale Jane Zimmerman ha
recentemente domandato alle socie di tradurre le parole in
azioni positive <<Allora nel XXI secolo lanciamoci
nella politica>> (pag.172)
E' all'ONU dove la Soroptimist, che annovera oggi circa
98.000 socie in tutto il mondo, ha un posto stabile di
consulenza. Ammessa all' Unesco nel 1948 con potere
consultivo, entrò successivamente a far parte di
tutte le agenzie delle Nazioni Unite. Nel 1979 fece domanda
al Consiglio economico e sociale dell'ONU per il passaggio
alla 1a categoria con status consultivo, la posizione
più elevata per un organismo non governativo.
E' interessante scoprire la diversità fra le
italiane e le americane. Per farsene un'idea sono citate
nel libro la promessa che le soroptimiste recitano in
Arizona e una di quelle che gira fra le italiane. Quella
delle italiane fa pensare a una preghiera correttiva
dell'altruismo delle americane. Cito qualche passo:
<<Prometto di aderire agli ideali del Soroptimist ed
in particolare ai principi dell'amicizia fra le socie,
dell'etica nell'operare, del servizio in favore del
prossimo>>(pag. 235) dicono le italiane:
<<Signore, preservami dalla fatale abitudine di
credere che su tutto e in tutte le occasioni abbia io
qualcosa da dire. Liberami dal desiderio ossessionante di
mettere ordine negli affari altrui.>> (pag. 236)
I clubs fino al 1972 sono isole non coinvolte nella vita
civile italiana. Mentre infuriava la polemica sulla legge
del divorzio fra il 1968 e il 1972, il Comitato invita le
sorelle ottimiste a <<studiare il turismo nei suoi
aspetti meno appariscenti, ma più intimamente
connessi alle finalità soroptimiste>>
(pag.212) Nello stesso tempo si percepisce, nelle
testimonianze che il libro raccoglie, l'emozione di queste
donne che si ritrovavano negli anni '50. Marcella Masoero,
come altre, dice che <<hanno il ricordo vivissimo
della voglia di "fare" di allora, dell'ottimismo di quel
periodo, della calda amicizia che legava quelle
donne>> (pag. 221).
Nel 1972 Firenze ospita il 50° consiglio nazionale
delle delegate Renata Malaguzzi Valeri la nuova presidente
nazionale impone una svolta. Assessora all'assistenza, poi
giudice onorario presso il Tribunale dei minori di Bari,
commissaria prefettizia all'Opera Nazionale
maternità e infanzia, aveva dedicato la sua vita ai
giovani. Vediamo così che le soroptimist mentre si
formano le Regioni entreranno a fare parte delle Consulte
femminili nelle varie città e intanto nel 1972 si
impegnano sulla riforma del diritto di famiglia presentando
due modifiche in Parlamento per favorire la parità
fra moglie e marito.
Tuttavia veniamo a sapere che una crisi forse irreversibile
dei clubs italiani inizia negli anni '70 a Milano e si
estende agli altri centri. E' una crisi generazionale,
percepibile dove alla voce finanziamento la
disponibilità delle nuove socie pare piuttosto
bassa. La 'fiamma sacra' della generazione degli anni '50 e
'60 si concretizzava anche in impegno a sborsare di tasca
propria per aiutare i clubs a eccellere.
Questa indagine mi
porta a fare qualche considerazione. L' 'aspetto più
rivoluzionario di queste associazioni, è stato - a
mio parere - il patto di solidarietà fra donne,
nelle professioni e nei settori pubblici della vita
sociale.
Il fatto che queste associazioni si siano fondate sul
separatismo - per quanto morbido - dichiara preferenza
verso il proprio sesso, per quanto in clima di ostentata
amicizia femminile e non femminista. A chi come me si
chiede, di conseguenza, quale patto circolasse fra le
soroptimiste risponde Irene Brin. La grande giornalista che
si firmava anche con lo pseudonimo di Contessa Clara,
all'inizio degli anni Cinquanta delineò il clima
dell'associazione:<<Un'ora basta alle Ottime Milanesi
Ottimiste, e hanno sistemato insieme affari e amicizia.
