Libreria delle donne di Milano

Anna Politkovskaja
La Russia di Putin
Adelphi, 2005
€18,00 - 293 pag.

Da qualche tempo l’Occidente cerca di tranquillizzarsi sulla Russia presentando Vladimir Putin come un bravo ragazzo volenteroso. Ma ora questo libro di Anna Politkovskaja, giornalista moscovita nota per i suoi coraggiosi reportage sulle violazioni dei diritti umani in Russia, ci svela, in pagine ben documentate e drammatiche, tale autoinganno. Ed è un libro destinato a restare memorabile per la maestria e l’audacia con cui l’autrice racconta le storie (pubbliche e private) della Russia di oggi, soffocata da un regime che, dietro la facciata di una democrazia in fieri, si rivela ancora avvelenato di sovietismo.
Ma non si pensi a una fredda analisi politica: «Il mio è un libro di appunti appassionati a margine della vita come la si vive oggi in Russia» scrive la Politkovskaja. E tanto meno si pensi a una biografia del presidente: Putin resta infatti sullo sfondo, anzi dietro le quinte, per essere chiamato sul proscenio soltanto nel tagliente capitolo finale, dove viene ritratto come un modesto ex ufficiale del kgb divorato da ambizioni imperiali. In primo piano ci incalzano invece squarci di vita quotidiana, grottesca quando non tragica: la guerra in Cecenia con i suoi cadaveri «dimenticati»; le degenerazioni in atto nell’ex Armata Rossa; il crack economico che nel ’98 ha travolto la neonata media borghesia, supporto per un’autentica evoluzione democratica del Paese; la nuova mafia di Stato, radicata in un sistema di corruzione senza precedenti; l’eccidio a opera delle forze speciali nel teatro Dubrovka di Mosca; la strage dei bambini a Beslan, in Ossezia.

Anna Politkovskaja proviene dall’alta società sovietica ed è nata a New York nel 1958, da genitori che erano diplomatici sovietici all’Onu. Rientrata in patria per studiare, dopo la scuola entrò alla facoltà di Giornalismo dell’università statale di Mosca, una delle più prestigiose dell’Urss. Dopo la laurea, lavorò per il quotidiano Izvestija, poi per il giornale della linea aerea Aeroflot e con l’arrivo della perestrojka, passò alla stampa indipendente, che in quegli anni cominciava a emergere e ad affermarsi: prima la Obshaja Gazeta, poi la Novaja Gazeta. Con lo scoppio delle guerre intestine russe, divenne una delle croniste più tenaci del conflitto ceceno ed una delle poche voci critiche rispetto alla politica di Putin ed è nota per i suoi coraggiosi reportage sulle violazioni dei diritti civili e umani in Russia.
Nell’ottobre 2002 ha acquisito una certa notorietà internazionale, quando ha partecipato alle trattative tra il governo russo e il commando ceceno che aveva occupato il teatro Dubrovka di Mosca. Due anni dopo, nel settembre 2004, ha cercato di trattare con i sequestratori della scuola di Beslan, in Ossezia, ma non è mai riuscita ad arrivare sul posto perché qualcuno ha cercato di avvelenarla. Nel 2003, Anna Politkovskaja ha vinto il Lettre Ulysses Award for the Art of Reportage, premio internazionale per la Letteratura del Reportage. E' stata assassinata il 6 ottobre 2006.