20 Gennaio 2013
CORRIERE DELLA SERA

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta” (Dante) e Vicenza si ribella al nuovo Pluto

Marco Imarisio

L’America non è lontana, e neppure dall’altra parte della luna. La trovi sui cartelli in inglese che indicano la strada per la caserma Ederle, cognome di un eroe nostrano della prima guerra mondiale che adesso è sinonimo di una delle più grandi guarnigioni europee dell’esercito a stelle e strisce. La trovi all’altro capo della città, dove il vecchio Dal Molin si è trasformato nella nuova base militare Usa dopo cinque anni di lavori e contestazioni che quasi ? correva l’anno 2007 ? fecero cadere da sinistra il secondo governo Prodi, già traballante di suo.L’America dei soldati è tutta intorno a Vicenza, è quasi ovunque: nelle librerie del centro capita di trovare guide turistiche in inglese che alla città del Palladio riservano la definizione di servitù militare Usa, poco lusinghiera per i residenti e chi li rappresenta. «Abbiamo dato, e anche troppo» dice Achille Variati, mite sindaco Pd con cromosomi scudocrociati che risalgono al 1980, quand’era segretario della locale Dc. «Il colmo è stato raggiunto. A giugno, quando sarà inaugurata la base Dal Molin e arriverà la 173esima divisione aviotrasportata, avremo 12 mila americani su 112 mila abitanti, e 240 ettari di terreno gestiti da loro. Direi che può bastare. Ogni tanto il nostro governo potrebbe anche dire “no” all’America. Non mi risulta che la Costituzione ci obblighi di accondiscendere a ogni sua richiesta». I toni accesi non appartengono a un politico navigato come Variati, ma indicano l’avvicinarsi di quella che il sindaco definisce «una nuova, vecchia minaccia». La base Pluto di Longare apparteneva ai racconti dei nonni. Il sito ai piedi dei Monti berici, invisibile dai bordi della città ma vicinissimo, era materiale per gli storici. Prima di passare agli americani per altra attività appartenne al Conte da Schio che lo usava come fungaia. Pare che il nome non fosse un omaggio al personaggio Disney ma indicasse la presenza di armi nucleari nei sotterranei, circostanza mai confermata dalle autorità militari. Neppure smentita, e quindi assurta tra molti locali al rango di certezza assoluta.Base Pluto non è un rudere, sorvegliato com’è dai carabinieri e abitato all’interno da pochi ufficiali, ma rappresentava un lontano ricordo. Fino a quando sull’ultima curva prima dell’ingresso è apparsa quella scritta. «Mission training complex» si potrebbe tradurre come centro unificato di addestramento, e significa vita nuova per la vecchia base, destinata a diventare la palestra per i soldati americani in partenza per le zone di guerra. In sintesi, e in cifre: una infrastruttura di 5 mila metri quadri, con 70 stanze adibite a esercitazioni simulate, capace di ospitare 500 soldati al giorno, per un costo di 26 milioni di dollari già messi a bilancio dal governo Usa, che prevede l’inizio dei lavori per la primavera, quasi sovrapposti all’inaugurazione del Dal Molin, un’area di oltre 700 mila metri quadrati, pari a cento campi da calcio.Era il giugno 2007 quando una trentina di militanti no global salirono sul palco del Festival dell’economia di Trento interrompendo a colpi di «vergogna, vergogna» l’allora premier. In cambio del silenzio in sala fu data la parola a Cinzia Bottene, vicentina, da allora e per sempre «casalinga pasionaria». Davanti a un Romano Prodi livido di rabbia, la signora disse che la base militare al vecchio aeroporto Dal Molin non si doveva fare e avviò una lotta che per anni lacerò le varie anime del centrosinistra. E se Cinzia la casalinga oggi è in posizione più defilata, Olol Jackson, figlio di un veterano del Vietnam, non si è mosso di un millimetro: «La battaglia è la stessa. Faremo di tutto per impedire la costruzione di una nuova Base Pluto». La protesta, pacifica come quasi sempre lo furono quelle del 2007, va in scena ogni domenica, quando Cristiani di base, vecchi militanti anti Dal Molin e movimenti civici si ritrovano a Longare e marciano su Site Pluto, simbolo rinnovato della presunta invasività americana. I tempi sono cambiati, e il movimento no global non c’è più. Ma la storia rischia di ripetersi e la politica mostra segni di inquietudine, con il progetto della nuova base a fare da calamita per le imminenti amministrative. Il centrodestra accusa Variati di antiamericanismo propedeutico al riavvicinamento con i movimenti, che qui ancora contano qualcosa, ma deve fare i conti con la Lega, impersonata da Attilio Schneck, ex presidente della Provincia, che scavalca il sindaco a sinistra, per lui Roma e Washington pari sono: «Ci trattano da colonia, senza la decenza di dirci cosa sta per avvenire sul nostro territorio».Gli appelli al Colle e le lettere all’attuale governo non hanno avuto risposta. A fine anno la Regione Veneto, che aveva mostrato segni di empatia con i Comuni contrari al progetto, ha dato il nulla osta sotto forma di Vinca, la valutazione di incidenza ambientale, che è valsa al governatore Luca Zaia la sempreverde etichetta di «servo degli Usa». L’ultima parola spetta al governo, il parere definitivo era atteso per fine gennaio ma non sembra tra le attuali priorità. A decidere sarà un nuovo esecutivo, ma anche in caso di vittoria del «suo» Pd, Variati non si illude. «Il sì è scontato. In questo senso, siamo davvero una servitù americana».Davanti alla base di Longare sono ricomparsi cartelli che raccontano un sentimento mai sopito, rappresentato dal vecchio «Mericani, ve moemo drìo i cani», vi molliamo dietro i cani, riesumato per l’occasione. Pochi giorni fa un ennesimo allarme su un bunker in costruzione dentro Pluto ha obbligato i militari a precisazione con foto: trattasi di cisterna per l’acqua. Il clima è questo, ma Variati respinge l’accusa di fomentare l’anti americanismo esibendo una prova a suo giudizio inoppugnabile: «Adoro i film di John Wayne».Nel fragore di un revival ideologico tutto italiano si è persa la voce del comando Usa, che dopo mesi di silenzio e smentite poco convinte ha confermato l’esistenza del progetto ma l’assenza dei fondi: «I 26 milioni di dollari per ora non ci sono» ripete David Buckingham, comandante della Ederle. A respingere l’invasore ci penserà la crisi.

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