 |
|
Marcela Serrano
Arrivederci Piccole Donne
Feltrinelli, 2004
€ 15 - pp. 238
Intervista a Marcela Serrano su Arrivederci piccole
donne, a cura della redazione di
www.feltrinelli.it
Perché ha
scritto Arrivederci piccole donne?
Il romanzo è una sorta di remake di Piccole donne di
Louisa May Alcott. Forse può sembrare strana
l’idea di rifarsi a un classico
dell’Ottocento. In realtà, si tratta di una
scelta particolare che ha origine nella mia adolescenza.
Molte generazioni di donne, inclusa la mia, si sono formate
su questo romanzo, per moltissime di noi quello della
Alcott è stato il primo romanzo che abbiamo letto.
Mentre i ragazzini si appassionavano le avventure di
Salgari o Verne, noi sognavamo con le storie della Alcott.
Il suo romanzo ha definito la nostra identità
femminile, per tutta la vita. E quando ho riscoperto quanto
fosse profondamente radicato in me, quando mi sono resa
conto che la mia stessa vita letteraria era stata
fortemente influenzata dal tema delle quattro sorelle March
ho deciso di farle rivivere, trasportandole nel Ventesimo
secolo a Santiago del Cile, nel mio paese e nella mia
epoca. Volevo far rivivere nell’attualità
le quattro piccole donne della mia infanzia. Per questo ho
scritto il romanzo. Le quattro
sorelle del romanzo della Alcott definivano gli archetipi
della donna del Diciannovesimo secolo. Li considera ancora
attuali? Come si pone rispetto a questi prototipi?
Mi rendo conto di una cosa terribile: i modelli con i quali
sono state educate le sorelle March non sono molto diversi
da quelli con cui siamo state educate noi, le donne della
mia generazione. Ma, se i modelli, tremendi, non sono stati
molto differenti, la reazione delle donne della mia epoca
è stata molto diversa da quella delle donne del
Diciannovesimo secolo. La risposta delle donne della
seconda metà del Ventesimo secolo mi sembra
stupenda, rivoluzionaria. I modelli impostici sono stati
orribili, ma la nostra risposta libertaria è stata
meravigliosa. Eppure le donne
nel suo romanzo sembrano essere particolarmente sole.
Considera la solitudine una caratteristica della condizione
della donna moderna?
Non ho cercato di rappresentare coscientemente la
solitudine femminile. Ma se analizzo il mio romanzo, devo
riconoscere che quasi tutte le risposte finali dei miei
personaggi sono collegate alla solitudine. Almeno, ho
questa impressione. In realtà, ho sempre pensato
che, nella lotta che stiamo combattendo attualmente, una
lotta in cui non sono stati ancora definiti poteri e
uguaglianze, l’essere donna comporta molta
solitudine. Per questo è inevitabile che essa emerga
anche dai miei libri. Tra le quattro
donne protagoniste del suo romanzo, che riprendono le
quattro sorelle di Piccole donne, con quale si identifica
maggiormente?
Tutte le donne più o meno intelligenti, che si
ribellavano ai modelli predefiniti, si sono identificate
con Joe. Joe era la scrittrice, l’intellettuale,
la ribelle. Persino Simone de Beauvoir disse di
identificarsi con Joe e di aver scritto i suoi primi
romanzi pensando alla seconda delle sorelle March.
Tuttavia, per il posto che io occupavo nella mia famiglia,
una famiglia di sole donne proprio come quella del romanzo,
nella mia infanzia mi sono identificata di più con
Amy. Credo che questa ragazza sia stata trattata molto male
perché la Alcott non la amava. Perciò nel mio
romanzo ho cercato di rivendicarla. Era uno dei miei
intenti quando l’ho scritto.
|
|
|
Marcela Serrano
racconta se stessa
Sono nata in Cile, in casa di scrittori. Quindi
sono nata con la penna in mano. Il problema è che
tutti quelli che mi stavano attorno scrivevano, e
ciò faceva sì che nessuno attribuiva alcuna
importanza al fatto che scrivessi anch'io. Dunque iniziai a
scrivere romanzi a undici anni e nessuno vi diede peso. In
più, dipingevo. Continuai a dipingere, continuai a
scrivere e, quando venne il momento di iscrivermi
all'università, decisi di... tutti mi spronavano
verso questa avventura, non verso la scrittura, e mi
iscrissi all'università per studiare Arte. Smisi di
scrivere per molto, molto tempo. Poi, vent'anni dopo,
avendo capito che non potevo vivere altrimenti, ripresi a
scrivere. E a dare a conoscere quello che scrivevo. A quel
punto cominciai a pubblicare e a diventare, senza quasi
rendermene conto, una scrittrice.
|
|
|