7 Dicembre 2015
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Annie Ernaux, “Così la guerra è entrata nella mia vita”

di Bia Sarasini

«È stata una sensazione personale, diretta. Come se tutto il mondo in guerra avesse fatto irruzione dentro i confini della mia patria. Siria, Iran, Iraq sono entrati nelle nostre vite. Prima degli attentati a Parigi del 13 novembre scorso gli interventi francesi in Mali non sembravano riguardare i cittadini, ora invece sappiamo che li riguardano, eccome» dice Annie Ernaux, la signora delle lettere francesi, ospite importante della fiera della piccola e media editoria “Piu libri, più liberi” in corso a Roma fino a domani 8 dicembre con il suo libro culto “Gli anni” (L’Orma, 266 pagine, 16 euro). «Ho letto su un sito un’espressione che mi ha colpita: sono i nostri morti ma non è la nostra guerra. Io chioserei: sono i nostri morti ma non è la nostra politica». E aggiunge: «Non si deve mai vivere con la paura, anche se penso che ci saranno altri attentati. Non si poteva comunque andare avanti con la supremazia dei paesi occidentali che dimenticano l’altra parte del mondo». Quanto al suo libro, non ammette equivoci: «Ho scritto del passato, ma non c’è traccia di nostalgia», ha detto a un pubblico che l’ascoltata con attenzione, dopo essersi messo pazientemente in fila per vederla e farsi firmare il libro. «Direi anzi che non c’è proprio nessun sentimento. Il mio scopo è afferrare la realtà, il passaggio del tempo così come avviene. La nostalgia falsifica tutto». Ma di cosa parla “Gli anni”? «Non si tratta né di memoria né di ricordo. Si tratta di risalire il tempo. Trovare la bambina, la ragazza, la donna matura che sono e che sono stata, insieme alle tracce degli eventi, delle cose, dei fatti, dei cambiamenti che hanno fatto il corso del tempo. In altre parole, quello che fa, della mia vita, la mia vita dentro i fatti della mia generazione».

Annie Ernaux, che è nata a Lillebonne nel 1940, fa iniziare dal 1945 quella che si potrebbe definire una specie di registrazione, di documentazione ad uso di altri, oltre che per sé stessa. Comincia dal dopoguerra. «Il volto pieno di lacrime di Alida Valli mentre ballava con George Wilson nel film “L’inverno ti farà tornare”. Oppure, la foto virata seppia di un «neonato grassoccio».

Fatti, sentimenti, immagini, oggetti, frasi, pubblicità messi uni accanto agli altri, che insieme disegnano una striscia ininterrotta, un nastro senza fine proprio come la vita, che dal passato arrivano al presente. «Non c’è l’io, non c’è la prima persona» dice Ernaux «C’è il noi, il noi dei bambini, dei giovani che siamo stati. E c’è lei, la terza persona femminile, che sono io, insieme a tutti quei noi. E l’io non è più lo stesso io». È un’autobiografia di tutti, quella che mette insieme la scrittrice francese di cui a poco a poco la critica ha imparato a riconoscere la grandezza. Una scrittrice a cui spesso si attribuisce la maternità dell’autofiction, definizione che respinge: «Non c’è un grammo di fiction nella mia scrittura. Io cerco la realtà. Dico il cambiamento personale dentro il cambiamento della società, come in uno specchio». L’io e il noi, l’interiore e l’esteriore.

«Siamo dentro e fuori della società, in bilico. Spero che questo libro abbia un respiro europeo. Francia e Italia hanno storie simili: le classi contadine che si modernizzano nel dopoguerra, le lotte politiche». Non manca nulla, dalla ricostruzione del dopoguerra al ’68, dalla rivoluzione sessuale alla liberazione della donna. Sono interessanti anche le parole, che cambiano, con il tempo. «Sì, anche il linguaggio fa parte del tempo. Nella stessa maniera in cui si era detto ‘dopo Auschwitz’, ora si dice ‘dopo l’11 settembre’, un giorno speciale. Lì cominciava qualcosa, non sapevamo cosa. Anche il tempo si globalizzava, diventava unico». Non è un dettaglio da poco, per chi scrive per salvare il tempo di tutti. Come si conclude il libro: «Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più». Perché morte e vita non appartengono all’io, alla voce singola, sono di tutti.


(www.societadelleletterate.it, 7/12/2015)

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