Massoneria? E' una grossa parola per definire un aiuto
sottile, discreto basato piuttosto sulla solidarietà
morale che non sulla complicità materiale. Tutte,
è certo, correranno ad applaudire l'attrice Ottima e
Ottimista. Ma nessuna, è altrettanto certo,
chiederà alla Ottima e Ottimista Miliardaria di
accordarle un prestito o una garanzia. >>(pag.
194)
Premi, borse di studio, aiuti e solidarietà durante
la guerra, ben prima che si muovessero le relazioni
internazionali fra stati, lo scambio di ospitalità
sono i risultati concreti delle relazioni associative, su
un arco di tempo di più di ottantanni. Costante
è stato l'impegno sociale come la campagna che si
conclude nel 2003 contro le mine antiuomo.
Poco sappiamo, però, sui patti concreti e anche
professionali fra le donne stesse. Il libro ci dice che
è sul piano simbolico-esistenziale dove è
più riconoscibile la storia della Soroptimist.
<<L'impianto in Italia di una associazione che aveva
tra gli scopi statutari l'amicizia tra le socie
rappresentava una novità di grande significato. Non
doveva essere la religione o la politica o
l'attività di volontariato o lo spirito di
emancipazione il collante che legava tra loro un gruppo di
donne, ma una personale predisposizione dell'una verso
l'altra, l'affetto, lo stabilire valori e norme di
comportamento comuni per libera scelta. >> (pag.
185)
Le modificazioni delle vita delle donne passa quindi
attraverso la relazionalità femminile. Nonostante la
premessa, è la stessa autrice a considerare queste
pratiche: emancipazione. Gli incontri della Soroptimist
sono quasi sempre avvenuti nelle sale degli alberghi e nei
ristoranti. <<Entrare e uscire da sole da un
ristorante non era usuale per delle signore nell'Italia
benpensante dei primi anni cinquanta. [...] Eppure si
trattava di una scelta importante e significativa. le donne
si sono sempre riunite, in tutte le epoche e in tutte le
culture, ma in luoghi chiusi, separati, privati, si
trattasse di veglie contadine o di salotti borghesi. [...]
Anche le sedi in cui si incontravano le iscritte al CIF o
all'UDI costituivano in un certo senso uno spazio separato
e protetto>> (pag. 192-193) <<La storia della
Soroptimist è stata anche, e forse soprattutto, la
storia della progressiva emancipazione di tante donne della
provincia italiana, dal nord al sud alle isole,
appartenenti non più a grandi e blasonate famiglie,
ma a nuclei piccolo-borghesi. Per loro la cooptazione nella
grande associazione internazionale, l'incontro con donne
importanti, la possibilità di viaggiare con impegni
associativi, l'opportunità di venire a contatto con
personaggi pubblici di primo piano, attraverso e grazie al
Soroptimist, ha rappresentato un momento di crescita
tutt'altro che irrilevante. In provincia l'associazione si
è diffusa in strati sociali meno elitari assumendo,
non di rado, il ruolo di mediatore tra le donne, la
società, lo stato. >>(pag. 216)
Mi farebbe piacere e penso sia necessario leggere un'altra
storia - mi auguro altrettanto gradevole - che raggiunga
gli 'archivi' interiori delle donne nelle associazioni
borghesi. Il giudizio delle storiche ci porta fino a qui: a
considerare l'emancipazione femminile. Tuttavia rimane il
dato di fatto che le donne si scambiano pratiche, non a
senso unico, che vanno dal centro alla periferia e
viceversa, fra donne di ceti diversi e con l'altro sesso.
Questa è però un'altra storia non ancora
scritta e che tiene in secondo piano, come un fatto
scontato, l'emancipazione.
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